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GUERRA DI TROIA, FONDAMENTO DELLA MEMORIA GRECA
Il punto di partenza della memoria greca è la Guerra di Troia, l’evento per eccellenza dell’età degli
eroi, sulla veridicità della quale c’è da sempre scetticismo (qualcosa di vero c’è); La cronologia
tradizionale colloca la Guerra di Troia all’inizio del XII secolo, quando inizia il decadimento
miceneo e tutto il Mediterraneo subisce profonde trasformazioni, quando crolla il regno ittita e gli
egiziani, civiltà potentissima, avvertono dei pericoli all’infuori dei loro confini.
Dunque, il XII secolo è contraddistinto da una serie di situazioni che portano gli studiosi a credere
che il grande evento possa essere esistito, naturalmente con le dovute precauzioni.
Inoltre, la città di Troia, controllando le vie commerciali che vanno verso il mar Nero, si trova,
geograficamente parlando, in un punto strategico.
Sulla Guerra di Troia le nostre fonti sono i poemi di Omero, il quale è considerato dagli stessi greci
come il primo storico, sebbene sapessero bene che si trattava di poesia accompagnata da elementi
fantasiosi (anche se i greci credevano realmente nell’esistenza di Achille, di Ettore, di Menelao
eccetera).
Dunque, bisogna credere ai poemi omerici?
Si tratta di una vexata quaestio sulla quale si è discusso per secoli, ma, oramai, gli studiosi sono
concordi nell’affermare che i poemi omerici, oltre a non rispecchiare la realtà perché intrisa di
riferimenti fantasiosi, riflette un tipo di civiltà che non può essere identificata in una precisa
popolazione; i poemi omerici, pur parlando del periodo palaziale, non riflettono la civiltà micenea e,
a dimostrazione di ciò, ci sono numerosi esempi:
• innanzitutto, nei poemi omerici si parla, oltre che di equipaggiamenti in bronzo (usati anche a
Micene), di armi in ferro; ϝ
• In secondo luogo, il re, definito dai micenei “Wanax" ( άναξ), viene chiamato nei poemi omerici
con il termine “Basileus” (in greco: Βασιλεύς);
• Inoltre, ci sono delle manifestazioni culturali (l’uso del carro ad esempio) espresse nei poemi
omerici che non si trovano nell’età micenea, ma piuttosto sono fenomeni che riflettono la società
successiva a quella micenea, vissuta proprio nei “secoli oscuri”.
Per di più, esistono alcuni aspetti dei poemi omerici che rispecchiano la società coeva all’autore
stesso (VIII/IX secolo): si evince come i poemi omerici siano caratterizzati da una mescolanza
culturale che abbraccia la civiltà micenea, l’età oscura e, infine, la società del IX secolo.
Un altro spunto didattico viene offerto dal tipo di economia che emerge dai poemi omerici:
guardando, infatti, la reggia di Ulisse, re di Itaca, si accorge che essa veniva gestita dalla famiglia
dell’eroe (economia domestica), a differenza dei palazzi micenei in cui è evidente
un’organizzazione ben precisa (schema verticistico).
Perfino il re dei poemi omerici, Basileus, presenta delle differenze con il Wanax, in quanto è
“primus inter pares”, ossia viene scelto a comando per delle caratteristiche personali: carisma, arte
della retorica e della persuasione, abilità militari (Un tipo di organizzazione politica esemplificata
dall’episodio dei Proci).
Il Basileus dei poemi omerici è circondato da una cerchia di consiglieri, la Boulé, di cui non si ha
traccia nelle tavolette micenee
Alcuni fenomeni culturali riflettono quindi più la società successiva, quella dei secoli oscuri e
addirittura la società contemporanea ad omero cioè quella del IX-VIII secolo.
Questo perché sono racconti di tipo orale, trasmessi in generazione in generazione tramite gli aedi, e
quindi non tutto viene custodito perfettamente.
IMPORTANZA DEI TOPONOMI
I toponimi sono importanti perché si tratta di nomi geografici di località che in età micenea erano
inesistenti (tipo Argo), altri toponimi di cui non sappiamo nulla in età storica (perché scomparse)
ma esistite in età eroica.
C’è una mescolanza di dati geografici.
Leggiamo questi dati geografici in una delle parti più studiate dell’Iliade: il catalogo delle navi.
Quando ci sono grandi eventi storici e politici la prima cosa che si fa è elencare tutti i partecipanti,
Omero nel II libro dell’Iliade inserisce questo excursus in cui vengono passate in rassegna tutte le
città e tutte le località della Grecia che avevano fornito delle navi e delle truppe all’esercito degli
achei, poi elenca gli alleati dei troiani.
Questo passo (II libro, v. 559 in poi) si riferisce ai contingenti che vengono dall’Argolide dove c’era
Micene, da dove veniva Agamennone:
“Quelli che avevano (abitavano) Argo (in età micenea non esisteva) e Tirinto murata (murata perché
ancora all’epoca di Omero si potevano vedere i resti delle mura, tracce archeologiche), Armione e
Asine sul golfo profondo (in età micenea forse non avevano importanza)
[…]
Di questi achei era a capo Diomede, potente del grido…”
C’è la celebrazione di tutti gli eroi di quell’area che parteciparono alla guerra di Troia e che
venivano da quella località.
Diomede era l’eroe più importante, ma ne vengono citati tanti altri che erano importanti per Omero.
Era importante descrivere per ogni regione tutte le località, tutti gli eroi delle singole località che
avevano partecipato alla guerra di Troia perché questi versi che si riferiscono all’età della guerra di
Troia il poeta li legge agli aristocratici del XI-VIII secolo che dovevano riconoscere i nomi dei
loro antenati.
Per una città del secolo era fondamentale apparire nei poemi omerici perché significava che quella
città aveva contribuito a sconfiggere i troiani e la partecipazione a questa guerra era vista come
qualcosa di prestigioso.
Questo spiega l’aggiunta di città che non esistevano o che non avevano ancora un’importanza
notevole: e il caso più eclatante è proprio quello di Atene.
I grandi protagonisti sono Agamennone di Micene, Menelao di Sparta…ma ad Atene chi c’era?
Nella parte più antica dei poemi omerici Atene ha poca importanza, è una delle località meno
importanti.
Ad un certo punto vengono aggiunti dei versi (interpolati) che servivano a glorificare il ricordo di
Atene, cioè ad inserire il ruolo di Atene come una delle città protagoniste della guerra contro i
troiani.
Sono stati aggiunti con il tiranno Pisistrato nel VI secolo, quando cioè i versi sono stati messi per
iscritto.
Menesteo (eroe ateniese per eccellenza) diventa un eroe importante nei poemi omerici solo dopo
l’intervento di Pisistrato.
In sostanza i poemi omerici non si sa a che età si riferiscono.
Un grande studioso, Moses Finley, chiama la società che emerge nei secoli oscuri la “civiltà
omerica”, poichè era convinto che la civiltà descritta nei poemi omerici si riferisse al medioevo
ellenico.
Si tratta di una posizione troppo schematica, perché sì, è vero, in parte, ciò che dice Finley ma ci
sono, nei due capolavori, elementi ancora più antichi, poi plasmati dallo stesso autore.
TUCIDIDE SULLE ORIGINI
Dunque, il tipo di fonti utilizzabili per cercare di ricostruire il periodo protostorico, ossia della
guerra di Troia, sono essenzialmente mitografiche, per cui, per il loro, inevitabile, complesso
fantasioso, non possono essere considerate come vere fonti storiche.
Per tal motivo, non si può ricostruire questo periodo con esattezza scientifica.
Bisogna, inoltre, precisare che i Greci, col passare del tempo, iniziarono ad elaborare un pensiero
critico attorno a queste vicende leggendarie: sono i grandi storici greci, Erodoto e Tucidide, che
credevano all’esistenza della guerra di Troia, ma cercavano di razionalizzare questi eventi provando
a dare una loro interpretazione.
Tucidide, a differenza di un Erodoto più interessato a narrare gli eventi successivi al VI secolo,
comincia la sua opera con un grande affresco raffigurante la storia delle origini greche: questa
digressione, contenuta nel libro I della “Guerra del Peloponneso”, si definisce
“archeologia”(arkhaiología ‘discorso delle cose antiche’) e lo storico, sondando gli elementi
fantasiosi del mito, cerca di mettere in luce i processi sociali, economici e politici che sono stati alla
base della nascita della civiltà greca (un vero e proprio metodo scientifico, assai vicino a quello
usato dalla storiografia moderna).
Il processo economico più importante per Tucidide è lo sviluppo della marineria: naturalmente,
Tucidide pensa e privilegia la sua città, Atene, che diverrà la più potente proprio grazie alla flotta.
Ci sono molti passi delle Storie di Tucidide in cui lo storico esprime il suo pensiero proprio sulla
guerra di Troia, come accade nel nono capitolo del libro I che inizia così: “Io credo che
Agamennone potè radunare l’armata perché la sua potenza era superiore a quella dei suoi
contemporanei, e non tanto perché conduceva i pretendenti di Elena legati dai giuramenti che
avevano prestato a Tindaro”;
Nell’Iliade, Agamennone viene messo a capo degli achei perché era fratello di Menelao, in cerca di
vendetta a causa del rapimento di sua moglie Elena, regina di Sparta, ritenuta la donna più bella del
mondo, per mano di Paride, figlio di Priamo re di Troia.
Tuttavia, il vero motivo, per Tucidide, non è questo in quanto Agamennone, come si evince dal
brano letto, è stato scelto perché avevo l’esercito più potente: si tratta di un’interpretazione
soggettiva che però sarà di fondamentale importanza per il corso della storia, nel senso che gli
storici greci successivi a Tucidide crederanno alle sue parole piuttosto che ai poemi omerici.
Sempre nel medesimo capitolo, Tucidide continua: “La mia opinione è che Agamennone,
ereditando questa potenza e avendo ottenuto nello stesso tempo anche con la flotta una forza
superiore a quella degli altri, riunì il corpo di spedizione non tanto per il favore di cui doveva
quanto per il timore che incuteva”; interviene l’elemento della “flotta” in quanto egli non fu scelto
per caratteristiche personali, ma perché era talmente potente, grazie alla flotta, da incutere paura
agli altri.
Si può dedurre che solo attraverso queste interpretazioni storiche si può dare un volto anche alla
guerra di Troia.
CHI ERANO I GRECI?
Ma, tornando alle origini di questa