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Carmelo Bene: l'attore artifex
Negli stessi anni Carmelo realizza una compagnia che è analoga alla tradizione capocomicale e per certi versi è anche un suo solco, molti degli attori che reciteranno con l'artista resteranno con lui come per esempio: Lydia Mancinelli (la quale lavorerà con lui a spettacoli come Pinocchio) o Luigi Mezzanotte. Loro e la restante parte del gruppo vivevano la compagnia di Bene in un'amicizia teatrale e una guerra culturale, uniti dal non voler buttare via nulla della tradizione.
Il concetto di attore artifex. Lui stesso si definisce un attore artifex e propone questa figura come unica forma di attore possibile. La corda teorica di Bene è molto forte. Egli è essenzialmente un uomo di teatro che viveva sul palcoscenico. Carmelo Bene era un attore che concepiva la scena antitetica, rispetto a come era organizzato il teatro, negli anni in cui egli esordì. Rifiutava l'idea di regista come figura esterna alla scena, che stava dietro le
quinte. Rifiutava l'idea di teatro come messa in scena di un testo ("io non mi metto in scena, io mi tolgo di scena"). Quindi propone l'idea di attore artifex ossia il superamento stesso della figura di regista e di attore a favore di una sintesi tra i due, dove l'attore si fa "artifex", ovvero "artefice". Questo concetto è istintivo nel modo stesso che ha Carmelo Bene di essere attore, perché il suo vissuto lo ha portato all'ideazione e allo sviluppo di questo modo di pensare il suo mestiere. costruito e meditato attraverso letture molto ampie e una cultura vastissima. Il suo proporsi come attore artifex è frutto della maturazione di un'esperienza, che lo ha portato ad un rifiuto del teatro ufficiale. Un testo particolarmente significativo è La voce del Narciso (1982) si colloca tra la prima e la seconda fase della sua vita artistica. È un libro estremamente difficile da leggere, maè uno dei punti più significativi dellasua teorizzazione sul teatro e sull'attore.In questo libro esprime la sua contrarietà nei confronti della rappresentazione intesa come "spettacoloconfezionato".Nel 1998 scrive una sorta di autobiografia, la sua seconda (la prima la scrisse all'età di 40 anni), VITA DICARMELO BENE (1998) è una sorta di percorso a ritroso della sua vita sotto forma di intervista, gestita da Giancarlo Dotto.In questo testo, egli parla in maniera negativa della propria gioventù e del proprio percorso artistico prematuro,valorizzando ciò che stava facendo in quel momento o comunque ciò che era stato fatto negli anni appenaprecedenti.Questo atteggiamento autocritico e fortemente liquidatorio nei confronti dei suoi primi lavori, lo caratterizza.Fase iniziale fase meno documentata del lavoro di Carmelo Bene. Lavorava con un gruppo fisso, in una dimensione abbastanza collettiva (non ailivelli del Living Theatre) Salvatore Vendittelli, Alfiero Vincenti, Lydia Mancinelli…Anni ‘80-’90 tende a lavorare da solo in scena o con attori che fanno da elementi di scena (il rapporto con le altre figure è un pochino più spigoloso). Pinocchio 1998 lo porta in scena insieme a Sonia Bergamasco, la quale ha un ricordo formativo straordinario di Carmelo Bene. Servizio televisivo del 1967 Bene è all’apice del suo momento dell’enfant terrible all’interno del teatro Beat 72, teatro piccolo in un edificio non adibito al teatro infatti i posti per gli spettatori, erano dei banchi da scuola, ciò serviva per mettere in difficoltà lo spettatore. Carmelo Bene, recita l’Amleto e negli anni ‘60 non recita solo in teatri convenzionali. L’esordio del 1959 è in un teatro convenzionale ha un equilibrio tra tradizione e innovazione. È un Carmelo Bene un po’ acerbo, cerca già di provocare.
L'Amleto di Carmelo Bene è una riscrittura di Shakespeare, in cui si può cogliere un forte elemento parodico (Ofelia malmenata da Amleto, rovesciamento del rapporto tra i personaggi, scena di Amleto sulla tomba di Ofelia con sottofondo di canzoni popolari, mescolamento del registro alto/basso, comico e tragico, elemento parodico-grottesco).
Accanto all'attore artifex, c'è quello che lui chiama "non attore", forma di negazione dell'attore in scena.
Nel teatro di Carmelo Bene non ci troviamo mai di fronte ad un attore carismatico che riprende gli avanziespressivi e tecnici del grande attore, per riproporre semplicemente così com'è, ma invece per contrapporsi alla scena teatrale coeva.
Per lui, recuperare la tradizione del grande attore, attore artifex, creatore e figura centrale, sta sempre insieme ad un elemento di contraddizione fortissimo, la negazione dell'attore sulla scena, l'attore che erode il terreno.
su cui lavora. Agisce con una parodia del grande attore, l'impossibilità di fare teatro nel teatro (è l'attore al tempo dell'impossibilità di rappresentare compiutamente qualcosa - Shakespeare, Carlo Cecchi...). Adorno ragiona sull'arte nel secondo '900, dicendo che nel tempo in cui l'arte perde la sua ovvietà, non ha grande posto nella società. L'arte reagisce strattonando come una catena, il concetto stesso di arte. L'arte, che nella società contemporanea non ha diritto o posto nella società, mette in discussione da sola la sua possibilità stessa di fare arte. Vittorio Gassman e Carmelo Bene che dialogano due attore molto diversi (Gassman è dentro al teatro di rappresentazione) ma con punti di contatto (difficoltà di rapporto con i registi, Bene è molto interessato a evidenziare quello che è il rapporto tra tradizione e innovazione - vuole sganciarsi dallaDefinizione di avanguardia, gli interessava far vedere che era un innovatore, ma che guardava alla tradizione). In rai negli anni '70 trasmissione dedicata a Gassman con brani di artisti che dialogano con l'attore (tra i quali c'è anche Bene). In quel momento Gassman non ha un rapporto semplice con i registi teatrali. Nell'intervista, parla dei punti di contatto con Gassman, definendosi, a differenza di Gassman, un attore artifex che è riuscito a sganciarsi dalla tradizione. Attore Eliogabalo si riferisce ad Eliogabalo, titolo di un romanzo di Artaud, che ha come tema, la dissoluzione dell'imperatore Eliogabalo distruzione dell'attore artifex- non attore. Negli anni '70, Carmelo Bene sceglie di esporsi ai media televisivi, per allargare il suo seguito. Negli anni '80, porta di nuovo Majakovskij a teatro avrà un seguito pazzesco. In quegli anni, si mette d'accordo con Eduardo De Filippo per fare un recital.
insieme.Bene recita Dante, e De Filippo faceva delle cose sue.In quegli anni fanno una lezione condivisa alla Sapienza d Roma (De Filippo ci lavorava).A inizio lezione, Bene aveva appena enucleato una serie di difficoltà burocratiche per chi fa teatro una➞studentessa gli chiede di rimanere e fare da insegnante e di continuare a far teatro. Lui sposta il discorso dalpiano organizzativo, al piano artistico sulla necessità degli impedimenti dell'attore in scena, proponendoEduardo De Filippo come esempio.La necessità dell'attore di porsi degli impedimenti alla fluidità della rappresentazione appositi sulla scena.Complicarsi la vita anche in scena, imbrogliarsi in scena, l'io lacerato, complicare la vita dell'attore inpalcoscenico (summa più importante che De Filippo ci lascia).Sbarazzarsi della mise en scène a favore di chi toglie la scena modo per contrapporsi anche nei termini➞utilizzati al lavoro del regista.Lui non
mette mai in scena un testo così com'è, non ci sono spettacoli dove ci sia una restituzione canonica di un testo, c'è sempre un'asportazione di alcune parti di testo. L'attore lavora per togliersi dalla scena platealmente sulla scena. Bene guarda con disprezzo i gruppi romani che maturano negli anni '60 (essi impostano la scena seguendo l'avanguardia). Il percorso artistico di Bene è diviso in 3 fasi:
- Amleto
- Majakovskij
- Nostra Signora dei Turchi
La forma parodica è presente insieme al grottesco nella prima fase, nella seconda si attenua. Egli non vuole dissacrare l'opera, ma solo raggiungere la parte più profonda.
Amleto
L'opera di partenza è uno spunto nel quale si crea un discorso che si conclude da ciò che si origina, così facendo Carmelo Bene crea una nuova partitura scenica. Il testo viene smembrato, tagliato e rimontato mescolando fonti letterarie diverse come:
Shakespeare● Laforgue● Joyce● Gozzano● Freud
E’ una tragedia e il teatro serve per mostrare il marcio.
Una delle ossessioni di Amleto, ritorna frequentemente nel suo percorso (come Pinocchio).
Presenta diverse edizioni, teatrali, radiofoniche e televisive…
Il testo viene molte volte rivisitato e mai allo stesso modo non c’è mai la messa in scena tradizionale di➞Amleto, ma viene riscritto. Per Pinocchio la riscrittura è meno forte.
Non c’è un andamento psicologico, la trama può essere considerata antinarrativa.
Tutte figure schizzate (Ofelia, Claudio) Carmelo Bene le chiama situazioni➞Polonio è il ciambellano di corte, figura servile che rappresenta la mediocrità nell’amleto di Shakespeare, Carmelo Bene invece per realizzare il suo Polonio, a seconda dell’Amleto portato in scena, fa cose diverse, c’è solo una situazione univoca, che lo porta ad avvicinarsi a quella forma di mediocrità.
lo vede come un vecchietto (vecchio bacucco) con una berretta da notte che non fa niente durante lo spettacolo, se non entrare in scena con Gertrude (mamma di Amleto) sussurrando all'orecchio della donna brani dell'interpretazione dei sogni di Freud (spogliandola dei veli che lei ha addosso). Amleto ha il complesso di Edipo (non riesce a compiere vendetta). Quando pensa di aver capito cosa è successo, Amleto trafigge Polonio e fortifica il rapporto con la madre. Nel momento di vicinanza tra Gertrude e Amleto, i due parlano in francese. Carmelo Bene non ha nessun rispetto del testo di Shakespeare. Bene va direttamente al succo. Polonio attraverso Freud sta svelando qualcosa che c'è dentro l'opera teatrale e allo stesso tempo svela Gertrude, togliendole i veli. Nella scena teatrale sono sempre presenti dei bauli teatrali Polonio ci cade dentro quando viene pugnalato. Rappresenta l'avvio (gli attori che tirano fuori i costumi e si passano lecose)