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Negli anni “50 l’industria fa mutate la città, che non è più quella del passato, in quanto le fabbriche

iniziano ad abbandonare la città, lasciando grandi vuoti, difficilissimi da trasformare. Ad aggravare

la situazione c’era l’incompatibilità degli strumenti urbanistici esistenti, che non erano studiati per

questi problemi, ma solo per l’espansione e la nuova costruzione.

Lezione 10 27-04-2023

La metropoli per progetti

La riqualificazione dei Docklands nel Regno Unito apre una nuova strada dell’urbanistica, in cui le

città industriali progettate con aree monofunzionali, più o meno malleabili. Quelle industriali di

solito sono le più difficili e complicate da modificare.

I Docklands costituiscono un’area di poco più di 22km2, ai confini orientali della city, storicamente

commerciale e industriale, costituiva di fatto il porto di Londra. Riceveva dalle colonie le merci, le

immagazzinava e ne gestiva la logistica per poi essere lavorate. La dismissione industriale inizia nel

1967 (Milton Keynes progettata negli anni “60, e già si presagiva un’aria di cambiamento). Qui vi

lavoravano circa 3000 persone, ma non c’è più nessun imprenditore che vuole investire

industrialmente in questa area >> occorre

dare un futuro a questa enorme area, che

però sia legato a quello della città, ma

all’epoca gli strumenti urbanistici per fare

questa operazione di trasformazione, non

erano adatti, in quanto si concentravano

sull’espansione.

L’allora governo Tatcher decide di intervenire istituendo una corporation come se fosse una New

Town, la cui missione è quella di valorizzare il terreno per poterlo vendere a privati (l’operazione

verrà finanziata direttamente dai privati e non dallo stato centrale). Alla fine dei lavori di

riqualificazione i Docklands non avranno più uso industriale, ma altri usi, per la più ancora

sconosciuti.

Viene elaborato inizialmente un masterplan, in cui vengono indicati degli usi del suolo, che però non

sono vincolanti, ma solo indicativi. Viene inoltre progettato il city airport. Questo masterplan

assume anche una valenza di marketing, in quanto doveva invogliare gli imprenditori ad investire

qui, presentando una moltitudine di finalità. Inoltre, il masterplan restituisce un’idea di massima,

molto vaga, in modo tale da non scoraggiare l’investitore ed anzi invogliare la presentazione di idee

esterne.

In questo momento non si capiva bene il valore delle darsene, in quanto venivano viste come

appendici dell’industria e quindi di estraneo alla città. Non si conosceva il valore tanto da volerle

riempire di sabbia, ma oggi sappiamo che possono diventare un forte centro attrattivo, con la

costruzione di porti turistici e locali.

I londinesi però non riconoscono i Docklands, in quanto era considerata solo dagli operatori portuali,

tanto che si dovette fare una campagna conoscitiva dell’area. Questa non conoscenza era anche

dovuta dalla caratteristica intrinseca dell’area portuale >> era zona doganale e in quanto tale era

chiusa su sé stessa, era inesistente un trasporto pubblico, le linee ferroviarie che l’attraversavano

erano destinate solo al trasporto merci, era chiusa da vere e proprie mura e le strade che la

raggiungevano erano pochissime. Ciò la rendeva di fatto completamente isolata dal resto della città.

>> il governo Tacther si rende conto che è necessario l’investimento pubblico per migliorare

l’accessibilità dell’area, con aeroporti, linee metropolitane e di trasporto pubblico.

Ad aggravare la situazione vie era anche la diffidenza delle società immobiliari ad investire

all’esterno della city che era considerato un mercato sicuro. Per risolvere questo problema venne

istituita una zona speciale, all’interno della quale le regole urbanistiche erano meno stringenti,

allentando alcuni vincoli, richieste di oneri di urbanizzazione e step progettuali. Inoltre, vennero

istituite delle agevolazioni economiche per chi vi ci avesse investito.

Con tutte queste misure messe in atto e con la realizzazione

della prima linea metropolitana, le aree iniziano a

guadagnare valore e si avvia un processo di trasformazione

che cambia i Docklands. Ancora oggi nella morfologia urbana

si riconoscono le tracce della destinazione industriale, che

oggi ha lasciato posto alla residenza e al terziario. Di fatto la

scommessa viene vinta e la città guadagna un affaccio sul

fiume che prima era negato dall’industria.

Per l’operazione i poteri urbanistici vengono trasferiti dai municipi alla corporation.

Questo intervento si può inserire nel quadro dell’urbanistica di terza generazione, definizione data

da Giuseppe Campos Venuti. Anche in Italia questa fase dell’urbanistica è iniziata. In Italia le fasi

dell’urbanistica le possiamo individuare in:

Ricostruzione post-bellica, segnata simbolicamente dal 1942 con l’approvazione della prima

I. legge che obbliga le città a dotarsi di un Piano Regolatore Generale che valga su tutto il

territorio comunale, che definisca la rete viaria, quella di trasporto e le destinazioni d’uso.

Inoltre, il PRG non ha scadenza. A causa della Seconda guerra mondiale, il primo PRG vedrà la

luce solo nel 1953 a Milano, in cui si tenta di imporre una pianificazione collettiva, per

regolamentare l’espansione.

Questa è una fase espansiva in cui le città si espandono verso la campagna, e il PRG era

II. sufficiente.

Fase caratterizzata da un complesso fenomeno, iniziata da un serie di cause quali lo shock

III. petrolifero del 1973, le rivolte coloniali, lo stop del sistema aureo, la delocalizzazione in paesi

in via di sviluppo, lo sviluppo della logistica e dei sistemi informatici. Tutti questi fenomeni

mettono in crisi la società industriale del boom economico, facendo fallire interi comparti

industriali, che abbandonano enormi complessi industriali, tal volta all’interno della città,

lasciandoli in completo stato di abbandono. Gli abbandoni industriali non coinvolgono solo i

capannoni industriali, ma anche le aree monofunzionali a servizio dell’industria: gasometri,

scali ferroviari, …

Per questa fase dell’urbanistica di recupero, prende il sopravvento un nuovo strumento urbanistico,

tipico delle ristrutturazioni urbane “Il progetto urbano”, un progetto che prevede la trasformazione

di un’area di città, che agisce insieme ad un masterplan, in cui si dialoga anche col pubblico. Secondo

la legge del 1942 il PRG era redatto in un comparto chiuso, senza dialogo con il privato. Il progetto

urbano necessita del dialogo col privato, in quanto richiede dei fondi, perché non stabilisce solo

regole, ma cerca di creare qualcosa di concreto, e per crearlo è necessario spendere del denaro. Il

pubblico e il privato devono comunicare, accordandosi per il bene della città.

Fondamentale per il progetto urbano è un programma e una visione futura ben determinata, che

non può lasciare al caso, in quanto gli investitori privati, vogliono avere certezze di come spendono

il proprio denaro. Senza non può dialogare con i finanziatori. Come per i Docklands, il progetto

urbano non è qualcosa di fisso, immutabile, ma è mutevole ed adattabile.

A Milano il PRG viene approvato nel 1953, in una società in fermento, in continua espansione, ma

già nel 1976 la situazione è cambiata e si rende necessaria l’approvazione di una varante generale

che richiede molto tempo >> viene approvata solamente nel 1980, ciò comportò che nonostante

fosse in atto la disurbanizzazione da parte delle industrie, tutte le aree industriali esistenti vengono

riconfermate >> atto politico, come se si fossero riconfermate queste rimarrebbero realmente. A

Milano di fatto tra il 1976 e il 1980 non si accetta la fine dell’epoca industriale.

Esempio di progetto urbano a Milano quello di City Life: La ex-raffineria di Rho diventerà la sede per

la nuova fiera, che dovette uscire dalla città, in quanto ormai era stata inglobata e non poteva più

essere ampliata. L’area della fiera cittadina viene venduta a una cordata di tre grandi società

assicurative per la riqualificazione. Ciò avviene prima del crollo del mercato immobiliare del 2008.

Il 50% della superficie verrà dedicata a parco verde e successivamente ceduta al comune di Milano.

Sul restante 50% troveranno posto usi residenziali, terziari e di residenze di lusso.

Altri esempi: area expo, scalo Farini e gli altri scali ferroviari, Porta Nuova.

Lezione 11 11-05-2023

Urbanistica contrattuale – parte 1

Nel Regno Unito nel 1947 si assiste ad una rivoluzione urbanistica: il diritto edificatorio, passa dai

privati alla corona, ciò comportò un importante cambio di paradigma dove ora il diritto viene

concesso ai privati dal governo centrale. In questo modo i piani urbanistici che vincolavano

specifiche edificatorie, potevano essere approvati senza dover indennizzare il cittadino. Inoltre,

comportò che i progetti venissero esaminati uno ad uno, e il giudizio finale non si basava più

solamente sul rispetto del piano, ma poteva essere assoggettato ad un giudizio discrezionale.

Questo era possibile solamente all’accentramento del diritto edificatorio sotto il potere del regno.

In Italia il piano regolatore era di iniziativa pubblica, senza il coinvolgimento e la partecipazione dei

privati e dei proprietari fondiari, in quanto c’era la convinzione che la pubblica amministrazione

eletta democraticamente fosse in grado di rappresentare gli interessi di tutti i cittadini. Con il calo

della fiducia del popolo nella politica, è emerso come un problema la mancanza di accordo tra

pubblico e privato. L’apertura della pubblica amministrazione verso il privato cittadino avviene

molto tardi, per questioni culturali, politiche, urbanistiche ed imprenditoriali.

Quando si parla di urbanistica si parla solo di suolo e di terra, in quanto è qui dove si trova il podestà

della proprietà. Mark Twain scriverà “...Comprate terra, non la producono più…”, questo è vero in

quanto la quantità di terra è finita, non si può produrre, ma, nonostante ciò, il genere umano

continua a cresce demograficamente, e (come abbiamo già visto) concentrandosi sempre di più

nelle città, dove la terra è già scarsa.

Nella maggior parte delle società la terra è di proprietà privata, non collettiva. Il valore però di quella

terra non è determinato dalla proprietà, ma dalla rendita fondiaria, ovvero il guadagno percepito

dall’utilizzatore di quel suolo. La rendita fondiaria è un reddito, proveniente da una ris

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Publisher
A.A. 2022-2023
47 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/21 Urbanistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FRANC.A.MENTE di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Urbanistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano o del prof Gaeta Luca.