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TEOLOGIA SPIRITUALE
2. La vocazione universale alla santità nella chiesa
Dio chiama l’essere umano a partecipare della sua vita trinitaria. La fede
svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo che
comporta una chiamata all’unione con Dio. La santità costituisce il fine
ultimo della persona umana e inizia in questa vita per mezzo della grazia
santificante. Nell’AT “santo” indica l’assoluta trascendenza di Dio, mentre
nel NT Cristo è il santo di Dio e i cristiani sono i santificati in Cristo Gesù.
La santità è un processo che coinvolge l’essere stesso della persona; la
relazione con Dio offre la possibilità di manifestare nella propria esistenza
la realtà dei doni divini.
A livello morale la santità si sviluppa in tutto l’agire del cristiano. L’intera
vita del cristiano può essere descritta come un’opera di santificazione.
Un criterio essenziale di santità è costituito dall’esercizio delle virtù
eroiche, in modo particolare della carità eroica. Non sono necessari
fenomeni mistici straordinari.
San Francesco di Sales fu uno dei maggiori precursori della dottrina sulla
chiamata universale alla santità; mise in evidenza l’importanza delle
circostanze concrete della vita in relazione a ogni persona chiamata alla
santità.
Il CV2 proclama in maniera inequivoca la chiamata universale alla santità
in virtù di tre motivi:
cristologico, che esprime la dimensione cristocentrica della santità
ecclesiologico, la santità originaria della chiesa si deve manifestare nella
santità dei suoi membri
sacramentale, tramite il battesimo ogni cristiano è chiamato, per la sua
vita, alla santità.
2. La vocazione individuale del cristiano
Per raggiungere la santità bisogna corrispondere liberamente al disegno
concreto che dio ha scelto. Ognuno riceve una vocazione personale. Il
mistero della vocazione si può capire solo alla luce della fede e con l’aiuto
della grazia.
Nell’AT la vocazione è un atto di Dio che si rivolge alla persona facendole
conoscere la sua volontà e invia l’uomo a compiere la propria missione.
Nel NT l’elezione di Dio raggiunge il massimo vertice nella figura di
Gesù, scelto prima di tutti i tempi. La vocazione è quindi conseguenza
dell’elezione con cui Dio padre ci rende partecipi in Cristo.
Nei vangeli sinottici Gesù chiama i dodici e mette delle condizioni
necessarie per assolvere al compito di discepolo: il distacco dalla propria
famiglia, portare la croce ed essere pronto a rinunciare alla propria vita.
Nel quarto vangelo, Giovanni considera la fede come elemento
teologicamente determinante per una condizione duratura di discepolo e il
discepolo si identifica con il cristiano stesso in quanto membro della
chiesa fondata da Cristo.
Attraverso l’elezione divina Dio conferisce a ogni uomo una missione
particolare affidandogli un compito concreto nella storia della salvezza.
-La manifestazione dell’elezione è il momento in cui Dio rivela l’elezione
divina.
-L’ascolto della chiamata ha lo scopo di discernere una vocazione
individuale.
-La libera risposta umana alla vocazione comporta infine un esercizio
profondo della fede.
La vocazione è una realtà dinamica che dura per tutta l’esistenza della
persona. Con la vocazione ogni evento o circostanza della vita assume
significato e siamo il grado di capire dove Dio vuole condurci.
Secondo il CV2 “c’è nella chiesa diversità di ministero ma uguale
missione”; ciò vale a dire che esistono diverse vocazioni specifiche ma
tutte con lo stesso fine
4. L’inabitazione della santissima trinità
La santità umana consiste nella piena comunione della persona con Dio
uno e trino, iniziata nella vita presente con la partecipazione dell’essere
umano alla vita intratrinitaria. Secondo S. Tommaso “la conoscenza della
trinità nell’unità è il frutto e il fine di tutta la nostra vita.
La trinità è il fine ultimo della nostra esistenza, in quanto siamo stati creati
e innalzati allo stato di grazia per poter raggiungere la piena conoscenza
della santissima trinità.
Le divine persone si donano realmente all’uomo, nella piena comunione.
L’AT parla di una presenza di Dio in tutte le cose, ma anche di una
presenza speciale di Dio nel suo popolo e in alcuni uomini eletti a cui ha
inviato il suo spirito.
Nel NT l’inabitazione comprende due aspetti: statico (unione amichevole),
dinamico (presenza per attuare la santificazione).
Per S. Paolo l’inabitazione è incentrata sullo spirito santo, avviene per
mezzo dell’unione con Gesù con una prevalenza dell’aspetto dinamico.
Per S. Giovanni invece prevale l’aspetto statico; la sua teologia è
incentrata sul figlio nei suoi rapporti con il padre.
L’inabitazione ha luogo nelle persone che possiedono la grazia e la carità,
doni santificanti intimamente connessi con la presenza delle tre persone.
All’origine di tale presenza, avviene un’azione particolare che mira a
comunicarsi all’uomo, introducendolo nell’intimità di vita e amicizia.
Il mistero della Santissima trinità ha una grande risonanza in S. Caterina
da Siena; mostra un’anima totalmente immersa nella Trinità, attraverso la
quale illumina tutti i misteri cristologici.
5. La filiazione del cristianesimo
Nello Spirito Santo e mediante Cristo, l’uomo in grazia è situato nella vita
intratrinitaria per poter vivere come figlio davanti a Dio padre.
Nell’AT il popolo di Israele considerava Dio come padre in un senso
collettivo. Il termine padre indicava l’autorità di Dio ma anche la sua
misericordia.
Nel NT Gesù Cristo è il rivelatore della filiazione divina. In S. Giovanni,
cronologicamente l’ultimo degli evangelisti, il termine padre diventa quasi
sinonimo di Dio; ciò indica il progressivo approfondimento del senso della
filiazione divina dalla comunità cristiana primitiva.
Gesù utilizza il termine “abbà” che appartiene al linguaggio della famiglia
e indica il padre da cui il figlio è stato generato (padre mio, babbo…). Con
la preghiera del padre nostro Gesù rende partecipi i suoi discepoli della sua
posizione di figlio. Tuttavia, Gesù pone sempre una differenza tra “padre
mio” e “padre vostro”; il suo rapporto con il padre ha infatti il carattere
della singolarità.
Secondo S. Paolo e S. Giovanni la nostra filiazione è legata al concetto di
adozione. Noi siamo figli di Dio in quanto siamo uniti con il verbo
incarnato.
Per S. Agostino invece il concetto di figlio implica la prerogativa della
libertà, la capacità di amare la giustizia non soltanto subendola per timore
di incorrere in una condanna.
Da tutta l’eternità siamo stati predestinati ad essere figli di Dio. Dio ha
innalzato l’essere umano fino al livello del suo figlio unigenito per amarci
con lo stesso amore.
L’adozione filiale è opera di tutta la trinità, siamo infatti figli del padre nel
figlio per lo Spirito Santo: il padre come adottante, il figlio come modello
e lo Spirito Santo come imprimente del modello.
Per S. Tommaso è una filiazione imperfetta poiché l’essere umano ha la
filiazione ma non è la filiazione poiché quest’ultima è Cristo. La Filiazione
del cristiano è una via di mezzo tra filiazione divina naturale (Gesù Cristo)
e filiazione adottiva umana.
I Santi comprendono l’amore intimo e vicino di Dio e sanno che il tesoro
principale ricevuto da Dio è la partecipazione alla vita intratrinitaria.
Perciò una caratteristica dei santi è la fiducia e l’abbandono filiale attivo,
libero e consapevole nelle mani di Dio; anzichè cercare il male, il
problema scompare, in quanto non esiste il male in Dio stesso.
6. Santità e identificazione con Cristo
La persona e l’opera di Cristo occupano un ruolo centrale nei rapporti di
salvezza tra Dio e il mondo. Si parla di Cristocentrismo per esprimere il
fatto che il centro della vita spirituale sta nel seguire, imitare e identificarsi
con Gesù.
Gesù riassume a pieno il significato del Cristocentrismo dicendo: “io sono
la via, la verità e la vita. Nessuno viene al padre se non per mezzo di me”.
Gesù Cristo è la via perché gli uomini distanti da Dio per la natura, per il
peccato e per la morte, furono portati da Lui all’unione immediata con
Dio; infatti Gesù Cristo assunse la natura umana, distrusse il peccato
morendo sulla croce e distrusse la morte con la risurrezione.
Gesù Cristo è la verità poiché conoscere Gesù stesso è l’unica verità
capace di liberare l’uomo.
Gesù Cristo è la vita e il suo influsso vitale perviene agli uomini attraverso
i sacramenti.
S. Paolo si incentra sul concetto di imitazione di Cristo che affonda le sue
radici nell’ambito dell’essere poiché la nostra trasformazione in Cristo si
verifica nel Battesimo.
In passato il martirio divenne modello della vita cristiana. Il martire muore
della stessa morte di Gesù; lui è il vero imitatore di Cristo. Il martirio
quindi era spesso desiderato.
Nel medioevo la pietà si orienta in modo particolare verso l’umanità di
Gesù e verso i misteri della sua vita.
S. Francesco d’Assisi consiglia di seguire l’esempio di Cristo con le opere.
Per S. Tommaso Cristo sulla croce è l’esempio di tutte le virtù.
Secondo S. Francesco di Sales l’imitazione di Cristo è un mezzo
indispensabile per l’unione con Dio.
12. Vita teologale
Le virtù teologali dispongono i cristiani a vivere in relazione con la
santissima trinità. Hanno come origine, causa ed oggetto Dio uno e trino.
Sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli e sono pegno della presenza e
dell’azione dello spirito Santo nelle facoltà dell’essere umano.
Per S. Paolo le tre virtù teologali rappresentano le armi fondamentali della
vita spirituale del cristiano.
-La fede
È la risposta umana a Dio che si rivela. Nell’AT un chiaro esempio di fede
è quello del rapporto tra Dio e Abramo che ripone la sua piena fiducia in
Dio. Nel NT i malati vengono guariti da Gesù in virtù della loro Fede. Il
modello di obbedienza della fede è la Madonna. Secondo il CV2 la fede è
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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