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CONDIZIONE DI REALTÀ DEI RADICALI
Se l'indice della radice è pari allora il radicando deve essere maggiore o uguale a
zero; se invece l'indice della radice è dispari allora il radicando può avere segno
qualsiasi.
Ad esempio la radice quadrata di un numero negativo non è defini
ta, mentre la radice cubica esiste sempre:
RADICALI COME POTENZE CON ESPONENTE FRATTO
È utile sapere che esiste un ulteriore modo per indicare la radice n-esima. Vale infatti la
seguente relazione:
Tramite la quale possiamo esprimere la radice ennesima tramite potenze con esponente
razionale. Possiamo generalizzare la precedente formula come: 12
Se volessimo esprimere a parole questa relazione diremmo: l'indice del radicale diventa
il denominatore dell'esponente della potenza mentre l'esponente del radicando
diventa il numeratore della potenza.
Attenzione agli esponenti negativi!
Per definizione si pone:
Vediamo qualche esempio?
Esprimendo i radicali come potenze, esse ereditano tutte le proprietà delle potenze.
TRASPORTO DI UN FATTORE FUORI DAL SEGNO DI
RADICE
La proprietà del trasporto dentro il segno il radice essendo un'uguaglianza può essere
letta al contrario, ovvero: con a,b ≥ 0 e n∊N
Tale ugualglianza permette di trasportare fuori dalla radice un fattore, positivo, del
radicando che sia una potenza con esponente uguale all'indice della radice.
Esempi: ;
Più in generale, ogni fattore all'interno del radicando che abbia un esponente
maggiore dell'indice della radice può essere trasportato fuori. Vediamo come tramite
l’esempio: ;
Per lavorare con i radicali è necessario sapere più che bene come scomporre un numero
nel prodotto di primi.
TRASPORTO DI UN FATTORE DENTRO IL SEGNO DI
RADICE
Talvolta è utile trasportare sotto il segno di radice un fattore che si trova al di fuori. Ciò è
sempre possibile se il fattore è maggiore di zero e si ha: 13
con a,b ≥ 0 e n∊N
cioè, quando un radicale è moltiplicato per un fattore positivo si può portare tale numero
dentro la radice dopo averlo elevato ad una potenza uguale all'indice della radice. Se il
fattore fuori la radice è negativo si trasporta dentro il segno di radice il numero senza il
segno lasciando il meno fuori
Esempi:
PROPRIETÀ DEI RADICALI
1. Somma e differenza di radicali: le operazioni di addizione e sottrazione tra radicali
possono avvenire solo se essi sono simili, cioè se hanno stesso indice e stesso
radicando e, in tal caso, la somma/differenza sarà un nuovo radicale che avrà come
radice la stessa radice e come parte numerica la somma dei coefficienti. Sembra
complicato, ma non lo è assolutamente! Vediamo un esempio:
Evidenziamo i termini simili utilizzando due colori:
Sommiamone i coefficienti:
In definitiva:
2. Prodotto di radicali con lo stesso indice: il prodotto di due radici che hanno lo stesso
indice è una radice che ha per indice lo stesso indice e per radicando il prodotto dei
radicandi precedenti:
Ricordatevi sempre che le formule possono essere lette anche al contrario.
Esempio: .
3. Quoziente di due radicali con lo stesso indice: il quoziente di due radici aventi lo
stesso indice è una radice che ha per radicando il quoziente dei radicandi e per indice lo
stesso indice. 14
Leggendo la formula al contrario: la radice del quoziente è il quoziente delle radici.
4. Proprietà invariantiva dei radicali: moltiplicando per uno stesso valore l'indice della
radice e l'esponente del radicando non negativo il risultato della radice non cambia. In
formule matematiche avremo:
La formula può anche essere letta al contrario, da destra a sinistra, se risulta necessario.
Grazie alla proprietà invariantiva dei radicali potremo moltiplicare/dividere tra loro radici
con indici diversi, il trucco è fare in modo di ricondurci a radici che hanno lo stesso indice,
ecco come fare!
5. Riduzione di due radicali allo stesso indice:
- consideriamo due radici con due indici distinti , con .
- Calcoliamo il minimo comune multiplo tra , esso diventerà l'indice comune a tutte
le radici.
- Dividiamo il nuovo indice per ciascun indice delli radici, i quozienti diventeranno
l'esponente del radicando. Otterremo nuove radici equivalenti a quelli dati.
Esempio: proponiamoci di portare allo stesso indice
.
Il minimo comune multiplo tra 3 e 4 è 12 e diventerà il nuovo indice delle radici:
Dividiamo 12 per 3, otterremo 4 che è l'esponente del primo radicando.
Dividiamo 12 per 4, avremo 3 che è l'esponente del secondo radicando: .
Con la riduzione allo stesso indice possiamo calcolare sia la moltiplicazione che la
divisione tra due radicali con indici diversi:
6. Moltiplicazione e divisione di radicali con indici diversi: per effettuare il prodotto e il
quoziente di radici con indici diversi le riduciamo allo stesso indice, dopodiché utilizzeremo
le proprietà 2. e 3. .
Esempio:
riduciamo i radicali allo stesso indice 15
utilizziando la proprietà dei radicali 2.
7. Potenza di un radicale: vale la relazione
Possiamo quindi dire che: la potenza m-esima di una radice che ha indice n e
radicando a è una radice che ha per indice n e per radicando la potenza a .
m
8. Radice di radice: la radice m-esima di una radice n-esima con radicando a è una
radice che ha per indice il prodotto degli indici, m x n, e per radicando a:
Esempi: EQUAZIONI DI I E II GRADO
Si dice equazione, una uguaglianza tra due espressioni verificata solo per particolari valori
(detti soluzioni) assegnati alle variabili (incognite) in essa contenute. Ad esempio:
1° membro = 2° membro
Risolvere un'equazione significa determinare l'insieme delle soluzioni, ossia l'insieme di
quei particolari valori che, assegnati alle variabili, soddisfano l'equazione e l’uguaglianza
verificata.
Quando si ha davanti un'equazione (ovvero un'espressione in cui compaiono una o più
incognite) il nostro obiettivo è quello di risolverla, ovvero di trovare dei valori che, sostituiti,
all'incognita, diano luogo a una identità (ad esempio: 7=7).
Ad esempio: 5x – 3 = 4x + 1
è un'equazione che ammette come soluzione x = 4: infatti, sostituendo alla x tale valore si
ottiene l'identità 17 = 17.
Intanto vediamo una prima classificazione delle equazioni in base all'esistenza e al
numero di soluzioni.
Un'equazione si dice:
• determinata, se ammette un numero finito di soluzioni
(ad esempio, quella di prima: 5x-3=4x+1)
• indeterminata, se ammette infinite soluzioni (ad esempio: 2x + 1 = 2x + 2 – 1 )
• impossibile, se non ammette soluzioni (ad esempio: x + 1 = x – 1 ). 16
Ancora, possiamo distinguere le equazioni in:
- numeriche (se, oltre all'incognita, vi figurano solo numeri);
- letterali (se, oltre all'incognita, vi figurano altre lettere, che hanno il ruolo di costanti);
- intere (se l'incognita non compare in nessun denominatore)
- fratte (se, al contrario, l’incognita compare in almeno un denominatore)
- razionali (se l'incognita non figura sotto il segno di radice)
- irrazionali (se compare sotto il segno di radice)
Esempio:
Questa è un'equazione algebrica intera (il denominatore c'è ma non vi compare
l'incognita), razionale (non ci sono radici), numerica (compaiono solo numeri oltre
all'incognita x).
Equazione ridotta a Forma Normale (FN)
Un'equazione algebrica si dice ridotta a forma normale (FN) se il primo membro è un
polinomio ridotto e il secondo membro è zero.
Per polinomio ridotto si intende un polinomio in cui non compaiono monomi simili (ovvero,
si è già provveduto in precedenza a fare le somme e le semplificazioni). Ad esempio: 3x –
2 2
4 = 0 è in FN. Mentre non lo sono: 2x – 2 = 1; 2x - 3x + x = 0. In quest'ultimo è
2
necessario sommare tra loro i termini simili in x per ottenere un'equazione in FN.
Grado di un'equazione
Si dice grado di un'equazione ridotta a FN il grado del polinomio che si trova a primo
membro dell'equazione (ovvero, il grado massimo con cui compare l'incognita).
4 3
Ad esempio: 5x – 2 = 0 è un'equazione di primo grado; mentre 3x + x - 2 = 0 è di
quarto grado.
Equazioni equivalenti
Due equazioni si dicono equivalenti se ammettono le stesse soluzioni.
Cioè, se un certo valore dell'incognita è soluzione di una equazione, è soluzione anche
per la seconda; e viceversa.
Esempio:
5x – 3 = 2 e 2x + 4 = 6 sono equazioni equivalenti perché ammettono la stessa (unica)
soluzione1.
Vediamo quali sono i principi di equivalenza che ci permettono di trasformare una
equazione in una, ad essa equivalente, in FN.
* Primo principio di equivalenza (di addizione e sottrazione)
Aggiungendo o sottraendo ad ambo i membri di una equazione una stessa espressione si
ottiene un'equazione equivalente alla data.
Come conseguenza di questo principio, si può trasportare un termine da un membro
all'altro purché lo si cambi di segno (regola del trasporto).
Ad esempio:
5x – 3 = 2 diventa, 5x – 3 – 2 = 0 quindi l’equazione in FN: 5x – 5 = 0.
* Secondo principio di equivalenza (di moltiplicazione e divisione)
Moltiplicando o dividendo ambo i membri di una equazione per una stessa espressione
algebrica diversa da zero si ottiene una equazione equivalente a quella data.
Ad esempio: 17
Si può moltiplicare ambo i membri per 6, ottenendo:
Questa operazione consente quindi di "eliminare" il denominatore. Questo principio ha due
importanti conseguenze.
La prima è che, cambiando i segni a tutti i termini di una equazione, se ne ottiene una
equivalente a quella data (significa, infatti, moltiplicare per -1 ambo i membri). La seconda
è che, se tutti i termini di una equazione hanno lo stesso denominatore (non contenente
l'incognita), esso può essere eliminato.
Esempio:
Si possono eliminare i denominatori, ottenendo: . Questa operazione di
eliminazione corrisponde alla moltiplicazione per 6 ad ambo i membri.
Risoluzione delle equazioni di primo grado
Siamo ora in grado di risolvere un'equazione di primo grado. O meglio, un'equazione
algebrica razionale intera di primo grado (a una incognita).
Supponiamo di aver già fatto una serie di calcoli, seguendo i principi di equivalenza, e di
essere arrivati a scriverla in FN.
Consideriamola nella sua forma generale (ricorrendo a dei coefficienti letterali, dunque).
Essa sarà della forma:
ax + b = 0
Applicando la regol