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Sul versante esterno l’istituzione più essere vista in due modi:
1. in termini generali di macrosistema sociale: le istituzioni sono forme organizzative che garantiscono lo
svolgimento delle funzioni necessarie alla sopravvivenza del sistema nel suo complesso, organizzazioni
che sopravvivono a prescindere dalle prestazioni effettive e dall’efficienza con cui si realizza la
prestazione (legittimate e sostenute dal sistema sociale)
2. considerare le istituzioni come forme organizzative che si adattano isomorficamente ai miti
dell’ambiente all’interno del quale si sviluppano sistematicamente miti sociali intesi come sistemi di
credenze largamente diffusi e condivisi. Si parla di miti perché non esiste criterio per validarli
empiricamente e oggettivamente, eppure la gente crede che quella sia la verità. Si parla di istituzione
quando l’organizzazione è sostenuta e legittimata dall’ambiente esterno non tanto per quello che fa e per
come lo fa, ma per il semplice fatto di farlo, perché serve al sistema per funzionare nel suo complesso.
Se è vero che tutte le organizzazioni che resistono nel tempo tendono a istituzionalizzarsi, bisogna fare
attenzione a considerarle come strumenti per raggiungere fini dati; l’ipotesi razionale dell’organizzazione
come macchina non tiene per le istituzioni e tiene sempre meno mano a mano che esse si istituzionalizzano.
Anche quando il mito è quello dell’efficienza bisogna prestare attenzione e distinguere tra prestazioni e
comportamenti reali e prestazioni e comportamenti cerimoniali. Nel caso di partiti, chiese, sindacati…
l’efficienza non fa proprio parte del mito cui adattarsi, allora diventa fuorviante leggere le istituzioni sotto
ottica prevalente o esclusiva di efficienza, per scoprire che certe organizzazioni non solo non sono efficienti
ma si preoccupano anche molto poco di esserlo.
2.5 Considerazioni finali
Analizzare le organizzazioni con attenzione alle diverse modalità con cui affrontano i processi di
differenziazione e integrazione rende possibile cogliere regolarità comportamentali che consentono di
costruire diversi idealtipi di strutture organizzative; gli idealtipi sono utili all’analisi se e in quanto:
- avvicinano alla realtà empirica osservabile da descrivere e interpretare
- spiegano sistemi di coerenza e diverse interdipendenze connesse al sistema dei ruoli
- consentono generalizzazioni parziali sulle dinamiche comportamentali comuni a diverse organizzazioni
- vengono utilizzati congiuntamente per cogliere aspetti diversi delle singole realtà
Le diverse strutture sono rilevanti come meccanismi di influenza sui comportamenti individuali perché
definiscono e limitano il campo di fattibilità e i gradi di libertà su cui il singolo attore può contare all’interno
di qualsiasi organizzazione.
Il chi fa cosa è rilevante in qualsiasi organizzazione perché è necessario per imparare a riconoscere e
ricostruire la struttura di fatto dell’organizzazione. I numerosi modelli idealtipici sono strumenti euristici che
si rivelano utili allo scopo, utilizzandoli è possibile infatti ricostruire per ciascuna organizzazione il sistema
dei ruoli, i tipi e i gradi di interdipendenza e il sistema delle coerenze esistente, sempre ricordando che molto
conta anche l’individuazione dei reali e specifici criteri di differenziazione e integrazione delle
organizzazioni.
3. La cultura
3.1 Premessa
Per spiegare il comportamento degli individui e dei gruppi nelle diverse sfere dell’agire sociale, economico,
politico, religioso spesso si fa riferimento al termine cultura che, nell’uso quotidiano, è un termine sintetico
che abbraccia e riassume una pluralità di significati quali idee, valori, credenze, consuetudini stili di vita,
conoscenze che caratterizzano e accomunano gruppi più o meno ampi di individui. La cultura così intesa
viene utilizzata per spiegare le omogeneità e i tratti comuni a ciascun gruppo, nonché le differenze di questo
con gli altri operanti nella società. La cultura, a seconda di come usiamo il termine, orienta, determina,
influenza, spiega il comportamento degli individui e dei gruppi.
> articolazione della riflessione tra cultura e organizzazione: definire il rapporto tra cultura e organizzazione
e spiegare la cultura come variabile organizzativa forte; processi di attivazione e apprendimento
organizzativo; razionalità dei comportamenti organizzativi e dei processi decisionali che vengono all’interno
delle organizzazioni.
3.2 Cultura e organizzazione
Quando si entra in contatto con una qualsiasi organizzazione si è colpiti, più o meno consapevolmente, da
una serie di immagini che l’organizzazione immediatamente trasmette; i simboli, gli artefatti danno una
prima idea dell’organizzazione con la quale si entra in contatto. Non si vedono struttura, criteri di
differenziazione e integrazione o organigramma, ma si colgono dei segnali che vengono associati a ordine,
pulizia, efficienza, rispetto oppure disordine, lentezza e inefficienza… Con la lettura dei simboli si vede un
aspetto, una parte della cultura organizzativa.
L’ingresso di un nuovo membro in una qualsiasi organizzazione è sempre stigmatizzato da riti di passaggio
dallo stato laicale a quello di membro effettivo; più o meno esplicitamente egli sarà esposto ad un insieme di
simboli che caratterizzano quell’organizzazione e, più o meno direttamente, viene invitato a conformarsi con
esso. I simboli rappresentano uno stimolo, un segnale di come ci si comporta all’interno, al nuovo membro
vengono comunicati i valori dell’organizzazione che però non sempre sono conformi a quelli della
quotidianità organizzativa. In un arco di tempo relativamente breve il nuovo entrato impara a riconoscere le
cose che valgono all’interno dell’organizzazione e nota una differenza tra valori ufficiali, espliciti e
formalizzati e valori effettivamente operanti nella realtà/quotidianità della vita dell’organizzazione.
=> differenza tra “teoria dell’azione dichiarata”, ovvero valori, credenze, pregiudizi, consuetudini e
conoscenze che dovrebbero guidare i comportamenti, e “teoria in uso” considerata come programma di
azione che di fatto guida e orienta il comportamento degli attori.
Simboli, valori, aspetti della cultura rappresentano rilevanti determinanti del comportamento individuale che
influiscono più o meno direttamente sugli attori organizzativi.
Una riflessione sulla cultura organizzativa può far capire cosa c’è al di la del patrimonio simbolico e
dell’insieme dei valori. Il neo-entrato non vede al di la dei simboli, ma esistono convinzioni, valori
profondamente radicati e interiorizzati nella cultura organizzativa e negli individui da essere ormai del tutto
inconsci, ma non per questo meno rilevanti per l’agire individuale
> Schein: denomina quei valori come “assunti di base” e li definisce invisibili, inconsci e scontati
(paradigma di assunti: insieme di valori relativi alla concezione di natura umana, lavoro, relazioni tra
individui)
I valori corrispondono a razionalizzazioni del comportamento in uso, a motivazioni, a intendimenti: possono
avere forme di automistificazione, difesa, strategie di comportamento, ma raramente coincidono con le
motivazioni profonde che determinano i comportamenti. Un assunto al contrario è una risposta appresa che
inizialmente è stata un valore; quando un comportamento permette di risolvere un problema, si tende a
sperare e razionalizzare quel comportamento riducendolo a un valore o trasformandovelo. Gradualmente
quel valore tende a trasformarsi in un assunto implicito sullo stato delle cose, diventa scontato e scompare
dal controllo cosciente e consapevole; rappresenta ciò che non si metterebbe mai in discussione.
Gli assunti hanno una valenza contestuale e circoscritta e fanno riferimento a gruppi e contesi in grado di
socializzarli: la socializzazione è affidata più all’interazione e alla convivenza che all’educazione verbale.
Gli assunti impliciti costruiscono una sorta di patrimonio genetico delle diverse organizzazioni relativo alle
convinzioni radicate intorno alle interrelazioni con l’ambiente esterno, alla natura della realtà, tempo, spazio,
natura umana e alle relazioni tra gli individui. Per questo i singoli membri dell’organizzazione non riescono a
vedere e esplicitare i loro assunti, è quindi necessario un osservatore esterno per scavare nella cultura
dell’organizzazione (difficile per lo studioso perché capita che gli assunti, una volta interpretati e trasmessi
agli attori organizzativi, vengano rigettati e rifiutati come non veri).
La relazione tra simboli, valori e assunti (tre componenti della cultura organizzativa), è una relazione
complessa: i tre elementi sono tra loro debolmente legati => non è detto che un simbolo sia sempre
espressione diretta di un sottostante valore; allo stesso modo non esiste garanzia che al valore dichiarato
corrisponda un paradigma di assunti coerenti.
Quando un membro si ribella ai dettami comportamentali indotti nella cultura dell’organizzazione e alle sue
norme imposte viene considerato come un eretico, non può essere tollerato perché rompe l’armonia cognitiva
e il sistema dei valori consolidati dell’organizzazione.
La cultura è una variabile organizzativa forte in quanto è in grado di spiegare una serie di comportamenti
organizzativi che non derivano direttamente e meccanicamente dalla struttura, dal chi fa cosa;
l’organizzazione è un meccanismo di influenza dei comportamenti individuali anche perché al suo interno
operano e agiscono simboli, valori e assunti che, insieme alla struttura e al sistema dei ruoli, incidono sui
comportamenti degli individui.
3.2.1 La cultura come variabile organizzativa forte
> DEF di cultura organizzativa per capire la rilevanza della cultura nell’agire organizzativo, Schein: la
cultura organizzativa è l’insieme coerente di assunti fondamentali che un dato gruppo ha inventato, scoperto o
sviluppato imparando ad affrontare i problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, e che hanno funzionato
abbastanza bene da poter essere considerati validi e quindi insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di
percepire, pensare e sentire il relazione a quei problemi.
Viene posto un accento sul “gruppo” in quanto creatore-detentore della cultura organizzativa e condizione
primaria per poter parlare di cultura; le organizzazioni intese come gruppi sono state studiate come culture
tramite la strumentazione analitica e concettuale dell’etnometodologia. Le organizzazioni sono insiemi più o
meno omogenei di gruppi che mantengono un’identità distinta pur nell’ambito di una cultura organizzati