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VIRTU’ RAZIONALI E VIRTU’ MORALI
Dell’anima Aristotele compie una trattazione sistematica nel De Anima, una delle opere afferenti alla Fisica
(come si è detto, anche la nostra odierna psicologica ricade nel mondo fisico per gli antichi). L’anima viene
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definita come “atto primo di un corpo che ha la vita in potenza” , l’anima attualizza, dà forma alla materia
corporea. Inoltre, l’anima è una sola, ma possiede diverse funzioni, principalmente tre: anima vegetativa
(presiede a tutte le attività biologiche strictu sensu come il nutrimento la crescita e la riproduzione); sensitiva
(presiede al movimento, e ciò che ci muove è il desiderio, l’infinita gamma delle passioni che caratterizza la
nostra vita) e infinte anima razionale (la facoltà intellettiva, posseduta unicamente dall’essere umano e
caratteristica che lo identifica in quanto tale).
L’anima sensitiva ed il desiderio che le afferisce, e l’anima razionale sono il teatro in atto delle virtù, sede
rispettivamente delle virtù morali ed intellettuali la cui trattazione avviene nelle Etiche.
In senso più letterale la virtù, l’”areté” è la perfetta realizzazione del proprio compito, un martello è virtuoso se
pianta perfettamente il chiodo. In senso etico Aristotele, dopo aver distinto fra pathé (passioni), dynameis
(facoltà) e hexeis (stati abituali), fa rientrare le virtù in quest’ultima categoria. Nell’anima sensitiva troviamo le
virtù morali, che corrispondono al giusto mezzo, rispetto cui dunque si danno due estremi, entrambi sbagliati a
diverso titolo. Il giusto mezzo non è la media matematica; è un giusto mezzo rispetto non alla cosa, bensì
“rispetto a noi” (“pros emas”): il giusto mezzo è un segmento non un punto, non è stabilito una volta per tutte
per tutti e va calcolato in base a ciò che siamo in una data situazione. Il giusto mezzo viene calcolato dalla
phronesis, che conduce ad una proairesis.
Rispetto al provare un certo pathos noi non siamo responsabili, il pathos è neutro moralmente -sarebbe come
essere cattivi per il provare freddo; tuttavia, ciò che è connotato moralmente è il modo con cui noi rispondiamo
al pathos, noi siamo responsabili non del provare le passioni ma della loro amministrazione e del modo in cui
agiamo sulla scorta di esse. Siamo responsabili del provare correttamente le passioni. Esistono dunque molte
virtù morali, molti modi corretti di rapportarsi alle passioni.
Le virtù intellettuali differiscono in base alle articolazioni dell’anima razionale: da un lato abbiamo il “nous”
(l’intelletto), l’”episteme” (la scienza) e la “sophia” (sapienza) che afferiscono alla parte scientifica dell’anima
razionale ed hanno per oggetto l’eterno e l’immutabile; dall’altro abbiamo, appunto, la “phronesis” (saggezza),
e la “techné” (tecnica) che si muovono a livello del contingente e del mutevole. La saggezza, dunque,
appartiene alla parte “bassa” dell’anima razionale – detta anche “calcolatrice” - ma si applica al livello
dell’anima sensitiva, stabilendo il giusto mezzo fra due eccessi passionali. È la saggezza, virtù intellettuale, a
rendere possibili le virtù morali.
La sapienza, in sé il bene più alto e garante della massima felicità concessa agli umani; per noi può essere in
eccesso, e per la nostra vita può essere inutile o addirittura dannosa. La theoria “può farci male alla salute”: non
vi è contraddizione, tutto dipende dal punto di vista, dalla lente che appongo al mio sguardo, in una perfetta
multifocalità. Platone, nell’Ippia Maggiore si chiede se sia meglio l’oro o il legno. La risposta, direbbe
Aristotele è: dipende (anzitutto dall’uso che ne devo fare). Una stessa realtà può essere ottima oppure pessima
da punti di vista ed in situazioni differenti, non si tratta dunque di relativismo.
“Metodo” deriva del greco “meta odos”, letteralmente “andare lungo la via”. Nel metodo ciò che guida la mia
ricerca è l’oggetto, ed ogni scienza possiede oggetti di riferimento diversi e dunque metodi diversi. Nel caso di
Aristotele si è parlato di “dipartimentalismo metodologico ed epistemologico”, Aristotele è uno straordinario
classificatore del reale, egli distingue, senza separare mai del tutto. I vari ambiti disciplinari, le varie scienze
10 Aristotele, De Anima, II, 1, 421 a 19-21 7
possiedono un grado di maggiore o minore precisione e pretendono dunque gradi di rigore scientifico diversi:
un discorso intorno ai numeri è più semplice, più esatto di un discorso riguardante gli uomini, il cui mondo è
mutevole e mai deducibile con assoluta certezza. L’ ambito etico o politico, oppure retorico, sono complessi e
sfaccettati e per questo a loro si applica maggiormente un metro più duttile, che come il regolo di piombo - che
si adegua alla superficie delle colonne, abbraccia la realtà cogliendole nella sua multidimensionalità.
In secondo luogo, Aristotele è estremamente attento al concreto, al mondo fisico, ai “phainomena”. I “logoi”, i
discorsi, specie se si applicano ai fenomeni della natura, sono veri quando confermati sul piano dei fatti (De
Interpretatione): tra il piano logico ed il piano fattuale, la preminenza l’ha quest’ultimo.
Secondo Aristotele, la teoria di Socrate per cui solo ignorando il bene si compie il male (intellettualismo etico)
è falsa: vi sono persone che, nei fatti, si comportano male pur conoscendo cosa è il bene. È il caso, ad esempio,
di coloro che sono affetti da akrasia, ossia mancanza di auto-controllo. Sono questi individui scissi, lacerati fra
la ragione che è in grado di vedere il bene, ed il desiderio che li tira in direzione opposta.
La verità si costruisce insieme
Accanto ai phainomena e ai logoi -veri solo se confermati sul piano ontologico; abbiamo gli “endoxa”, ossia le
opinioni condivise di persone assennate, sagge. Aristotele nei Topici ci dice come occorra indagare su una
questione non solo in base al ragionamento logico, ma anche in base a ciò che altri uomini, altri filosofi illustri
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dicono su di essa . L’apparenza, i fatti e l’endoxa si saldano insieme divenendo imprescindibili per l’impresa
conoscitiva, e si legano in Aristotele alla sfera della dialettica, definita “exetastiké”, indagatrice, da “exetasis”,
ossia il vaglio critico, la messa alla prova. Il porsi in ascolto delle opinioni altrui, anche se e soprattutto quando
differiscono dalle proprie è fondamentale per il percorso conoscitivo e per la crescita personale. La dialettica ha
così validità sia nell’ambito retorico-comunicativo sia nell’ambito più strettamente scientifico. La capacità di
giudizio dipende in definitiva dall’osservazione dei phainomena e dal confronto fra posizioni apparentemente
inconciliabili, e dunque da una loro attenta disamina. La pietra di paragone attraverso cui saggiare la veridicità
di una opinione è il pragma, il mondo fattuale, il punto d’avvio e di arrivo di ogni ricerca poiché il fine ultimo è
spiegare la realtà fenomenica. Il fenomeno è comunque un criterio più forte rispetto a ciò che elaboro
logicamente.
La verità, per Aristotele e per tutto il mondo greco, si costruisce insieme, e la filosofia nasce «d’improvviso
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nell’anima dopo un lungo periodo di discussioni sull’argomento e una vita vissuta in comune» . Da un lato il
pensiero greco è fortemente “agonistico”, nasce dal dibattere insieme intorno ad uno stesso tema, dall’altro, in
senso più generale, ciò testimonia l’importanza dell’alterità e dell’amicizia per la conoscenza e per la vita. Il
“sumphilosophein”, il fare filosofia insieme è fondamentale per la costruzione di ogni teoria scientifica e per
l’edificazione di una vita felice.
Infine, Aristotele è da un lato ottimista e democratico nell’affermare la possibilità di raggiungere il vero da
parte degli esseri umani, dall’altro consapevole dei nostri limiti conoscitivi. L’ascolto delle opinioni altrui e la
discussione sono cruciali proprio in virtù di questa costitutiva limitatezza. D’altra parte, la fenomenologia
dell’esistenza, nella sua incostanza e variabilità impedisce di parlarne con assoluto rigore scientifico e cogente
certezza, come accade in altre discipline come la matematica. Noi non siamo numeri. Per quanto concerne la
realtà umana, da un lato occorre “accontentarsi” dell’eikos, ossia del verisimile e del probabile, occorre
accettare che la verità venga mostrata approssimativamente e a grandi linee, per quanto possibile (“kata ton
dunaton”). È infatti proprio di una persona istruita ed assennata ricercare un grado di precisione tale quanto lo
11 Cfr. Aristotele, Etica Nicomachea I, 8 1098b 9-11
12 Platone, Lettera Settima, 341 C-D 8
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consente l’oggetto ricercato . Applicare un metodo univoco a oggetti indagati di natura diversa è
controproducente e poco saggio. Piuttosto, Aristotele e più in generale tutto il mondo greco invitano a
diversificare i metodi d’indagine al fine di comprendere meglio realtà diverse, la verità può essere raggiunta
tramite percorsi anche molto diversi, ad esempio, tramite un metro rigido per le verità scientifica e tramite il
regolo di piombo per le realtà umane. È questo uno straordinario esempio di multifocalità.
Il tema dei desideri e dei bisogni è sondato ampiamente dalla filosofia sin dalle origini, gli epicurei distinguono
fra desideri naturali e necessari, naturali ma non necessari e quelli non naturali né necessari, assolutamente da
aborrire.
Nel primo libro della Metafisica Aristotele dice che: “tutte le altre scienze saranno più necessarie di questa, ma
superiore nessuna”, tutte le altre scienze sono più utili, ma la metafisica è superiore. La filosofia non si occupa
dell’ambito del necessario. Già Platone definisce necessari quei desideri che non si possono eliminare, perché
eliminandoli muore l’essere umano – mangiare e bere; oppure la sua specie – relativamente al desiderio
sessuale. Dunque, come abbiamo visto, in un primo senso la filosofia non è necessaria come il mangiare, il bere
od il riprodursi, non è “anankaion” (utile e necessario), non è cioè qualcosa che vincola, costringe p