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VEBLEN: IL CONTROLLO DELL’IMPRESA SULL’INDUSTRIA
Veblen si è principalmente occupato del rapporto conflittuale tra l’azienda e l’industria.
Infatti, per quanto possano sembrare sinonimi, Veblen individua un forte contrasto, e per la
precisione un vero e proprio conflitto interno: mentre lo sviluppo dell’industria porta a una
produzione sempre maggiore, gli interessi dell’impresa spingono a limitare la produzione per
mantenere alti i prezzi ed i profitti.
Il consumo vistoso e il tempo libero
Veblen ha creato un’innovativa teoria del consumo: sosteneva che la vera motivazione che ci
spinge a consumare una varietà di beni non è la sopravvivenza, ma la creazione di robuste
fondamenta che reggano le distinzioni, che attivano l’invidia, tra gruppi di persone.
Il possedere beni rari porta a un innalzamento nello status di chi li possiede: in altre parole,
la classe agiata si dedica a un consumo vistoso.
Nel scegliere quali beni consumare, le persone delle altre classi sociali finiscono con
l’emulare il comportamento della classe agiata che si trova al vertice della gerarchia della
stratificazione, o quanto meno, gran parte degli individui che non si trovano in cima alla
piramide sociale tendono se non altro ad imitare gli acquisti di chi si trova subito al di sopra
nel sistema di stratificazione.
Veblen distingue inoltre tra consumo vistoso e tempo libero, che in quanto uso non
produttivo del tempo rappresenta un primo modo per creare distinzioni tra le persone. Nel
mondo moderno è più probabile che le élite si dedichino al consumo vistoso che non al
tempo libero perché il primo è più visibile, e la visibilità è cruciale al fine di aumentare il
proprio prestigio e suscitare l’invidia da parte degli altri. È più probabile che venga notata
una persona alla guida di una Ferrari che non una che passa ore di fronte alla televisione.
L’impresa
I primi leader erano tendenzialmente imprenditori con una formazione da ingegneri,
costruttori, commercianti, o manager finanziari, che spesso avevano accumulato capitali
contribuendo in modo diretto alla produzione (industria). Oggi invece i capitani d’impresa
sono pressoché esclusivamente occupati a gestire problemi di natura finanziaria e non
guadagnano più il proprio reddito in senso proprio, perché la finanza non dà contributo
diretto all’impresa.
Un ulteriore sviluppo riguarda la routinizzazione delle questioni finanziarie, e, di
conseguenza, la cessione della gestione di queste operazioni a grandi organizzazioni
finanziarie. Di conseguenza il capitano d’impresa si riduce a intermediario tra il mondo
dell’industria e quello della finanza, avendo peraltro ben poca conoscenza concreta di
entrambi.
L’impresa è definita da un approccio eminentemente pecuniario ai processi economici:
ovvero, l’interesse prevalente è il denaro. L’obiettivo d’impresa è orientato non tanto
all’interesse della comunità in generale, quanto al profitto dell’organizzazione; l’occupazione
di chi possiede un’impresa è tendenzialmente orientata all’acquisizione e alla proprietà.
L’industria
L’industria ha a che vedere con la comprensione e l’utilizzo di procedure meccaniche di tutti i
tipi su larga scala. Un orientamento industriale è associato a coloro che si occupano della
produzione e della lavorazione: è quindi più probabile che siano le classi operaie, impegnate
in questo tipo di attività, a riflettere questo tipo di orientamento.
L’industria è controllata dai capitani d’impresa, il cui interesse principale è quello di limitare
la produzione impedendo che il sistema produttivo operi liberamente, autoregolandosi, in
modo tale da mantenere i prezzi (e quindi i profitti) più alti possibile.
Veblen suggerisce che sono i leader d’impresa i primi responsabili delle depressioni
economiche: essi spingono a ridurre la produzione perché sentono che sotto certe
condizioni del mercato non riuscirebbero a ricavare dai beni prodotti ciò che emotivamente
considerano un profitto ragionevole. Tuttavia, il sistema industriale è così efficace ed
efficiente che consente comunque ai capitani d’impresa e agli investitori di trarre enormi
guadagni.
Il sistema industriale moderno è così produttivo che offre guadagni che vanno ben oltre
quanto necessario per coprire i costi e garantire un utile ragionevole ai proprietari e agli
investitori: questi rendimenti addizionali sono definiti da Veblen “reddito libero”, che non va
ai lavoratori che lo producono ma ai leader e agli investitori.
MEAD: IL COMPORTAMENTO SOCIALE
Mead è il creatore di un’importantissima teoria sociologica contemporanea: l'interazionismo
simbolico.
Mead sottolinea l’importanza di iniziare la riflessione sociologica partendo dai gruppi, dal
sociale. Quindi, l’analisi deve iniziare con il gruppo organizzato e poi scendere verso il
singolo, piuttosto che partire con individui separati e risalire fino al gruppo.
Mead accettava l’esistenza di un meccanismo di stimolo e risposta, ma pensava che l’azione
umana implicasse molto di più: tra l’applicazione di uno stimolo e l’emissione di una risposta
interviene la mente.
L’atto
La pietra angolare su cui si poggia il suo intero impianto teorico è l’atto, in cui Mead
riconosce quattro fasi distinte:
● →
Impulso L’attore reagisce a qualche stimolo esterno e avverte la necessità di fare
qualcosa a riguardo;
● →
Percezione L’attore si mette in cerca di stimoli legati all’impulso e ai modi in cui
affrontarlo, reagendo agli stimoli stessi, ma pensandoci su, selezionandoli e
decidendo cosa è veramente importante e cosa non lo è.
● →
Manipolazione Questa fase riguarda la manipolazione dell’oggetto una volta che
questo è stato percepito. Avviene prima che venga emessa una risposta e coinvolge
due caratteristiche distintive degli esseri umani: le loro menti e i loro pollici
opponibili.
● →
Consumazione Riguarda l’agire in modo tale da soddisfare l’impulso originale. È
molto probabile che l’essere umano abbia successo nella consumazione per la sua
capacità di pensare mentre compie l’atto, mentre gli animali meno evoluti devono
fare affidamento a strategie basate su tentativi ed errori.
I gesti
Un atto implica un solo individuo, ma gli individui interagiscono inevitabilmente con gli altri.
La forma più primitiva di interazione si svolge attraverso i gesti: movimenti di un soggetto
che servono come stimolo per l’altro. Si intraprendono così conversazioni gestuali.
I gesti fatti senza pensare producono una risposta gestuale da parte dell’altro.
Sebbene sia gli individui che gli animali utilizzino gesti privi di significato, solo gli esseri
umani possono utilizzare gesti significativi, ovvero quelli che implicano l’uso del pensiero
prima che venga data una risposta.
Mead dà grande importanza ai gesti vocali: nella stragrande maggioranza dei casi i gesti
vocali sono dotati di senso e il più importante fra questi è sicuramente il linguaggio.
Esiste una grande differenza tra gesti fisici e vocali: quando compiamo un gesto fisico non
possiamo vedere quello che stiamo facendo, ma quando compiamo un gesto vocale
possiamo ascoltarci, nello stesso modo in cui lo fa la persona verso cui questo gesto è
diretto. Quindi, il gesto vocale colpisce il parlante esattamente come colpisce l’ascoltatore.
Gli individui hanno molto più controllo sui gesti vocali: se non sono soddisfatti di quanto
stanno dicendo possono fermarsi o alterarli a metà frase. Quindi, ciò che distingue gli esseri
umani dagli animali meno evoluti non è solo la loro abilità di pensare una risposta prima di
emetterla, ma anche il controllo su quello che fanno.
Simboli significativi e linguaggio
I simboli significativi sono quelli che sono stati esplicitamente disegnati per produrre un
certo tipo di reazione, ed effettivamente riescono a stimolare negli altri individui una
risposta simile. Possono essere simboli significativi non solo oggetti fisici, ma anche gesti
vocali, e specialmente il linguaggio.
Il linguaggio stimola la stessa risposta sia in chi parla che in chi ascolta. Il linguaggio
permette agli individui di stimolare le proprie azioni così come quelle degli altri: se urlassi la
parola fuoco in un teatro affollato, inizieremmo tutti quanti a fuggire dal teatro.
Il linguaggio rende possibile anche la capacità degli individui di pensare, ovvero di
impegnarsi in processi mentali. Pensare è semplicemente definito come una conversazione
che gli individui hanno con se stessi per mezzo del linguaggio.
Analogamente, Mead riteneva che i processi sociali precedessero i processi mentali: affinché
la mente esista, è necessario che esistano i simboli significativi del linguaggio. La mente ci
permette di richiamare in noi stessi non solo le reazioni di una singola persona, ma anche
quelle di un’intera comunità. (Urlare fuoco potrebbe salvare delle vite, così potremmo
pensare di farlo e ottenere il riconoscimento pubblico di cui godremmo per questo gesto; se
urlassi fuoco senza motivo mi potrei aspettare una reazione di disapprovazione se non
addirittura sanzione da parte della comunità, quindi penso a questo prima di farlo). Pensare
alle reazioni dell’intera comunità ci porta a produrre risposte meglio organizzate di quelle
che daremmo se pensassimo a un certo numero di individui singolarmente presi.
Il Sé
Un altro aspetto cruciale per Mead è il concetto di Sé, ovvero l’abilità di considerare se stessi
come oggetti. Il Sé e la mente sono collegati l’uno all’altra in un rapporto diretto e dialettico:
è impossibile separare la mente dal Sé perché il Sé è un processo mentale.
Fondamento del Sé è la riflessività, ovvero la capacità di mettere noi stessi al posto degli
altri: questa capacità ci permette di esaminare noi stessi e quello che facciamo nello stesso
modo in cui gli altri ci esaminerebbero, possiamo adottare nei nostri confronti la stessa
posizione che altri adotterebbero.
Mead riteneva che il Sé emergesse in due fasi cruciali dell’infanzia:
● fase del gioco spontaneo, in cui il bambino gioca interpretando qualcuno diverso da
sé. Così facendo, impara ad essere sia soggetto (ciò che il bambino è) sia oggetto (ciò
che sta interpretando, per esempio la mamma). Tuttavia, al bambino ancora manca
un senso più generale e più organizzato del Sé