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1: ESTETICHE E POLITICHE RELAZIONALI
nella proposta di bourriaud, l’estetica relazionale è un modello molto simile al gusto post-storico dal
punto di vista discorsivo e politico. per approfondire questo concetto bisogna analizzarlo.
in modo superficiale quest’estetica è stata istituzionalizzata come un’analisi liberale dell’arte: in
questa prospettiva viene considerata come una sorta di estensione sociali che agisce laddove le
istituzioni e le strutture statali non arrivano. in questo senso significa riconoscere all’arte il suo ruolo
sociale che già le avanguardie storiche avevano avanzato.
il 1969 a Torino è un esempio perfetto per mostrare l’efficacia dell’arte sociale in pieno antagonismo
politico. quindi potremmo dire che l’estetica relazionale fonda nel suo fine la creazione di un senso di
comunità, raggiunta solo tramite l’utilizzo dell’arte (e il suo potere politico intrinseco).
Ranciére parla di svolta etica; agendo sul piano dell’estetica e della politica, una svolta
significherebbe che allora l’arte si stia sottomettendo alle pratiche estetico-politiche ai valori dell’etica.
l’estetica coincide invece con l’abilità di pensare la contraddizione produttiva della relazione
arte-cambiamento sociale.
il rapporto tra pubblico - estetica - politica è cruciale anche per Claire Bishop e anche lei contesta
l’assunto secondo cui le opere di natura relazionale siano necessariamente politiche. al contrario
questi sono estremamente vari e molto spesso non hanno dirette conseguenze sulla politica.
Marco Baravalle invece ha portato all’attenzione “alter-istitutional turn”, ossia una strategia volta a
sfuggire alla condizione di sottomissione politica di cui parla Ranciere ed evitare la seduzione
populistica di cui parla Bishop.
sta cercando una pratica che, con la definizione di ciò che è comune in una comunità e introducendo
soggetti e oggetti nuovi in uno spazio condiviso, permetta all’arte di instaurare una nuova relazione tra
estetica e politica.
gli spazi che si cercano sono alter istituzioni che ora diventano il luogo della sperimentazione.
all’origine la questione del sociale doveva apparire radicalmente democratica rivolta a soggetti esclusi
o resi invisibili dal processo di produzione e fruizione culturale.
vediamo quindi da questo discorso come la ricerca di nuove forme e la radicale sperimentazione
avesse dirette influenze dal contesto sociale. è il caso dell’Italia degli anni ’60 in cui la scena
performativa era sismografo dei conflitti che si consumavano nella società.
allo stesso tempo, il rigonfiamento di attenzione alla sfera biologica, affettiva e politica avevano
determinato un’accelerazione fortissima alle battaglie sull’uso della vita. in queste battaglie ebbe un
ruolo fondamentale la consapevolezza di agire nei margini.
2: MARGINI
Giuliano Scabia descrive di una incontro che ebbe nel ’68 in un albergo in disuso a Milano. Grassi, il
fondatore del piccolo teatro, era lì a trovare gli occupanti, dall’aspetto tanto irriconoscibile da
sembrare quasi finti.
questi sono gli anni in cui l’analisi delle marginalità si sviluppa in una pratica decisiva per la ricerca,
quella delle inchieste sociali.
il lavoro di inchiesta diventa un campo attraversato dalle tensioni del mondo subalterno tesa a
incrementare la lotta contro la condizione di marginalità e contribuire per un possibile riscatto politico.
Gramsci nei quaderni del carcere raccoglie proprio la centralità di una nuova metodologia e una storia
delle classi subalterne. al raggiungimento dello scopo intervengono anche altre strategie gramsciane
proprio per una radicale trasformazione sociopolitica.
Gramsci si concentra molto sulle strutture sociali del sud italia: le frequenti emigrazioni hanno
comportato mutamenti radicali nel rapporto di potere tra neocapitalismo e rivendicazioni operaie, oltre
a trasformazione dell’ambiente dell’avanguardia scenica.
procedendo sul pensiero di Gramsci riguardo la subalternità, Hooks ha descritto il posizionamento nei
margini in forma di elogio. si va oltre la forma artistica: non si “spera di perdere” la marginalità ma si
vuole trasformare questa marginalità in un luogo a cui restare attaccati e fedeli.
ecco allora la creazione di spazi alter-istituzionali come fu il beat 72 a roma o la mensa dei bambini
proletari a napoli.
in questi luoghi si intrecciano due tipi di marginalità:
● sociale: dei soggetti che in qualche modo vengono attratti verso la scena d’avanguardia
● scelta: una marginalità eletta a luogo di resistenza
3: UNA PERFORMANCE PER L’AUTUNNO CALDO
così dai margini si andava via via formando la politica del decentramento.
in principio si trattava di un’idea di entrare con spettacoli “popolari” nei quartieri periferici, anche se
dall’inizio fu considerato un escamotage per ingaggiare un nuovo pubblico.
il decentramento tentato dallo stabile torinese fu un caso particolare, innanzitutto per il periodo, il
luogo e l’impianto comunitario.
la popolazione torinese era cresciuta a dismisura in pochissimo tempo anche per via della continua
richiesta di manodopera della fiat.
Scabia arrivò proprio nel periodo in cui stava arrivando “l’autunno caldo”: il più massiccio movimento
di scioperi della storia occidentale. (le cui lotte segnato un’avanguardia del movimento).
uno dei quartieri, Miraifori, divenne il simbolo di questa situazione: operai fortemente autonomi da
partiti e sindacato.
le prime ondate di scioperi si concentrarono tra febbraio e maggio ’69, in giugno si aggiunse anche la
rivolta studentesca; fu proprio questo che permise un salto qualitativo del potenziale delle lotte, infatti
fu in questo momento che il termine “classe operaia” entrò prepotentemente nel lessico e nelle prassi
politiche. successivamente vi si aggiunsero le lotte per la casa, con grandissima partecipazione
femminile.
in particolare bisogna ricordare il 3 luglio: il culmine della rivolta avvenuto in corso Traiano.
intanto, al teatro stabile di Torino, vengono chiamati Fadini, Morteo e Notario a dirigere il progetto sul
decentramento. Scabbia si trovò quindi a lavorare con un gruppo di ricerca composto da attori e
collaboratori. si tratta di un progetto completamente nuovo e pone le basi problematiche di ciò che
sarà poi “animazione”, “arte relazionale”, “arte sociale”*.
*questi 3 termini perché il suo lavoro all’epoca venne considerato come una sorta di embrione di
ciascuno di questi termini.
Scabia lavora con i membri della collettività senza pareggiare le loro particolarità, ma usa il teatro
come medio estetico. se il lavoro scenico rimane pur sempre qualcosa di qualitativamente elaborato
ed artistico, viene allora utilizzata l’assemblea per discutere a riguardo.
si trattava di un’assemblea aperta a tutti gli abitanti dei quartieri che riprende la forma speciale
dell’assemblea alla fiat.
la fonte primaria di questo percorso di decentramento è il diario di scabia in cui deposita impressioni,
progetti e costruzioni del lavoro. nel lavoro a mirafiori sud il diario registra come l’assemblea avesse
deciso di mettere in scena un’azione teatrale sui fatti di corso Traiano* (che subito fu motivo di
scontro con la direzione dello stabile visto l’argomento ancora caldo.
*in quel giorno il corteo aveva mobilitato migliaia di manifestanti ed era degenerato presto in un
battaglia esplosa; aveva condotto a un processo in cui era stata riconosciuta la legittimità morale delle
manifestazioni operaie .
a partire da questa memoria vediamo in scena la rappresentazione dei fatti e dell’immaginario
collettivo del quartiere, rappresentata da alcuni membri dell’”attivo teatro”, il gruppo composto da
abitanti del quartiere, operai, studenti e impiegati.
per quanto riguarda i materiali invece si tratta di interviste fatte ai partecipanti.
non si tratta solo di un lavoro di re-enactment del processo perché la scena di 600.000 (titolo
dell’azione teatrale) è abitata anche da raffigurazioni stilizzate di potere.
questa scelta avrà conseguenze importanti, inquadrando la maniera in cui le pratiche e le forme di
visibilità della performance intervengono per rendere conoscibile il mondo.
ANCELLE AGIT PROP
“Non una di meno” è stato un movimento condotto in italia dal movimento femminista per contrastare
le politiche pro-life del fondamentalismo cattolico. abbiamo quindi un altro esempio di come la
performatività si integra con sociale e politico.
in questo studio una parte importante è coperta dai “performance studies” i quali si occupano della
cultura incorporata e in azione non solo negli spazi dell’aggregazione fisica ma anche in quelli
dell’aggregazione virtuale.
1: LE METAMORFOSI DELLE ANCELLE
italia, primavera 2018: vanno in onda le puntate della seconda stagione di “the handmaid’s tale”, tratta
dall’inquietante romanzo dispotico di Margaret Atwood.
protagoniste delle serie sono offred e le sue compagne, le poche donne ancora fertili, di cui gli uomini
si servono per portare avanti la specie del regno di Gilead. la serie racconta la loro vita e i loro
tentativi di resistenza.
le ancelle valicano i confini della fiction e irrompono nella società italiana. la loro efficacia è dovuta ad
alcuni tratti semplici ed estremamente riconoscibili della serie tv: la lunga tunica rossa e un copricapo
bianco.
le prime ancelle si videro in piazza duomo a Milano e per via della loro facile riproducibilità assicurò
loro operazioni veloci e flessibili. immediatamente le altre attiviste italiane adottano lo stesso sistema.
sui social la figura diventa subito virale.
le ancelle sono così diventate protagoniste delle tattiche e delle strategie performative che hanno
caratterizzato la comunicazione di “non una di meno”.
come e perché sono state scelte le ancelle? cosa ci insegnano dalla creatività sociale?
2: AGENCY: NON UNA DI MENO E I REGISTRI DEL PERFORMATIVO
#nounamenos rimanda a uno dei più importanti movimenti attivisti della contemporaneità, connesso ai
collettivi femministi e queer in tutto il mondo.
il movimento ha preso corpo in argentina nel 2015 per poi propagarsi tramite massicce mobilitazioni
contro i femminicidi.
le modalità predilette sono di tipo agit-prop (agitazione e propaganda) dimostrando tempestività di
intervento, flessibilità ideativa e organizzativa.
una delle testimoni dichiara che lo scopo è fare azioni che siano ampiamente partecipabili da tutti;
sono azioni creative che non potrebbero in alcun modo mettere in difficolt&ag