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Piero della Francesca
Piero della Francesca nasce a Borgo Sansepolcro nel 1413, piccolo paese al confine tra Umbria e Toscana, ma ben presto si sposterà a Firenze dove lavorerà alla bottega di Domenico Veneziano con cui dipingerà nel 1439 degli affreschi nel coro della Chiesa di Sant'Egidio. A Firenze avvennero però numerosi altri incontri formativi per Piero della Francesca: - Masaccio: da cui riprese la maestosa plasticità delle figure - Beato Angelico: da cui riprese i colori brillanti - Grazie ai suoi numerosi viaggi (Ferrara, Rimini, Roma, Urbino), dove lavorò prevalentemente per i signori del luogo, venne in contatto anche con la pittura fiamminga che lo colpì per la resa della luce e il naturalismo dei paesaggi. Piero della Francesca si forma nella Firenze degli anni '30 del Quattrocento, caratterizzata dalle ricerche prospettiche. Egli diventa un vero e proprio portavoce del linguaggio prospettico indagato attraverso la.Matematica e la geometria. Le opere di Piero della Francesca presentano infatti una particolare attenzione alla struttura prospettica e ritmica della composizione e alla semplificazione geometrica delle forme.
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Battesimo di Cristo (1445 circa)
È una delle prime opere realizzate da Piero della Francesca per l'abbazia camaldolese di Borgo Sansepolcro (ora duomo della città). L'opera segue un ferreo rigore compositivo: il Cristo frontale occupa l'asse centrale del dipinto lungo il quale si allineano anche la ciotola del Battista e la colomba che scende dal cielo. Attorno a questo asse tutta la composizione è bilanciata secondo un accorto calcolo dei pesi. Il tronco di un albero liscio come il fusto della colonna divide il dipinto in due parti. La composizione segue infatti lo schema della sezione aurea, un rapporto modulare che si trovava già negli antichi e nei trattati come il De Architectura di Vitruvio. Alla destra di Cristo vi è Giovanni Battista,
mentre alla sinistra tre angeli che assistono alla scena e che si tengono per mano in segno di concordia (allusione forse alla riconciliazione tra la Chiesa d'Occidente e quella d'Oriente tentata dal concilio nel 1439). La scena avviene tra le acque del fiume Giordano in Palestina ma in realtà il paesaggio che viene rappresentato è quello della valle del Tevere: il fiume riflette nell'acqua cristallina il cielo, le nuvole, le colline e le figure intorno. La luce morbida e chiara si spande sui corpi levigati non creando ombre violente ma avvolgendo tutta la scena in un'atmosfera sospesa ed irreale.
2) Polittico della Misericordia (1445-1460) L'opera venne portata avanti con lentezza in circa 15 anni con l'aiuto anche di collaboratori. Di Piero della Francesca sono sicuramente la Crocifissione e i maggiori santi di sinistra San Sebastiano e San Giovanni Battista (realizzati per prima tra il 1445-1448). In queste opere è evidente
l’influenza di Masaccio per la pesante materialità e plasticità delle figure, per la drammaticità delle espressioni dei volti e per l’utilizzo del fondo oro. Invece la Madonna della Misericordia fu eseguita più tardi intorno al 1460 ed ha le caratteristiche delle opere mature del pittore. Il plasticismo masaccesco delle figure non è scomparso ma prevale la regolarizzazione geometrica delle forme. La figura della Vergine ha un’imponenza architettonica ed allarga il mantello come a formare una cupola che accoglie i fedeli. 3) Sigismondo Pandolfo Malatesta davanti a San Sigismondo (1451) nel Tempio Malatestiano a Rimini 4) Affreschi Storie della Vera Croce ad Arezzo (1452-1466) Nel 1452 Piero della Francesca fu incaricato dalla famiglia Bacci di continuare gli affreschi nel coro della Chiesa di San Francesco ad Arezzo, che erano stati iniziati dal pittore Bicci di Lorenzo. I lavori si protrassero a lungo con interruzioni e riprese. Il tema del ciclosi rifà alla leggenda del legno della croce che in parte deriva dai Vangeli Apocrifi ed in parte dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine del XIII secolo. Nella leggenda si narra come il sacro legno, cresciuto sulla tomba di Adamo e venerato dalla regina di Saba, fosse stato usato per crocifiggere Cristo. Sarebbe poi stato ritrovato da Elena, madre dell'imperatore Costantino, per poi essere rubato dal re persiano Cosroe. Infine sarebbe stato riportato a Gerusalemme dall'imperatore Bizantino Eraclio che sconfisse Cosroe in battaglia. Le scene realizzate da Piero della Francesca sono 10, raggruppate in 3 livelli. - Parte inferiore: si trovano scene di battaglia ed annunciazioni con la presenza di figure angeliche. - Parte mediana: esaltazione delle due regine (Saba ed Elena). - Parte superiore: inizio e fine della storia. Tra le scene più importanti del ciclo vi sono: L'adorazione del sacro legno e Incontro di Salomone con la regina di Saba e Il sogno di.Costantino. Quest'ultimo viene considerato come il primo notturno dellapittura italiana. Viene rappresentato un angelo in volo con una croce tra le maniche porta a Costantino in sogno la rivelazione che avrebbe vinto la battaglia contro Massenzio se avesse posto sugli scudi dei suoi soldati la croce di Cristo. La scena è ambientata vicino alla tenda dove Costantino dorme alle prime luci dell'alba, un certo chiarore infatti inizia a diffondersi ed il cielo è ancora punteggiato dalle stelle. La principale fonte di luce però è l'angelo dal quale parte un raggio di luce che investe la tenda dell'imperatore creando dei forti contrasti di chiaro-scuro e che riverbera sull'elmo delle sentinelle. Per il problema della luce sicuramente Piero della Francesca si rifece alle opere fiamminghe.
LE OPERE DELLA MATURITÀ ALLA CORTE DEI MONTEFELTRO AD URBINO
- Ritratti di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza (1465 circa)
Tratta di un dittico formato da due tavolette di piccola dimensione che un tempo erano unite da una cerniera e si aprivano a libretto. I ritratti del duca Federico da Montefeltro e della moglie Battista Sforza erano dipinti nella parte interna, mentre nella faccia esterna sono dipinti i trionfi dei due personaggi.
Il duca e la moglie sono rappresentati di profilo, secondo il modello dellamedaglistica antica, e si stagliano su un paesaggio continuo che si estende a perdita d'occhio. La minuziosa descrizione del paesaggio sicuramente risente degli influssi fiamminghi, così come la luce chiara ma irreale che delinea i volti dei due protagonisti.
6) Flagellazione (1459)
Si tratta di una delle opere più misteriose poiché si presta a proposte interpretative diverse.
Dal punto di vista della composizione la tavola è divisa in due parti: una occupata da uno spazio aperto e l'altra da una loggia. L'episodio del Vangelo che dà il titolo al dipinto, la flagellazione,
si svolge in secondo piano all'interno di uno spazioporticato. Al centro di questo spazio sta Cristo legato alla colonna tra due flagellatori. Accanto a lui sta seduto Ponzio Pilato. In primo piano sono invece rappresentati tre uomini che dialogano. Secondo l'interpretazione più accreditata nel volto del giovane biondo andrebbe ricercato il ritratto di Oddantonio, fratellastro di Federico da Montefeltro ucciso durante una congiura, mentre i due personaggi di profilo sarebbero i suoi consiglieri, responsabili dell'uccisione. L'opera è stata realizzata con una rigorosa impostazione prospettica con un unico punto di fuga che è esaltata anche dalla pavimentazione con tarsie marmoree e dalle linee di gronda degli edifici. 7) Pala Montefeltro - Sacra Conversazione (1466-72) La pala gli venne commissionata da Federico da Montefeltro per essere collocata sull'altare della Chiesa di San Bernardino ad Urbino, mausoleo funerario del duca. L'operaAveva un significato votivo volto a ricordare alcuni avvenimenti importanti di quegli anni: la nascita dell'erede, Guidobaldo da Montefeltro; la successiva morte della moglie Battista Sforza; la conquista di Volterra da parte di Federico.
Al centro della composizione troviamo la Vergine in trono con il Bambino addormentato sulle sue ginocchia, circondata da 6 Santi e 4 angeli che sono posizionati a semicerchio. Davanti alla Vergine si trova inginocchiato Federico da Montefeltro, vestito con la sua armatura da battaglia, nell'atto di offrire le sue armi alla Vergine.
La Sacra Conversazione si tiene all'interno di un fastoso edificio classico che non è solo un mero fondale ma ha un ruolo da protagonista al pari delle figure. L'ambiente termina con un ampio coro rettangolare coperto da una volta a botte cassettonata e concluso con un'abside semicircolare. Il catino dell'abside è occupato da una conchiglia alla quale è sospeso,
tramite una catenella d'oro, un uovo di struzzo simbolo di vita e rinascita, ma anche di aspirazione alla purezza delle forme. Ai lati della composizione si notano i profili architettonici che indicano l'attacco della navata dopo il transetto in modo che lo spettatore possa così immaginare il proseguimento dell'architettura oltre i limiti del quadro.
In quest'opera Piero della Francesca mostra un perfetto utilizzo della prospettiva e soprattutto l'accordo tra luce-forma-colore. La luce infatti scintilla sui profili e particolari architettonici, sulle perle, sui coralli e i cristalli, sulle stoffe e l'armatura del duca dove si riflette con un effetto spettacolare una finestra che non si vede. Questa indagine e minuzia per la resa degli effetti illuministici e dei particolari denota la grande conoscenza e l'apprezzamento di Piero della Francesca per la pittura fiamminga.
La matrice pierfrancescana e urbinate influenzerà profondamente le
opere di MELOZZO DA FORLÌ e LUCA SIGNORELLI alla fine del secolo.
MELOZZO DA FORLÌ
Fu un allievo di Piero della Francesca ad Urbino da cui riprese la rappresentazione di figure monumentali rese attraverso colori limpidi e una luce chiara. Allo stesso tempo fu influenzato anche da Mantegna per gli studi sulla prospettiva e sull'illusionismo prospettico.
- Sisto IV che conferisce al Platina la carica di prefetto della Biblioteca vaticana. L'architettura monumentale nella quale si svolge la scena richiama sicuramente la Pala Montefeltro di Urbino, seppur calata in una dimensione più reale rispetto all'opera di Piero della Francesca.
- Sagrestia di San Marco nel Santuario della Santa Casa di Loreto (1477). Melozzo venne chiamato insieme a Luca Signorelli per la decorazione di due sagrestie gemelle nel santuario di Loreto. Melozzo progettò la sagrestia di San Marco. Un'architettura bianco ed oro accompagna la struttura.