Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
A STORIA DI RISEIDE NEL
La vicenda relativa al triangolo amoroso tra Briseide, Troilo e Diomede è, con ogni
probabilità, un’invenzione originale di Benoît de Sainte-Maure, autore francese
Iliade
del XII secolo. Di questo intreccio narrativo, infatti, non c’è traccia nell’ né in
Roman de Troie,
qualsiasi altra opera della classicità. I personaggi che, a partire dal
saranno coinvolti nel fatale turbinio delle passioni non hanno relazioni di sorta negli
autori precedenti: ognuno di loro vive la storia che la guerra gli ha destinato, ma senza
incontrare mai gli altri. Ciò che è certo, però, è che da quando sono stati uniti per la
prima volta dalla penna di Benoît, la loro storia di amore e morte si è propagata nel
tempo e nello spazio: ricordiamo, per citare solo le riprese più famose, Boccaccio,
Chaucer e Shakespeare. È di grande interesse, dunque, dopo aver disegnato un
quadro generale della situazione nell’antichità, studiare il testo in cui questa storia è
nata, per provare a comprenderne il significato e le modalità usate per narrarla.
Boitani (1989: 5) scrive: «the episode of Troilus, and later of Troilus and Cressida,
represents as it were a small but extraordinarily significant cameo of humane feelings,
a story of death and love which occupies an important place in European
consciousness and culture». L’importanza che questo triangolo avrà nella letteratura
successiva è messa in evidenza anche da Moran (2014: 24):
«Thus Benoit supplied Western literature with one of its unexhaustible subjects;
the lyrical, dramatical, comical and satirical potentialities of his love tale were
destined to be used and stressed according to the cast of mind of each writer
who tackled it. As told by Benoit it is certainly one of the most remarkable love
stories of Mediaeval European literature».
1. Omero e la tradizione classica
Nell’Iliade, come è noto, Briseide e Criseide sono il fulcro di una serie di scambi e
3
contrattazioni tra due dei massimi esponenti della parte greca . Achille, dopo la presa
di Limesso, alleata dei Troiani, cattura la principessa della città, Briseide, che diventa
la sua schiava ma anche la sua amante e, peraltro, ne corrisponde la passione.
4
Agamennone, invece, porta con sé Criseide , figlia di Crise, sacerdote di Apollo: gli
Achei vengono, però, puniti con una pestilenza mandata dal dio offeso. A questo
punto, il re è costretto a restituirla a suo padre, ma, in cambio, richiede il possesso di
5 6
Briseide. Achille, sdegnato e infuriato , cede quest’ultima senza opporre resistenza ,
ma decide di non prendere parte alla guerra per un anno intero, anche quando assiste
ai progressi dei Troiani. Nonostante i ripetuti tentativi di Agamennone di riportargli la
schiava, accompagnandola con denaro e doni e con il giuramento di non averla
7
violata , l’eroe greco resta fermo nel proposito, e torna a combattere solamente per
vendicare la morte del diletto Patroclo, sul cui cadavere, infine, Briseide piangerà,
sacrificando in suo onore le proprie chiome. Neottolemo, figlio di Achille e della
principessa Deidamia, la rispetterà sempre come una madre. Troilo, invece, nel poema
omerico viene nominato solamente una volta da Priamo, quando questi reca nel
campo acheo per riscattare il corpo di Ettore: il re, mentre elenca i suoi figli non più in
vita, menziona anche Troilo, definito «ἱππιοχάρμην», ovvero, secondo la traduzione di
Monti, «di cocchi agitatore». Diomede, invece, riveste un ruolo molto
nell’Iliade:
importante egli è, infatti, il più coraggioso tra i Greci e il favorito
di Atena.
Passiamo, ora, a considerare brevemente come vengono rappresentati questi
personaggi nelle opere antiche successive ai poemi omerici, tenendo conto che le due
schiave risultano progressivamente più intercambiabili nella poesia latina e nella
mitografia medievale (Lombardi 2017: 315). Briseide è la protagonista della terza
Heroides
epistola delle ovidiane, in cui dichiara il proprio disperato amore nei confronti
di Achille, che per lei è «dominus», «vir» e «frater». Il medesimo personaggio, con le
Ars Amatoria
medesime caratteristiche che aveva già in Omero, lo ritroviamo nell’ e nei
Remedia Amoris, Troades
come anche in altri autori, per esempio il Seneca tragico ( e
Agamemnon). Ditti Cretese non la inserisce nel proprio testo, ma crea una storia per
Ippodamia, forse ignorando che fosse la stessa persona. Darete Frigio descrive
Briseide come una regina, ponendola, però, dal lato dei Greci. Ne viene messo in
3 Briseide e Criseide sono due patronimici. I nomi delle due fanciulle sono, rispettivamente, Ippodamia e Astinome.
4 ῃ
Criseide in Omero è καλλιπάρ ος, “dalle belle guance”, e Agamennone la preferisce addirittura a Clitemnestra,
legittima moglie, sia per bellezza che per intelligenza.
5 ῆ
Cfr. la celeberrima μ νις di Achille, scatenatasi proprio in questo frangente.
6 Una pittura parietale a Pompei rappresenta proprio il momento in cui i messi di Agamennone la portano via dalla
tenda di Achille.
7 Secondo quanto riportato in Lemprière (1840: 318), Aleso, figlio di Agamennone, potrebbe avere come madre
proprio Briseide (oppure Clitemnestra).
8
evidenza il candore , e viene anche menzionato il tratto delle sopracciglia unite, che
9
ritroveremo in Benoît . Chryses
Criseide, invece, compare nella tragedia di Pacuvio, la cui trama è tratta
da un’omonima tragedia sofoclea. Dione di Prusa, poi, nell’orazione LXI, ne mette in
risalto la prudenza e la saggezza: dopo dieci anni al seguito di Agamennone, Criseide
ritorna dal proprio padre senza opporre resistenza. Il comportamento di Criseide può
apparire «ἄτοπος», ma, in realtà, spiega Dione sottende delle ragioni ben precise: la
schiava riesce, in questo modo, a evitare la sorte che toccherà invece a Cassandra
all’arrivo ad Argo con il re greco.
Per quanto riguarda Troilo, infine, c’è da dire che il mistero legato alle circostanze
della sua morte stimola sin da subito l’interesse dei commentatori di Omero. Si
diffonde la versione per cui sarebbe stato ucciso, ancora bambino, da Achille;
narrazione ripresa, probabilmente, anche da Sofocle in una tragedia che non è giunta
fino a noi. Troilo viene menzionato da numerosi autori, tra cui Orazio («impubem
Troilum»), Virgilio («infelix puer») e lo pseudo-Apollodoro. La descrizione che ne fa
quest’ultimo si ritrova molto simile in Licofrone che, pur non nominandolo, scrive che il
figlio più giovane di Cassandra, bellissimo, cattura l’interesse di Achille. Il fanciullo,
però avrebbe rifiutato le sue profferte amorose, e per questo sarebbe stato da lui
ucciso sull’altare di Apollo. In seguito, nel IV secolo, Ausonio scrive un’epigrafe per
Troilo, affermando che costui superava anche Ettore in valore. Darete riecheggerà tale
descrizione: «Diomede et Ulixes dicere coeperunt Troilum non minus quam Hectorem
virum fortissimum esse». Ditti, infine, dichiara che il giovane è protagonista di un
«casum miserandum». Insomma, riassume Moran (2014: 11) «in time a vague son of
Priam acquires a very definitely established personality: that of an exceptionally brave
and handsome warrior whose premature death at the hands of Achilles deprived Troy
of one of its strongest defenders».
Roman de Troie
2. Il
Benoît de Sainte-Maure, nel proprio romanzo, costruisce un triangolo amoroso
attorno a tre personaggi che, nella letteratura precedente, non hanno mai
intrattenuto alcun tipo di relazione. Moran (2014: 13-4) riflette sulle dinamiche
compositive di questa nuova narrazione. Secondo la studiosa, Benoît si è trovato
De excidio Troiae
davanti ai ritratti di Briseide, Troilo e Diomede nel e ha
associato i tre personaggi in base all’unica caratteristica che li accomunava:
non essere sposati né coinvolti in affari amorosi.
Roman de Troie
La descrizione di Briseide nel è delineata in modo
decisamente rivoluzionario per la letteratura del Medioevo: è una donna
reale, che non risponde agli stereotipi della lirica cortese di trovatori e
trovieri, come sottolineato da Antonelli (1989:21-2). Non è perfetta né fuori dalla
exemplum
portata di chi la desidera; al contrario, Benoît la rende un negativo dal
punto di vista morale ma, ciò che più importa, la rende un personaggio autonomo, non
10
dipendente, nell’economia della storia, dagli uomini cui si lega . L’autore le dà
addirittura lo spazio per esprimere le proprie ragioni e i propri contraddittori
8 Cfr. anche Ars Amatoria: «Pulla decent niveas: Briseida pulla decebant» e le Odi oraziane «niveo colori».
9 Per Darete, però, sembra essere una caratteristica positiva; per l’autore francese sarà il contrario.
10 Tra l’altro, ad essere sui generis non è solo il personaggio di Briseide, come fa notare Lombardi (2017: 327), ma
anche il tipo di tradimento narrato, che non avviene all’interno di una coppia legittima e sposata, bensì tra due amanti.
stati d’animo, specie nel monologo finale, come si vedrà. La caratterizzazione
psicologica non è limitata solo a lei: Benoît sceglie di approfondire introspettivamente
Roman,
molti dei personaggi che agiscono nel in linea, secondo Benella (2019: 54-5)
con l’interesse per l’individualità, in senso laico, che si sviluppa tra l’XI e il XII secolo.
L’esperienza amorosa viene analizzata come un fenomeno naturale, e ne vengono
prese in considerazione le cause e la sintomatologia. Gli innamorati intervengono
spesso con discorsi diretti per esprimere ciò che sentono. Inoltre, tutti e tre i
protagonisti del triangolo amoroso sono dinamici e cambiano ruoli e identità
all’interno della narrazione: Briseide muta l’oggetto del proprio amore;
Troilo da perfetto amante cortese sviluppa un aspro cinismo in seguito alla
dolorosa esperienza; Diomede, da arrogante e indipendente, risulta poi
sottomesso alla donna amata (Lumiansky 1954: 733).
Risulta evidente la contrapposizione operata da Benoît tra l’incostanza di
11
Briseide, che, secondo la sua ottica misogina, è propria di tutte le donne , e la fedeltà
di Troilo: secondo Moran (2014: 15) si tratta di uno scontro radicale tra vizio e virtù.
L’amore non controllato dalla ragione, infatti, è follia dal punto di vist