Attività coloniale
Sparta partecipa, seppure non come gli Eubesi, all'attività coloniale: a parte l'isola di Terache era fondazione spartana, poi gli Spartani danno un contributo alla fondazione di Cirene, da parte di Tera. La colonia più importante degli spartani sicuramente è Taranto, che divenne una delle città più ricche e potenti dell'occidente.
Fondazione di Taranto
Il racconto degli autori antichi è sostanzialmente unanime nell’attribuire la fondazione della colonia ai Parteni, ovvero la generazione di Spartani nata negli anni della Prima Guerra Messenica (743 a.C. – 724 a.C.). Secondo il racconto di Antioco, i Parteni erano i figli degli Spartani che non presero parte alla guerra contro Messene e per questo non potevano essere considerati cittadini legittimi. Uno dei Parteni, Falanto, dopo essersi messo a capo di una rivolta, subito scoperta e sedata, si recò a Delfi e ottenne questo responso dall’oracolo:
“Ti dono Satyrion e ti concedo anche di abitare il ricco paese di Taranto e di diventare flagello per gli Iapigi”.
Seguendo quanto gli era stato annunciato, Falanto si mosse con un gruppo di Parteni verso l’Italia meridionale e fondò la città di Taras, dal nome dell’eroe figlio della Ninfa Satiria e di Poseidone, a cui sarebbe collegata la fondazione dell’indigena Satyrion (Saturo).
Il racconto di Eforo, che sembra essere ricco di maggiori informazioni (Eforo, fr. 216, VI, 3,3), conferma la fondazione di Taranto ad opera dei Parteni, sostenendo che questi erano figli delle donne spartane e dei giovani guerrieri, che non vincolati dal giuramento d’età, erano stati rimandanti in patria (dalla guerra messenica) per unirsi alle vergini e scongiurare che Sparta dopo tanti anni rimanesse senza nascite. Tuttavia, i nati da queste unioni non furono riconosciuti cittadini legittimi e furono pertanto privati di ogni diritto. Secondo Eforo, al tentativo di rivolta contro Sparta, parteciparono anche gli Iloti; anch’essi poi, abbandonarono la città e presero parte alla spedizione di Falanto.
Il mito racconta che durante il suo viaggio, Falanto a seguito di un naufragio nel golfo di Crisa, fu soccorso da un delfino e portato a cavalcioni a riva. L’immagine, che comparirà nel sistema monetale tarantino, si sovrappone anche alla raffigurazione di Taras, che secondo il mito avrebbe avuto una stessa sorte in mare.
Educazione dello spartiate
L'agoghé (in greco antico: ἀγωγή, agōgḗ) era un rigoroso regime di educazione e allenamento basato su disciplina e obbedienza cui era sottoposto ogni cittadino spartano fin dall'età di 7 anni. Il supervisore durante tutto il periodo di allenamento era una figura di spicco della società spartana che nella letteratura greca è detta παιδονόμος paidonómos: letteralmente un "mandriano di ragazzi". Secondo la tradizione tramandata dalle fonti più antiche questo tipo di educazione sarebbe stato introdotto dal semi-mitico legislatore spartano Licurgo.
L'agoghé era peculiare soprattutto perché si trattava di un'educazione obbligatoria, collettiva, organizzata ed impartita dalla città. Questo tipo di formazione era indispensabile per accedere alla piena cittadinanza e gli adolescenti che non si fossero sottoposti a tale regime non avrebbero potuto né accedere ai corpi di élite né tanto meno alle magistrature, nonché a tutti gli altri diritti civili. L'obiettivo del sistema era di produrre maschi fisicamente e moralmente robusti perché potessero servire nell'esercito spartano. Questi uomini, una volta divenuti ὅμοιοι hómoioi, avrebbero preso il loro posto nella falange andando così a formare le "mura di Sparta": la città, infatti, fino al regno di Archidamo IV era priva di una cinta muraria.
- I genitori dovevano presentare i nuovi nati alla λέσχη lḗschē, dove sedevano cittadini tra i più anziani e onorevoli. Questi esaminavano i bambini e se convenivano che avessero una struttura forte e salda allora ordinavano che venissero allevati e che venisse loro assegnato un κλῆρος klēros, ovvero un lotto di terra. Secondo la credenza comune (di cui però parla solo Plutarco), quando invece i neonati si fossero rivelati deformi o malformati e se fin dall'inizio fosse parso impossibile uno sviluppo sano, nell'opinione che la sopravvivenza dei bambini stessi non sarebbe stata proficua né per loro né per la città, venivano abbandonati in un luogo chiamato Ἀποθέτης Apothètēs ("[luogo dove] si lascia o ci si disfa di [qualcosa]"), un burrone presso il Taigeto. In realtà, i reperti archeologici del luogo hanno rivelato scheletri per lo più adulti, suggerendo che fosse il luogo in cui venivano giustiziati i prigionieri di guerra.
- Coloro che superavano la selezione venivano subito abituati dalle loro nutrici a crescere senza fasce per rendere i loro corpi resistenti e atti a muoversi liberamente. Quando un ragazzo terminava il suo settimo anno veniva posto sotto l'autorità del παιδονόμος paidonómos, incaricato di supervisionare la sua educazione.
- Da quando i ragazzi venivano allontananti dalla famiglia vivevano in gruppi (ἀγέλαι agélai, mandrie) sotto un ragazzo capo più grande. Questi mastigófori, portatori di frusta, erano nominati dai ragazzi stessi, ma erano sottoposti al maestro ed avevano il dovere di mettere in atto le punizioni qualora fossero venute a mancare disciplina o obbedienza.
- I παιδονόμοι paidónomoi non erano di condizione servile come accadeva invece per i maestri di tutte le altre città della Grecia, piuttosto facevano parte dei cittadini più onorevoli poiché dovevano essere figure di riferimento in grado di suscitare rispetto presso gli allievi. Nonostante la figura del παιδονόμος paidónomos, qualsiasi cittadino aveva il diritto di infliggere punizioni ai ragazzi qualora la situazione lo avesse richiesto.
- Erano incoraggiati a donare la loro lealtà al gruppo più che alle famiglie; anche quando erano sposati non potevano pranzare con le mogli almeno fino al compimento dei 25 anni di età.
- La scrittura e le arti in generale non meritavano grande attenzione e venivano insegnate da maestri di bassa caratura, menzionati di rado. L'educazione era fondata sulla disciplina, la vita dura e l'emulazione. I παῖδες pàides ricevevano un solo mantello per le stagioni di tutto l'anno, camminavano a piedi nudi. Erano mal nutriti e ci si aspettava che rubassero del cibo; se colti nell'atto venivano severamente puniti, non tanto per il furto in sé ma per la scarsa abilità dimostrata nell'essersi lasciati sorprendere.
- Durante l'adolescenza i ragazzi potevano lavarsi solo poche volte all'anno, rasavano i capelli e trascuravano completamente l'aspetto esteriore, invertendo poi del tutto questa tendenza una volta superata questa fase e, specie in periodo di guerra quando l'agoghé diminuiva di ritmo e intensità, si richiedeva una cura estrema del proprio aspetto. L'età successiva identificabile con il compimento dei 16 anni era dominata dall'emulazione: gli efori selezionavano tre ἱππαγρέται hippagrétai, i quali a loro volta sceglievano 100 guerrieri, motivando in maniera dettagliata la loro scelta, che tutti insieme sarebbero andati a formare la guardia reale dei 300 ἱππεῖς hìppeis. Entrare a far parte di questa cerchia rientrava tra le più alte ambizioni di ogni Spartano e generava un clima di competizione interna che Plutarco definì come “la più cara agli dèi e la più utile alla città”.
- Veniva praticata una forma di pederastia spartana istituzionalizzata, da alcuni antichi storici ritenuta di natura casta e della quale gli Spartani non parlavano mai troppo volentieri; i guerrieri più anziani mantenevano infatti relazioni a lungo termine con i giovani, ma apparentemente soltanto con propositi pedagogici. Sarebbe stato infatti da condannare chiunque avesse desiderato soltanto il corpo di un ragazzo rendendo così la cosa disdicevole. Al ragazzo spettava richiedere la relazione, che era considerata importante nel trasmettere conoscenze e nell'assicurare la lealtà sul campo di battaglia. La dedizione a questo culto trovava conferma nel fatto che quando facevano un sacrificio agli dèi prima di una battaglia, gli Spartani sacrificavano al dio dell'amore, Eros.
- All'età di 18 anni, dopo l'agoghé, i più promettenti tra i giovani spartiate partecipavano alla Krypteia: I giovani uomini spartani che avevano conseguito al loro allenamento nell’agoghé con un successo tale da venire designati come potenziali capi futuri avrebbero avuto l'opportunità di dimostrare il proprio coraggio e mettersi ad una prova degna della tradizione militare spartana attraverso la partecipazione alla crypteia. Ogni autunno, secondo quanto detto da Plutarco (Vita di Licurgo, 28, 3–7), gli efori spartani (greco classico ἔφοροι) dichiaravano formalmente guerra alla popolazione ilota cosicché ogni cittadino spartano avrebbe potuto uccidere legalmente un Ilota. Disarmati, i kryptes erano mandati nella campagna con l'istruzione di uccidere ogni ilota che avessero incontrato di notte e di prendere qualsiasi cibo di cui avessero avuto bisogno.
- Questa usanza poteva avere il fine di eliminare gli Iloti considerati fonte di problemi e di preparare i giovani con una prova di virilità facendo loro provare l'esperienza del primo omicidio. L'oppressione brutale degli Iloti permise agli Spartani di controllare la popolazione contadina dedicandosi interamente alle pratiche militari. Raggiunta la piena cittadinanza ogni ragazzo veniva introdotto dal suo ἐραστής erastḗs, amante, ai syssìtia, i quotidiani pasti collettivi, ritenuti come un'importante occasione di partecipare delle esperienze dei più anziani.
- Una volta terminato l'addestramento gli ὅμοιοι hómoioi sono tenuti a prestare servizio militare fino al compimento dei 60 anni di età e a continuare ad esercitarsi alla guerra anche in periodo di pace.
Costituzione di Sparta
La costituzione spartana era peculiare e differiva da quella di tutte...
-
Riassunto esame Storia romana, Prof. Pignatone Roberto, libro consigliato Storia greca, Domenico Musti
-
Riassunto esame Storia romana, Prof. Pignatone Roberto, libro consigliato Storia Greca, Domenico Musti
-
Riassunto esame Storia romana, Prof. Pignatone Roberto, libro consigliato Storia greca, Domenico Musti
-
Riassunto esame Storia romana, Prof. Pignatone Roberto, libro consigliato Storia greca, Domenico Musti