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La produzione di lattato ed il suo rilascio nell’ambiente circostante, porterebbe
all’acidificazione del microambiente tumorale, condizione sfavorevole per le
cellule del sistema immunitario, dalla quale la cellula tumorale può dunque
“evadere”.
La glicolisi è una fonte di precursori per la biosintesi di macromolecole, come
acidi nucleici, lipidi e proteine utili per sostenere la proliferazione cellulare.
Dobbiamo inoltre considerare che gli enzimi della via glicolitica sono delle proteine
multifunzionali che possono svolgere funzioni diverse da quelle metaboliche,
favorendo dunque l’integrazione tra le vie metaboliche e quelle della proliferazione
cellulare, migrazione e sopravvivenza.
Portiamo avanti degli esempi.
Partiamo dall’ Esochinasi, che è il primo enzima della via glicolitica. Questo enzima,
oltre alla classica funzione di chinasi, è stato visto essere anche un regolatore della
apoptosi. Nei mammiferi può legare alcuni regolatori della apoptosi, come le proteine
3
BAX e BAD e portare di fatto, all’ inibizione della apoptosi. Dunque il promuovere la
espressione di esochinasi, può essere correlato ad uno di quegli hallmarks
precedentemente visti, sicuramente quello del riuscire a sfuggire alla morte cellulare
programmata. Ancora, La proteina PKB che è una proteina importate per la
promozione della sopravvivenza cellulare, promuove la trascrizione dell’esochinasi in
diverse cellule tumorali, oltre a promuovere la glicolisi.
Anche la lattatodeidrogenasi ha delle funzioni che vanno al di là di quelle che
normalmente conosciamo. Una tra tutte, è quella di regolatore trascrizionale
diventando nel nucleo una componente della proteina OCA-S, che è per l’appunto un
fattore trascrizionale. Quanto detto implica che la lattato deidrogenasi riesce ad avere
un ruolo regolatore nella trascrizione. Favorendo la via dei pentosi,
PMK2 promuove anche la
produzione di NADPH. La
produzione di NADPH e GSH
servirebbe alla cellula tumorale
a contrastare l’aumento dei
livelli di specie reattive
dell’ossigeno (ROS) , che sono
più elevati nelle cellule
tumorali rispetto alle cellule
normali per la loro rapida
proliferazione. Alti livelli di ROS
possono danneggiare le cellule,
inducendo senescenza e apoptosi.
Vediamo ora invece in che modo gli enzimi metabolici possono diventare target di
farmaci antitumorali.
Iniziamo a parlare della isocitrato deidrogenasi. 4
Come è possibile notare nello schema in alto a destra, infatti, il D2HG porta all’
inibizione della espressione di alcuni pathway importanti per il riparo del DNA, in
questo caso, notiamo l’inibizione dell’attivazione della ATM, tra le MAP chinasi la prima
ad attivarsi nel caso in cui ci sia un danno al DNA.
La presenza del 2DHG contribuisce a creare instabilità genetica, che favorisce
l’insorgenza di mutazioni che favoriscono la trasformazione neoplastica.
Ancora, il 2DHG è capace di intervenire nello stato redox della cellula. Questa sua
caratteristica potrebbe agire in modo tale da portare ad una riduzione delle unità
riducenti, con conseguente aumento del rapporto NADP+/NADPH . Ciò significa avere
minor quantità di unità riducenti, cosa che a sua volta implica una scarsa capacità da
parte della cellula, di avere capacità antiossidanti. Il tutto si riduce al non riuscire a
contrastare l’aumento dei ROS. Questo meccanismo favorisce il danno al DNA, che a
sua volta favorisce una situazione di instabilità genomica. È in questo modo che
enzimi metabolici possono diventare onco-geni. Esistono farmaci approvati dall’ FDA ,
che si basano su meccanismi di inibizione di questi enzimi metabolici, come ad
esempio il farmaco Ivosidenib , che ha come principio attivo una proteina inibitore del
IDH1 mutato, approvato per il trattamento di alcune forme di leucemia mieloide acuta.
Questo è un esempio molto semplice, ma lo scenario di come un enzima metabolico
può essere utilizzato come target terapeutico è molto più complesso. Ci sono diverse
considerazioni da fare riguardo la riprogrammazione metabolica per lo sviluppo di
farmaci antitumorali. Iniziamo dunque ad elencare alcune considerazioni:
1. Il tessuto in cui un oncogene è espresso influenza la possibilità della
riprogrammazione metabolica.
Un esempio deriva da quanto stato osservato nei topi in merito a Myc.
MYC induce un cambiamento metabolico in diversi tessuti, tra cui tumori epatici e
quelli polmonari. È capace di attivare il catabolismo della glutammina nei tumori
polmonari, mentre è capace di attivare la sintesi della glutammina nei tumori epatici.
Classificare quindi i tumori in base al gene “driver” mutato o iper espresso senza
considerare il tessuto d’origine può oscurare delle differenze metaboliche nei tessuti.
Per utilizzare come target la riprogrammazione metabolica bisogna che si tenga conto
del tessuto in cui il tumore si è sviluppato.
Da quanto osservato nei topi, nei tumori epatici :
la riprogrammazione metabolica correla con l’attività di Myc;
negli stadi precoci Myc promuove la conversione del piruvato ad alanina;
negli stati tardivi promuove la conversione del piruvato a lattato, acidificando
l’ambiente in cui si trova il tumore.
2. Variabilità intratumorale (considerare la stadiazione del tumore per scegliere la
terapia) 5
Un esempio deriva da KRAS,
(vedi immagine sotto)
La capacità antiossidante
sappiamo essere fondamentale per le cellule tumorali, in quanto a seguito del loro
metabolismo accelerato hanno un forte stress ossidativo che richiede dunque
capacità antiossidanti per riuscire a sopravvivere.
Inibitori delle glutamminasi sono stati ritrovati efficaci per situazioni tumorali che
vedono la presenza di questa tripla mutazione a carico del tessuto tumorale.
3. Variabilità dipendente dallo stadio della progressione tumorale
In questa immagine troviamo uno schema semplificativo dei vari passaggi e dei
vari step e adattamenti metabolici che la cellula metabolica tumorale deve mettere
in atto , affinché questa stessa cellula possa avere caratteristiche opportune ad
acquisire nuove funzioni, che le permettono di sopravvivere e soprattutto di
espandere la massa
tumorale.
Sull’asse delle ascisse
troviamo l’evoluzione
del tumore nel tempo,
da tumore primario fino
ad un tumore con
macro metastasi. 6
Sull’asse ordinate troviamo la frazione di cellule tumorali che sopravvive nel corso
della evoluzione del sopracitato tumore.
Nel tempo è chiaro che ci sia una selezione cellulare notevole man mano che si
procede nella stadiazione tumorale.
Una prima selezione fa prediligere la via glicolitica come adattamento
metabolico, sicuramente per favorire l’acidificazione dell’ambiente
extracellulare, che permette la difesa dal nostro sistema immunitario.
Una seconda selezione cellulare avviene nel momento dell’intravasazione; le
cellule tumorali devono essere in grado di crescere in maniera ancoraggio-
indipendente.
Il collo di bottiglia nel grafico di fatto è rappresentato da quella selezione
che avviene nel momento in cui abbiamo la selezione di quelle cellule
tumorali che riescono ad invadere tessuti e iniziare a circolare. Le cellule
tumorali che riescono ad entrare nel circolo sono quelle che riescono a
resistere al forte stress ossidativo che gli permette la sopravvivenza nel
circolo sanguigno. Sono quindi quelle che riescono ad avere meccanismi per
la produzione di NADPH e glutatione ridotto per combattere lo stress
ossidativo, e avere quelle capacità antiossidanti che gli permettono la
sopravvivenza. Dunque, bisogna guardare con cautela alle tante proprietà
antitumorali delle terapie con antiossidanti che vengono spesso
sponsorizzate, perché si rischia quasi di favorire il tumore in tal modo.
Un’ulteriore selezione la abbiamo nel momento in cui si hanno le
micrometastasi. Le cellule tumorali sono in circolo, ma devono raggiungere
un ambiente che deve rivelarsi permissivo per la loro successiva
replicazione. Anche questo step dipende dalle caratteristiche del tessuto di
origine del tumore stesso, ma anche del tessuto che accoglie queste
micrometastasi. Un esempio è quello del tumore alla mammella, poiché è
molto facile che in questo tumore ci siano metastasi al polmone. Vediamo
degli esempi di micro e macro metastasi studiati su diversi tipi di tumore.
Dal momento in cui le cellule tumorali “selezionate” hanno superato questi
step, esse riescono a replicarsi e portare avanti processi di
metastatizzazione e processi proliferativi importanti e veloci.
Nello schema sottostante troviamo un riassunto di quelle che sono le molecole in
sperimentazione per il blocco di alcuni punti della fosforilazione ossidativa: 7
Per alcuni di questi inibitori ci sono delle potenziali applicazioni tumore- specifico e
tessuto- specifico.
In ultima analisi, diremo che utilizzare delle caratteristiche metaboliche di un tumore
piuttosto che di un altro può portare ad una diagnosi differenziale, ed a una diagnosi
più accurata. Questo si traduce in un utilizzo terapeutico di inibitori specifici per
determinati enzimi metabolici alterati. Vediamo degli esempi nella immagine
sottostante : Ad esempio per i gliomi,
attraverso MRS si potrebbe
detectare il D-2HG come
detection per la presenza di
un glioma e per eventuali
canditati per inibitori della
isocitrato deidrogenasi 1.
Sulla scia di questo classico
esempio, ci sono altri
inibitori in sperimentazione.
Ad esempio nel tumore dei
polmoni si può utilizzare una
sonda in sperimentazione
che è quella del
fluorobenzil-trifenilfosfonio che viene captata da quelle cellule che utilizzano come
fonte primaria di energia la fosforilazione ossidativa. Nel momento in cui troviamo un
accumulo di questa sostanza, risulta chiara la diagnosi. Quindi, PET con sonde
specifiche riescono a farci individuare il punto in cui il tumore è situato e accanto a ciò
riescono a darci informazioni sulla stadiazione del tumore. visto questo, sarà più
“semplice” trovare la strategia terapeutica migliore.
Ancora, un altro tracciante potrebbe essere quello della Glutammina-18. Questo
tracciante detecta cellule che hanno un’elevata internalizzazione di glutammina.
Attualmente in sperimentazione ci sono infatti degli inibitori delle glutamminasi.
Altro esempio è quello di utilizzare l’uptake del 13C-lattato o 13C-piruvato nei tumori
quali quello alla prostata. È stato visto che l’uptake di lattato o di piruvato potrebbe
correlare con il grado si progressione tumorale correlata co