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LE DISUGUAGLIANZE

Inasprimento delle disuguaglianze socio-economiche

Una questione al centro del dibattito politico e accademico negli ultimi anni è quella

dell’inasprimento delle disuguaglianze economiche e sociali nel mondo. La percezione

diffusa è quella di un aumento delle sperequazioni tra individui e gruppi sociali, e in modo

particolare delle distanze tra le fasce più ricche e quelle più povere della popolazione.

Crescita delle disuguaglianze non significa però necessariamente impoverimento,

soprattutto nei paesi in via di sviluppo: in Cina le disuguaglianze sono certamente

aumentate, giacché la crescita complessiva del paese ha diffuso benessere e maggiori

consumi anche in fasce sociali che in precedenza ne erano escluse. La disuguaglianza si

riferisce piuttosto alle distanze tra individui e gruppi sociali: è una misura relativa delle

condizioni economiche e sociali, non assoluta.

L’indice più utilizzato per misurare la disuguaglianza economica all’interno di una

determinata società è l’indice o coefficiente di Gini. Esso misura lo scostamento della

distribuzione dei redditi da una situazione perfettamente egualitaria e assume valori

compresi tra 0 e 1, dove 0 indica appunto la perfetta uguaglianza e 1 la massima

disuguaglianza: tanto più è basso il valore dell’indice, tanto più una società sarà egualitaria.

Le analisi sociologiche della disuguaglianza hanno ampliato la riflessione sull’argomento. Il

concetto di disuguaglianza sociale è più ampio di quello di disuguaglianza economica e fa

riferimento a disparità oggettive e sistematiche della capacità degli individui di ottenere

ricompense e privilegi, di influire sul comportamento altrui in modo che se ne producano

vantaggi per sé e per il proprio gruppo di riferimento e nella capacità di scegliere i propri

destini individuali e i modi della propria vita quotidiana.

La stratificazione sociale

I sociologi hanno studiato la disuguaglianza soprattutto in termini di stratificazione sociale.

Essa indica un ordinamento gerarchico di strati o gruppi sociali che godono di un accesso

differenziato a varie risorse socialmente desiderabili, come la ricchezza, il potere, il prestigio

sociale, tale per cui chi sta sopra è privilegiato rispetto a chi sta sotto.

Nelle diverse società varia però l’intensità delle differenze tra gli strati, quanto a dotazione di

risorse, nonché la permeabilità della separazione tra di essi.

L’assetto relativamente più egualitario delle società industriali rispetto a quelle agricole ha a

che fare con una distinzione: nelle società premoderne prevalgono gli status ascritti, fissati

dalla nascita e quindi immodificabili, mentre nelle società moderne aumenta l’importanza

degli status acquisiti, basati sul merito individuale e quindi modificabili grazie all’impegno e

all’iniziativa personale.

Questo non significa necessariamente una maggiore eguaglianza, poiché anche assetti

meritocratici possono generare severe sperequazioni, per di più giustificate razionalmente in

base all’eccellenza di chi occupa le posizioni privilegiate. Il riferimento ai meriti acquisiti

consente però quanto meno di togliere spazio e legittimità alle disuguaglianze più

intollerabili, perché basate su fattori ascritti, non razionalmente giustificati e non modificabili

con l’impegno individuale.

La sociologia classica ha prodotto influenti teorie della stratificazione sociale. La prima che

prendiamo in considerazione è quella di Marx, che ha introdotto il concetto di classe sociale.

Per Marx le classi si formano nella sfera economica, e più precisamente nei rapporti di

produzione. Essi nella storia variano, ma le classi fondamentali sono sempre due: quella che

possiede i mezzi di produzione e quella che, non possedendoli, si trova in una condizione di

dipendenza.

Nella società industriale moderna secondo Marx l’antagonismo di classe si semplifica e

raggiunge il culmine: la società si divide in due classi direttamente contrapposte: la

borghesia e il proletariato. Come sappiamo, per Marx la posizione di classe aveva

un’influenza pervasiva sulla mentalità, le credenze, gli stili di vita, gli atteggiamenti politici

degli individui. Per questo, le classi erano viste come soggetti collettivi in lotta fra loro,

capaci di mobilitarsi e agire sul piano politico in maniera unitaria.

Weber invece ancora una volta propone una visione più elaborata della stratificazione

sociale e dei conflitti che ne derivano. Oltre alla sfera economica, individua altri due ambiti

della differenziazione sociale: la cultura e la politica. Nella sfera economica, gli individui si

aggregano in classi sociali; nella sfera culturale, si formano i ceti; nella sfera politica, i partiti

o gruppi di potere.

Weber opera una distinzione tra “classe possidente” e “classe acquisitiva”. La prima si biforca

a sua volta in classe possidente privilegiata in senso positivo (redditieri, possessori di schiavi,

risorse e denaro) e classe possidente privilegiata in senso negativo (schiavi, proletari,

debitori, poveri). Anche la classe acquisitiva si divide in positiva e negativa: della prima fanno

parte i proprietari dei mezzi di produzione; della seconda fanno parte i lavoratori con diversi

livelli di qualificazione, che sono accomunati da rapporti di dipendenza nei confronti dei

datori di lavoro.

La formazione dei ceti avviene invece nella sfera culturale. I gruppi sociali si distinguono in

base allo stile di vita e al prestigio di cui godono. Tipicamente la condotta di vita derivante

dall’appartenenza a un ceto si esprime in alcune limitazioni nei rapporti sociali, giustificate

sulla base della tutela dell’onore di ceto. Tipiche dei ceti sono dunque pratiche di chiusura

sociale, che mirano a limitare la possibilità che altri individui entrino a far parte della loro

cerchia sociale.

I ceti tendono inoltre ad appropriarsi in maniera monopolistica di determinate aree di

attività o risorse economiche, sottraendole al mercato e alla concorrenza. In questo caso

secondo Weber i ceti sono spesso costituiti nel loro nucleo da classi possidenti: la

formazione dei ceti con le loro regole di vita si collega ai processi di stratificazione su basi

economiche.

La stratificazione sociale in questione

Diversi studiosi si sono posti quindi la domanda della giustificazione delle disuguaglianze in

termini di reddito e riconoscimento sociale, pensando in modo particolare al differente

trattamento delle varie occupazioni lavorative. Le società per funzionare hanno messo a

punto una divisione del lavoro, che è diventata particolarmente elaborata in epoca moderna.

Poiché non tutte le occupazioni hanno la stessa rilevanza e richiedono lo stesso livello di

competenze e di impegno, è necessario che le posizioni più decisive vengano presidiate dagli

individui più capaci. Occorrono però degli incentivi per spingerli ad assumersi quelle

responsabilità, per questo la società tende a premiare con vari tipi di ricompense chi svolge i

compiti più impegnativi e socialmente necessari.

Una questione per diversi aspetti collegata a quella dell’equità riguarda lo squilibrio o

incongruenza di status. Concezioni polidimensionali della stratificazione sociale implicano un

problema: una persona può trovarsi in una condizione di squilibrio tra la posizione che

ricopre nella suddivisione della società su basi economiche e quella che invece occupa nella

scala di prestigio sociale, del potere, dell’istruzione (es. ricchi ma ignoranti, rozzi; in questi

casi una posizione elevata nella suddivisione economica non corrisponde a un

riconoscimento analogo nella distribuzione del prestigio sociale. Parliamo allora di

incongruenza o squilibrio di status).

La mobilità sociale

Un altro tema molto frequentato dalla ricerca sociologica è quello della mobilità sociale,

ossia della possibilità per un individuo di passare da una posizione a un'altra nella struttura

della stratificazione sociale.

L'approccio più influente degli ultimi decenni allo studio della mobilità sociale è quello del

sociologo britannico Goldthorpe, che ha proposto e gradualmente perfezionato uno schema

di classificazione delle posizioni occupazionali tuttora molto utilizzato. Lo schema si basa su

due criteri: la posizione di lavoro e la situazione di mercato. Il primo criterio fa riferimento al

posto degli individui nell'ambito dell'organizzazione per cui lavorano. Si identificano quindi

tre grandi gruppi: gli imprenditori, i lavoratori autonomi senza dipendenti, i lavoratori

dipendenti.

La situazione di mercato fa invece riferimento all’insieme delle ricompense che derivano

dall'occupazione svolta. Su di esse incide la concorrenza e la regolazione pubblica.

Incrociando i tre grandi gruppi derivanti dalla posizione di lavoro con la situazione di

mercato e con il settore economico, Goldthorpe e colleghi sono pervenuti alla formulazione

di uno schema che sul divide la struttura occupazionale in quattro raggruppamenti maggiori:

la classe di servizio, la classe impiegatizia ordinaria, la piccola borghesia autonoma, la classe

dei lavoratori manuali dipendenti. Questi raggruppamenti comprendono sette classi

occupazionali, che diventano undici con alcune disaggregazioni per livello e settore

economico. In ogni caso, a partire da schemi come questo, gli studi sulla mobilità sociale

analizzano i cambiamenti occupazionali delle persone, ritenuti l'indicatore più efficace della

posizione degli individui della stratificazione sociale.

La mobilità sociale però assume forme diverse. Notiamo anzitutto che può essere orizzontale

o verticale; orizzontale nel caso di passaggio da una posizione un'altra di pari livello sociale;

si parla invece di mobilità verticale quando lo spostamento comporta una discesa oppure

una salita nella scala sociale.

La mobilità può essere Inoltre intragenerazionale o intergenerazionale. La prima riguarda la

carriera di una persona nell'arco della sua vita lavorativa, i suoi spostamenti nella

stratificazione sociale; la seconda confronta invece i risultati raggiunti dai figli con la

posizione sociale dei padri.

Quest'ultimo esempio rivela in realtà alcuni problemi. Uno riguarda il genere: traduzione in

mente si è fatto riferimento alla posizione del padre come quella più influente per

determinare la posizione dell'intera famiglia nella stratificazione sociale. La scelta si

giustificava in epoche in cui le donne sposate erano meno coinvolte in occupazioni extra

domestiche. Oggi invece sempre più donne lavorano fuori casa ed è sempre meno raro il

caso che abbiamo occu

Dettagli
A.A. 2023-2024
51 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ilariamiraglia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Solera Cristina.