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Il DSM-III adotta il modello medico focalizzandosi sulla sintomatologia più che sui
meccanismi eziologici, con un’organizzazione gerarchica delle categorie diagnostiche.
L’approccio ateorico viene scelto per favorire l’uso del DSM tra operatori con diverse formazioni,
evitando teorie eziologiche specifiche. In realtà, poiché qualsiasi tipo di osservazione è
biased,
sempre i DSM favoriscono le teorie symptom behavior-oriented rispetto a quelle più
inferenziali, in quanto le prime si avvalgono di un approccio basato sui fatti osservabili. Tuttavia, questa
neutralità è criticata: manca un razionale chiaro nella selezione delle diagnosi e dei criteri diagnostici,
spesso derivati da fonti eterogenee (fenomenologia, psicoanalisi, social learning). Le diagnosi risultano
quindi arbitrarie e incoerenti, frutto di compromessi sociopolitici piuttosto che di evidenze scientifiche.
Sebbene l’ateoricità riduca i conflitti teorici, fallisce nel fornire un sistema veramente oggettivo e
rigoroso.
3. Andamento del colloquio clinico→ da pag95
Il colloquio clinico è un processo interattivo tra almeno due persone, distinto dalla semplice
conversazione, poiché finalizzato a un obiettivo specifico. In ambito psicologico, il suo scopo è
comprendere il modo caratteristico di vivere del paziente, in particolare quegli aspetti che questi ritiene
problematici o significativi, aspettandosi un beneficio dalla loro chiarificazione.
Chi conduce un colloquio clinico deve:
1. Possedere capacità diagnostiche e di osservazione eccellenti.
2. Conoscere i diversi trattamenti disponibili (psicofarmacologici, assistenziali, psicoterapeutici) e le
relative indicazioni/controindicazioni.
3. Essere in grado di instaurare un’alleanza diagnostica con il paziente e, se necessario, con i suoi
familiari.
4. Prendere decisioni tempestive, tollerando il senso di responsabilità che ne deriva.
5. Comunicare e motivare le decisioni al paziente in modo chiaro e comprensibile, mediando tra le
necessità cliniche e le aspettative, lo stile di vita e i timori soggettivi del paziente.
4. Descrivere brevemente cosa si intende per testing psicologico a confronto con il concetto di
assessment e quando è utile la somministrazione dei test/ quando è utile la somministrazione
dei test
Per testing psicologico si intende la somministrazione e la lettura dei risultati dei test, mentre
l’assessment è inteso come valutazione psicologica. In termini diagnostici testing e assessment sono
riferiti a differenti livelli e modalità di integrazione dei dati: il testing ha il fine di somministrare la prova e
poi leggere i punteggi ottenuti, è finalizzato quindi alla valutazione di un singolo aspetto oppure può
rappresentare un momento di valutazione durante l’assessment psicologico. L’assessment, è un
concetto più ampio che comprende l’intero processo di valutazione. In questo processo, l’uso dei test
è solo una delle diverse modalità di raccolta delle informazioni necessarie per una valutazione clinica
completa.
Per quanto riguarda la somministrazione dei test si deve premettere che questa è un momento di un
processo diagnostico. Essa è utile sia al paziente che al clinico.
Per il clinico é utile quando:
1. Ha bisogno di ulteriori dati
2. ritiene rilevante un approfondimento specifico su una funzione cognitiva
3. Ha un dubbio diagnostico
4. Necessita di un altro parere o di una diagnosi sintomatica/di struttura
5. Vuole osservare come reagisce il pz ad un compito codificato
Per il pz i test sono utili perché:
1. Gli consentono di “riconoscere” alcune proprie modalita di funzionamento
2. Lo aiutano a comprendere la natura delle difficoltà quotidiane
3. Facilitano nell’individuazione dei precursori di un eventuale disturbo che lo affligge
In generale, i test, in una situazione di incertezza diagnostica, rilevano ostacoli non percepiti che
potrebbero manifestarsi successivamente nel trattamento; permettono il confronto con dati
«normativi»; forniscono elementi utilizzabili con il paziente per fornirgli un feedback rispetto
alla natura dei suoi problemi; valutano le risorse e gli aseptti deficitari del pz.
La somministrazione di test è superflua quando il materiale emerge già dai colloqui e la diagnosi è
chiara. I test diventano, invece, controindicati se il paziente ha bisogno di una presa in carico
immediata o è in una situazione di emergenza.
5. L'effetto della psicopatologia del paziente sul clinico e sulla conduzione del colloquio (p104)
La modalità con cui si conduce un colloquio dovrebbe essere adeguata ad ogni diversa realtà clinica e
quindi, il clinico, dovrebbe ogni volta comprendere quali sono le strategie migliori da mettere in atto.
Può accadere che il pz abbia delle caratteristiche psicopatologiche che interferiscono con queste
necessità del clinico, inducendolo ad adottare specifici comportamenti e, a volte, compromettendo la
diagnosi stessa.
Le possibili reazioni emotive del clinico possono essere:
1. Reazioni al pz comuni e generalizzate→ si tratta cioè di una sorta di “contagio emotivo/d’umore”,
per cui il pz trasmette il proprio stato d’animo al clinico. Questa trasmissione non è sempre diretta
e lineare, Il contagio può esercitare i propri effetti sul funzionamento cognitivo, sul funzionamento
emotivo, sulle percezioni dell'identità personale e sull'autostima professionale del clinico.
2. Reazioni al pz specifiche di un determinato operatore→ cioè le risposte del clinico alla
psicopatologia del pz, possono essere determinate da fattori come la sua struttura di personalità, il
tipo di formazione e le esperienze professionali. Un clinico può:
-sottovalutare o sopravvalutare la psicopatologia del pz
-incontrare difficoltá nello stabilire un’alleanza con il pz
-non tollerare domande sgradevoli/imbarazzanti
-essere suscettibile alla seduzione e a sua volta sedurre
-scoraggiarsi di fronte alle difficoltà poste dal pz
-poter lavorare col pz solo se questo si affida del tutto
-sentirsi in ansia di fronte ad una situazione di delega o affidamento
-non essere in grado di riflettere quando il pz induce sensazioni disturbanti, quindi tendere a trovare
una soluzione immediata
6. Descrivere la STIPO (p120) semi-strutturata
La Structured Interview of Personality Organization (STIPO) è un’intervista basata sul
Kernberg,
modello di O.F. progettata per valutare il livello di organizzazione della personalità di un
individuo in modo sistematico e strutturato, in una prospettiva dimensionale. È stata sviluppata per
risolvere i limiti del colloquio diagnostico tradizionale, che si basava molto sull’intuizione e l’esperienza
soggettiva del clinico, rendendo difficile ottenere un accordo inter-rater affidabile.
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La STIPO è composta da domande, ognuna con specificazioni che il clinico può utilizzare se le
risposte del paziente risultano vaghe o incomplete. Le risposte sono valutate con un sistema di scoring
ben definito, che permette di analizzare diverse dimensioni della personalità.
sette
La STIPO esplora dimensioni fondamentali, alcune ulteriormente suddivise in sottodimensioni:
1. Identità (30 item): valuta come gli individui percepiscono sé stessi e gli altri, analizza la capacità di
investimento in attività, la stabilità e l’integrazione del senso di sé e la regolazione dell’autostima.
Una debole integrazione dell’identità è associata a un’organizzazione borderline rispetto a una
nevrotica.
2. Difese primitive (11 item): Esamina meccanismi come scissione, idealizzazione, svalutazione e
diniego, tipici dell’organizzazione borderline. Differenzia le organizzazioni borderline da quelle
nevrotiche sulla base della distorsione della realtà interna ed esterna.
3. Esame di realtà (7 item): Valuta la capacità di distinguere il sé dal non-sé e la realtà interna da
quella esterna. Le alterazioni transitorie dell’esame di realtà sono comuni nei borderline, mentre
sono compromesse nei soggetti con organizzazione psicotica.
4. Relazioni oggettuali (22 item): Analizza la natura e la stabilità delle relazioni interpersonali, l’empatia
e la capacità di mantenere impegni a lungo termine.
5. Aggressività: Esamina il ruolo dell’aggressività nelle relazioni e nel comportamento del soggetto,
nonché le difese contro di essa.
6. Valori morali (8 item): Indaga aspetti come il senso di colpa, l’onestà, i dilemmi morali e lo
sfruttamento degli altri.
7. Coping/rigidità (10 item): Valuta la flessibilità nelle strategie di coping e la capacità di adattarsi alle
sfide e agli stress. Le persone con strategie mature tendono a essere più flessibili e adattative,
mentre i nevrotici utilizzano strategie più rigide e meno efficaci.
La STIPO prevede due sistemi di scoring:
1. Scala da 0 a 2: 0: totale assenza di patologia; 1: presenza intermedia; 2: presenza marcata di
patologia. La media dei punteggi fornisce una misura quantitativa per ciascuna dimensione.
2. Scala qualitativa da 0 a 5: Permette al clinico di valutare il livello complessivo di salute o patologia
di ogni area, considerando anche l’intuito clinico e il comportamento del paziente durante
l’intervista.
La STIPO rappresenta uno strumento sistematico e flessibile per esplorare in profondità la struttura
della personalità. Fornisce una base quantitativa e qualitativa per identificare specifici livelli di
organizzazione della personalità, integrando informazioni comportamentali e interne. Questo approccio
strutturato migliora l’affidabilità e la precisione della diagnosi rispetto ai metodi tradizionali.
7. Cosa deve valutare il colloquio restitutivo ricostruttivo
La fase di restituzione è un momento cruciale nel processo diagnostico, in cui il clinico restituisce al
paziente i risultati del percorso conoscitivo condiviso. Questa fase non solo soddisfa principi etici e
umani, ma ha anche un valore clinico significativo, contribuendo alla comprensione e al possibile
trattamento della sofferenza del paziente. Lo scopo generale della restituzione è di presentare al pz
una sintesi dei risultati raggiunti, offrire una nuova prospettiva per la sua sofferenza e valutare le sue
risorse.
La restituzione non è un evento isolato, ma un processo graduale che si adatta ai tempi e alle capacità
di assimilazione del paziente. Richiede attenzione ai segnali di progressione o di difficoltà nella
comprensione e nell’accettazione dei contenuti restituiti.
Ci sono 2 tipologie di restituzione:
Restituzioni ricostruttive