Se la tecnologia è generica rende facile reperire sul mercato il bene/servizio
richiesto; vi è una pluralità di fornitori del bene/ servizio, sono quindi facilmente
sostituibili e tutta l’informazione necessaria all’impresa per prendere la decisione è
contenuta nel prezzo del bene/servizio offerto dai diversi fornitori. Questa è una
situazione che approssima quella di mercato concorrenziale perfetto, per cui
all’organizzazione conviene eseguire transazioni di mercato e quindi optare per
l’acquisto.
Se la tecnologia è specifica o specialistica, i fornitori del bene/servizio sono pochi. I
piccoli numeri creano i presupposti di comportamenti opportunistici, per cui le
salvaguardie contrattuali aumentano e con esse aumentano i costi di transazione.
Qui subentrano anche le altre due variabili (frequenza della transazioni, salvaguardie
contrattuali): se la frequenza è bassa o addirittura si risolve in una volta sola, allora
l’impresa può ricorrere all’opzione di acquisto perché il rischio di opportunismo è
piuttosto basso; ma se le transazioni sono ripetute, il rischio di opportunismo cresce,
con esso crescono i costi di transazione e quindi si apre la possibilità che per
l’impresa sia più conveniente avere in casa la tecnologia specifica di cui ha bisogno,
per cui l’opzione sarà quella di produrre e quindi della gerarchia (struttura di
governo della transazione interna).
Williamson afferma che mercato e gerarchia sono i poli estremi delle possibili scelte
di impresa, all’interno dei quali si possono avere forme ibride di governo delle
transazioni che potremmo definire quasi-mercato. Quel che qui conta, è che
concepire le organizzazioni come strutture di governo delle transazioni implica una
ridefinizione del concetto di confine organizzativo: non si può più definire il confine
dell’organizzazione con il suo ambiente alla maniera classica della teoria economica
di impresa, perché esso è variabile in base al tipo di transazioni e alla struttura del
governo che le gestice.
Tuttavia, nelle prime formulazioni della sua teoria non dà grande rilevanza a queste
forme. Queste saranno invece il terreno di sviluppo di altri due approcci che si
collocano nell’alveo delle strutture di governo delle transazioni: quello di Ouchi
incardinato sul concetto di clan e quello della teoria delle reti interorganizzative.
2. Ouchi: il clan come modello alternativo a mercato e gerarchia
Secondo Ouchi, mercato e gerarchia e le forme ibride tra le due non sono le sole
strutture di governo delle transazioni possibili. Esiste una terza struttura distinta che
egli definisce clan. Questa è una struttura diversa perché più complessa,
caratterizzata da un fondamento particolare e adatta a certi tipi peculiari di
transazione.
Il clan non funziona sulla base della logica del prezzo (mercato), né sulla base del
controllo diretto e l’autorità (gerarchia), ma presuppone il senso di appartenenza a
un gruppo fondato su norme e valori condivisi tra i membri del gruppo stesso. Il
senso di appartenenza produce solidarietà e fiducia tra i membri e ciò a sua volta
produce un elevato grado di fiducia reciproca tra essi. Appartenenza, solidarietà e
fiducia sono gli ingredienti per dare luogo a transazioni di lungo periodo e di
notevole complessità.
Allo stesso tempo, quei tre elementi permettono l’abbattimento del rischio di
opportunismo tra i membri del gruppo, perché se qualcuno si comportasse
opportunisticamente verrebbe immediatamente bollato come qualcuno non degno
di fiducia, una specie di traditore che viene immediatamente espulso dal gruppo.
Tale marchio fa sì che l’opportunista perda la faccia non solo di fronte ai membri del
gruppo da cui è stato espulso, ma verso chiunque altro. Come dire: opportunista una
volta, opportunista per sempre, per cui nessun altro vorrà avere a che fare con un
simile soggetto, non foss’altro perché il sospetto e il rischio che infranga un’altra
volta la fiducia eventualmente accordata è forte. Il rischio di perdere la faccia verso
tutti, è il principale disincentivo ai comportamenti opportunistici. Dunque,
l’opportunismo ha effetti anche, se non soprattutto, sociali oltre che economici.
Questo tipo di struttura di governo, tuttavia, è molto particolare, nel senso che
dipende fortemente da condizioni culturali e sociali ben precise. Ouchi, ha in mente
la situazione giapponese, in cui le imprese sono tra loro connesse in reti di relazione
molto dense e forti, chiamati keiretsu, che è un raggruppamento di imprese,
operanti in settori diversi, collegati da partecipazioni incrociate, che assumono la
forma di reti relazionali fondate non tanto su vincoli giuridici, quanto etici di
appartenenza al gruppo.
3 Né mercato, né gerarchia: le reti interorganizzative
Anche la teoria del network interorganizzativo muove alla constatazione che
mercato e gerarchia non sono le uniche alternative. Anzi, essa si pone in
contrapposizione con la teoria dei costi di transazione di Williamson, secondo cui
mercato e gerarchia sono poli di un continuum che prevede strutture di governo
delle transazioni intermedie (le forme ibride), argomentando che il network
interorganizzativo è una forma distinta e autonoma dal mercato e dalla gerarchia. Il
network interoganizzativo funziona in base a principi, logiche e dinamiche
nettamente proprie e distinte. Molti dei titoli dei saggi che hanno fondato questa
teoria, suonavano così: “né mercato, né gerarchia: forme organizzative a rete”.
Questo tipo di titolo sottolinea la distintività strutturale e di funzionamento della
rete come forma organizzativa e come forma di governo delle transazioni.
Abbiamo detto che il network si fonda su principi, logiche e dinamiche diverse e
distinte rispetto al mercato e alla gerarchia, fondate sui criteri del to buy e del to
make; il network si fonda su un terzo principio: to cooperate, cioè la collaborazione.
La rete interorganizzativa è composta da una pluralità di organizzazioni differenti tra
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