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Esistono ancora nel mondo alcune foreste primarie, prati alpini, vegetazione.
Hanno un aspetto unitario a dispetto di una diversità generalmente forte.
- I residui: derivano dall’abbandono di un’attività; evolvono naturalmente verso un
paesaggio secondario.
Es. una foresta secondaria può provenire da un residuo→un residuo giovane accoglie
rapidamente specie pioniere che presto scompaiono a vantaggio di specie più stabili.
I paesaggi secondari sono eterogenei e caotici.
- Le riserve: sono insiemi protetti dall’attività umana. Insiemi giudicati fragili o rari, ricchi di
una diversità in pericolo, o sacri, proibiti;
1. Le riserve e gli insiemi primari si assomigliano. Si tratta di ambienti climax, livelli stabili il
cui aspetto si modifica poco nel corso del tempo;
2. Gli insiemi primari accolgono ancora oggi la più grande diversità planetaria;
3. I residui non beneficiano mai di uno statuto di riserva;
4. L’apparizione rapida, poi la sparizione delle specie pioniere a vantaggio di specie stabili è
caratteristico del residuo;
5. Mano a mano che un terreno si “chiude” si attenua la dinamica di conquista. I residui
hanno vita breve.
6. Ogni incidente naturale contribuisce a riaprire un terreno chiuso (es. caduta di un albero);
7. La flora dei residui e quella degli insiemi primari talvolta si sfiorano;
8. La flora dei residui non è limitata alle associazioni vegetali indigene;
9. La flora degli insiemi primari e delle riserve è esclusiva rispetto a tutte le altre;
10. La somma dei residui rappresenta il territorio per eccellenza della mescolanza planetaria;
11. La somma degli insiemi primari rappresenta l’unico territorio di resistenza alla mescolanza
planetaria;
12. La produzione di un residuo si accompagna a una perdita di diversità di specie stabili;
13. La resistenza degli ambienti primari corrisponde a situazioni di isolamento geografico;
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14. La variazione nella collocazione delle superfici isolate nel corso della vita della Terra si
accompagna a una variazione nel numero della specie;
15. Una pangea (continente unico) accoglie meno specie rispetto a più continenti separati di
pari superficie;
16. L’attuale forma del pianeta corrisponde a un picco nel numero delle specie;
17. L’attività umana accelera il processo di incontro che conduce verso la pangea, riduce il
numero di superfici isolate e quindi il numero delle specie;
18. La crescente antropizzazione del pianeta porta alla creazione di un numero sempre
maggiore di residui e a una progressiva riduzione degli insiemi primari;
19. Nella sua fase conclusiva, il processo porta alla totale sparizione degli ambienti primari,
alla generalizzazione degli ambienti secondari;
Insiemi primari e riserve: grande diversità specifica, specie stabili, dinamica lenta;
Residui: diversità specifica eterogenea, specie instabili;
Spazi gestiti dall’uomo: diversità specifica ridotta o nulla, spazi mantenuti artificialmente;
20. L’incognita è rappresentata dal numero e dalla natura delle specie che si suppone possano
vivere in un simile equilibrio;
21. Il Terzo Paesaggio, territorio di diversità, è legato in modo diretto alla demografia;
4. STATUTO
Un territorio dichiarato “riserva” è oggetto di protezione, sorveglianza, sanzioni. Un bordo di
strada, un residuo urbano non sono oggetto di alcuna protezione. Eppure, tutti costituiscono
riserve biologiche.
La realtà del Terzo paesaggio si colloca nel campo etico del cittadino planetario a titolo
permanente.
Per la necessità di conservare la diversità o di favorirne la dinamica, il Terzo Paesaggio acquista una
dimensione politica.
Lo statuto del Terzo Paesaggio è di ordine planetario. Il mantenimento della sua esistenza non
dipende da esperti ma da una coscienza collettiva.
5. SFIDE
- La diversità si esprime attraverso il numero delle specie sul pianeta e la varietà dei
comportamenti.
- La varietà dei comportamenti dipende dal campo offerto a ogni specie (libertà d’azione) ma
anche dall’ampiezza biologica di ogni specie (capacità di adattamento).
- Per le società umane la varietà dei comportamenti si dispiega all’interno di una sola specie.
- In teoria, la diversità non è finita.
- La catastrofe induce diminuzioni brutali e rilevanti del numero.
- Confrontata con i fenomeni naturali, l’antropizzazione planetaria induce una diminuzione
del numero analoga alla catastrofe; 3
- La crescente uniformità delle pratiche antropiche porta a una diminuzione delle varietà di
comportamento;
- In quanto riserva di tutte le configurazioni genetiche planetarie, il Terzo paesaggio
rappresenta il futuro biologico;
- Ogni alterazione non reversibile del Terzo paesaggio compromette le possibilità di
invenzione biologica, orienta l’evoluzione diminuendo in proporzione il numero di strade
possibili;
- La specie umana non segue le regole di assegnazione a un bioma potenzialmente
favorevole. Varca tutte le zone climatiche;
- La contaminazione culturale si traduce in una diminuzione dell’offerta di comportamento;
- La copertura del pianeta da parte del genere umano induce una discriminazione delle
superfici offerte al Terzo paesaggio, dunque alla diversità;
- Perdite sostanziali di diversità→sia per effetto della mescolanza planetaria, sia per la
diminuzione delle superfici offerte al suo dispiegamento;
- Le pratiche di sfruttamento del pianeta hanno un impatto;
- Le attuali pratiche di sfruttamento del pianeta obbediscono in buona parte alle logiche di
un’economia di mercato sviluppata secondo il modello liberale, con obiettivi di profitto
immediato;
- La durata del Terzo paesaggio è legata al numero umano e soprattutto alle pratiche messe
in opera da questo numero
6. MOBILITA’
Il Terzo paesaggio cambia la propria configurazione nel corso del tempo:
1. Attraverso il gioco degli scambi interni→dinamica naturale di accesso al climax forestale;
2. Attraverso il gioco degli scambi con l’ambiente circostante:
- Una pressione forte da parte del territorio antropizzato circostante induce una perdita di
diversità nel Terzo paesaggio (es. inquinamento umano);
- Una pressione debole da parte del territorio antropizzato circostante (pratiche non
inquinanti) mantiene nel Terzo paesaggio una diversità equilibrata che può influenzare
positivamente l’ambiente generale;
3. Il Terzo paesaggio cambia forma e proporzione attraverso il gioco del mercato, gioco
politico;
7. EVOLUZIONE
- L’evoluzione territoriale del Terzo Paesaggio accompagna l’evoluzione dell’organizzazione
del territorio;
- La crescita delle città induce una crescita del numero dei residui;
- L’aumento del numero dei residui legato all’organizzazione del territorio non induce sempre
una crescita della superfice complessiva del Terzo paesaggio, ma porta a una
frammentazione di quest’ultimo; 4
- Le operazioni di trasformazione del territorio portano a un’organizzazione per maglie,
membrana urbana;
- Lungo i bordi delle grandi città l’urbanizzazione chiude le proprie maglie. Lontano dalle
grandi città le maglie restano aperte;
- Le occasioni di continuità biologica diminuiscono col chiudersi delle maglie; La diversità si
riduce in proporzione;
8. SCALA
Il Terzo paesaggio non ha scala. Copre l’insieme degli ecosistemi in grado di assicurare il
mantenimento di una diversità.
Gli strumenti di osservazione del Terzo paesaggio vanno dal satellite al microscopio. Tutti gli
strumenti intermedi permettono un inventario degli habitat, poi degli abitanti.
9. RAPPRESENTAZIONE E LIMITE
La rappresentazione del Terzo paesaggio dipende dalla possibilità di stabilirne i limiti geografici.
I limiti diventano visibili alle frontiere tra i residui e i territori sottoposti a sfruttamento.
Un residuo evolve verso la foresta. I suoi limiti possono essere confusi con quelli di una foresta
gestita dall’uomo. Dal punto di vista del Terzo paesaggio, questi limiti esistono.
Una foresta cresciuta su un residuo presenta sempre una diversità superiore rispetto a una foresta
gestita dall’uomo.
I limiti costituiscono in sé spessori biologici. La loro ricchezza è spesso superiore a quella degli
ambienti che separano.
10. RAPPORTO CON IL TEMPO
Il Terzo paesaggio evolve nella dipendenza biologica, che è tanto più complessa quanto più
numerosi sono gli esseri presenti.
Il futuro di un sistema in condizioni di dipendenza biologica è, per sua natura, imprevedibile.
La priorità di un sistema biologico non è ottenere un risultato ma organizzare per sé delle
possibilità d’esistenza.
La durata della vita di ciascun essere dipende dal sistema in cui si trova ma anche dalla sua
configurazione specifica.
Il Terzo paesaggio non evolve secondo curve temporali semplici ma secondo le modalità
biologiche dell’ambiente. L’incostanza dei sistemi biologici nel tempo è l’effetto di un adattamento
permanente dei loro componenti alle fluttuazioni dell’ambiente.
L’evoluzione costante presenta rischi di crisi; l’evoluzione incostante si dispiega senza soluzione di
continuità, attraverso recuperi successivi.
La maggioranza delle specie di un sistema biologico libero (Terzo paesaggio) obbedisce a
un’evoluzione incostante per adattamenti successivi (trasformismo). Le specie a evoluzione
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costante la cui configurazione si irrigidisce nel corso del tempo sono sottoposte alla pressione
selettiva di un ambiente in mutamento.
Il processo di evoluzione costante interrotto da momenti di choc è di tipo DARWINIANO. Il
processo evolutivo incostante accompagnato da trasformazioni è di tipo LAMARCKIANO.
- Processo darwiniano→cambiamenti rapidi e violenti;
- Processo lamarkiano→modificazioni lente e modulate;
Il processo generale di evoluzione può essere pensato come una successione di fenomeni più
rapidi e più lenti.
11. RAPPORTO CON LA SOCIETA’
Dal punto di vista della società, il Terzo Paesaggio appare come:
- Uno spazio naturale;
- Uno spazio per il tempo libero;
- Uno spazio improduttivo;
- Uno spazio sacro;
L’assunzione di responsabilità sul Terzo paesaggio da parte dell’istituzione porta a:
- Stabilire criteri positivi;
- Fissare limiti precisi;
- Definire gli usi;
- Stabilire lo statuto giuridico;
Un frammento del Terzo paesaggio sottoposto a protezione, elevato a rango di patrimonio
nazionale o mondiale vede il proprio territorio:
- Posto sotto sorveglianza;
- Proposto come modello;
- Organizzato per