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Durkheim vede in questo un segno di crisi e demoralizzazione, ma in realtà, il

conflitto prolungato è una caratteristica delle società moderne, che continuano a

esistere e riprodursi nonostante la mancanza di un impegno universale ad accettare la

morale di quell’ordine.

Durkheim riconosce la presenza di conflitti nella società moderna, ma crede che esista

una sfera morale capace di armonizzare interessi opposti. Questa sfera morale,

incarnata dal diritto penale, simboleggia i valori morali condivisi. Tuttavia, ogni ordine

sociale è il risultato di lotte e negoziazioni tra gruppi con interessi contrapposti, non un

semplice prodotto dell'evoluzione funzionale. Le modalità relazionali e i valori morali

che prevalgono sono contingenti e frutto di continue lotte, piuttosto che caratteristiche

intrinseche di un tipo sociale.

Ne consegue che l’individuo non è socializzato rispetto a una “società” in quanto tale,

ma rispetto a un modello specifico di “relazioni” sociali che si sono imposte rispetto ad

altre. È più appropriato parlare di “moralità dominante” o “ordine morale

dominante”.

In società moderne, i gruppi dominanti, attraverso lo Stato e le istituzioni, cercano

costantemente di rimodellare le relazioni sociali e i sentimenti collettivi secondo i loro

programmi politici. Queste forze dinamiche proclamano di essere espressione di

sentimenti popolari ma non sono altro che strumenti di persuasione politica. La

coscienza collettiva dovrebbe essere intesa come un ordine morale dominante,

storicamente formato da forze sociali determinate. Durkheim, invece, vede lo Stato

come una forza conservatrice che mantiene i sentimenti collettivi esistenti, ma ciò non

spiega adeguatamente la dinamica politica dei governi rivoluzionari o moderni.

Negli stati democratici moderni, la moralità dominante non è data né da

un’imposizione calata dall’alto, né da un’autentica espressione di valori che nascono

dal basso, ma è un compromesso tra le due componenti. Le élite sociali emergenti,

non ignorano la cultura morale della massa. Ignorarla significherebbe alimentare

profonde ostilità e minare quel grado di collaborazione spontanea di cui tutte le

autorità stabili hanno bisogno per mantenersi tali nel tempo. L’arte del cambiamento

politico sta nel saper articolare una nuova moralità, affermando, allo stesso tempo,

che essa non si discosti dai valori di ciascun individuo.

In conclusione, il concetto di coscienza collettiva di Durkheim è problematico perché

non riconosce adeguatamente il ruolo del conflitto sociale e della storia nella

formazione dell'ordine morale. Le leggi e le pratiche statali non sono semplici

espressioni di sentimenti collettivi, ma partecipano attivamente alla loro costruzione e

trasformazione. La corrispondenza tra legge e sentimenti collettivi è vaga e imprecisa,

e le leggi stesse possono sfidare o trasformare i valori collettivi.

3. L’idea del sacro

Durkheim considera il "sacro" come un elemento fondamentale della coscienza

collettiva, anche nelle società moderne, dove, nonostante il razionalismo laico abbia

preso il posto della credenza religiosa, il sacro continua a influenzare profondamente i

valori e le norme sociali. Per Durkheim, il sacro non è solo legato alla religione, ma

rappresenta una forza superiore riconosciuta inconsciamente dagli individui come

emanazione della società stessa.

Max Weber, pur partendo da una prospettiva diversa, condivide l'idea che il

carisma, un concetto simile alla sacralità, sia essenziale per legittimare l'autorità.

Tuttavia, sociologi come Edward Shils e Clifford Geertz offrono una visione

alternativa dell’origine del sacro o del carisma, attribuendo il sacro alle pratiche

simboliche e forme di autorappresentazione delle élite dominanti piuttosto che a un

elemento intrinseco della società. Geertz, in particolare, sottolinea come la sacralità

sia prodotta e riconosciuta attraverso le manifestazioni rituali del potere. Quindi le

categorie sacre dipendono molto più dai linguaggi scelti e dai simboli del potere che

non dai bisogni effettivi della società.

Nonostante nelle società moderne molte norme siano convenzionali e mirate a

garantire il funzionamento armonioso dell'organizzazione sociale, Durkheim sostiene

che anche la solidarietà organica, tipica delle società avanzate, si basi su sentimenti

morali profondi e condivisi. Questi valori fondamentali, come il rispetto

individuale e la libertà, sono protetti da un rigido codice penale che mantiene

un'aura sacra.

In sintesi, mentre il concetto di sacro di Durkheim si adatta alle moderne strutture

sociali, esso muta nella sua espressione, adattandosi alle nuove forme di solidarietà e

alle esigenze di una società differenziata. I sentimenti sociali e le norme giuridiche si

influenzano vicendevolmente. Nel corso del tempo, ciò che prima era tollerato può

divenire condannabile. La corrispondenza tra diritto penale e sentimenti collettivi

rimane una questione complessa, influenzata tanto dalle esigenze morali della

popolazione quanto dagli interessi delle élite dominanti (Compromesso).

4. La necessità sociale della pena

Durkheim sostiene che la pena non è solo una risposta al reato, ma ha una funzione

sociale essenziale nel mantenimento dell'ordine morale e nel prevenire

l'erosione sociale. Anche se i costi della pena superano i danni del reato, la sua

funzione sociologica giustifica la sua applicazione. Questo ruolo della pena va oltre la

mera gestione del crimine e si inserisce nel più ampio contesto del governo sociale,

che include la formazione dell'opinione pubblica e la determinazione degli obiettivi

sociali.

Durkheim afferma che non punire le violazioni morali indebolisce la morale collettiva e

l'autorità dell'ordine legale, minando la sovranità e l'autorità del sistema. La pena,

quindi, è un segnale che le autorità controllano la situazione e che il reato è

riprovevole, mantenendo così la vitalità delle convenzioni sociali. L'assenza di

punizione può portare a disordini, come dimostrano le situazioni in alcune aree

problematiche del mondo.

La pena ha una doppia funzione: mantenimento del sistema e controllo della

criminalità. Se le pene non sono efficaci, entrambe le funzioni sono compromesse.

Ralph Dahrendorf sostiene che pene troppo lievi minacciano l'ordine sociale, e che

l'inasprimento delle pene è necessario per restaurare l'autorità. Tuttavia, Durkheim

non si concentra sulla severità delle pene, ma sulla loro capacità di comunicare che le

autorità sono in controllo. L'autorità già forte richiede solo pene simboliche,

mentre dove l'autorità è debole, l'effetto delle pene è minore.

In conclusione, Durkheim considera la pena utile per la società solo come risorsa

estrema. Il tipo e la gravità delle pene dipendono dalle scelte politiche, dall'autorità e

dalla legittimazione dell'ordine sociale.

5. Passioni e Sanzione

Durkheim sostiene che la pena ha una funzione utile e necessaria per mantenere

l'ordine sociale, ma è un prodotto meccanico e non intenzionale, derivante

principalmente da una reazione morale collettiva più che da una pianificazione

strategica. Sebbene oggi lo Stato possa incanalare queste reazioni in modo razionale,

Durkheim ritiene che l'indignazione e lo sdegno collettivo rimangano le principali

forze motrici delle sanzioni penali. Tuttavia, questa visione non è condivisa da

pensatori come Foucault, Rusche e Kirchheimer, i quali vedono la pena come una

misura strategica dello Stato, basata su calcoli politici piuttosto che su emozioni

popolari.

Nietzsche offre una prospettiva diversa, sostenendo che la punizione è motivata

da piaceri sadici e impulsi crudeli, derivati dal potere esercitato tramite la

punizione. Egli vede la pena come una celebrazione mitigata della crudeltà, che

consente alla popolazione di esprimere indirettamente questi impulsi. Mead e Freud

concordano sul fatto che la punizione coinvolge istinti di autoaffermazione e ostilità

distruttiva, sublimati culturalmente nel contesto sociale.

Partecipando emotivamente alla difesa degli “interessi della società”, si rinforza

l’aggressività individuale nei confronti degli outsiders. Vi è una manifestazione di

amore per il gruppo e un odio per i nemici. Mead ritiene che l’ostilità verso il criminale

aiuta a promuovere solidarietà e amore nel gruppo. “La pena acquista il senso di

ricompensa per una rinuncia al sadismo. L’identificazione con la società che punisce

rende possibile all’onesto di esaurire le istanze aggressive per vie lecite”. Fascino,

intensa curiosità, piacere vissuto con senso di colpa, aggressività colma di

indignazione fanno parte della risposta abituale alla criminalità. Ancora oggi vi è un

forte coinvolgimento collettivo e un interesse pubblico per la questione criminale e la

pena.

Adam Smith dà un’interpretazione delle passioni punitive simile a quella di

Durkheim. Smith riconosce che il reato provoca nel cuore degli altri membri della

comunità reazioni di rabbia, ripugnanza, avversione e desiderio di vendetta. "Il

sentimento che più immediatamente e direttamente ci spinge a punire è il

Risentimento”. È il sentimento di empatia provato dallo “spettatore imparziale” nei

confronti della vittima di un reato, ogniqualvolta apprende della sofferenza che essa

ha subìto, scatena il bisogno di intraprendere un’azione per riparare all’ingiustizia. Un

giusto risentimento è sempre commisurato e proporzionato alla sofferenza della

vittima. Smith ritiene che la maggior parte degli uomini non sia capace di tale

moderazione, ed è troppo incline alla violenza rude.

Infine, la società moderna vede la criminalità suscitare risposte emotive complesse e

ambivalenti, che vanno dall'empatia alla rabbia. Anche se i sentimenti popolari

influenzano indirettamente il sistema penale, le istituzioni moderne cercano di

incanalare queste emozioni in forme più civilizzate, evitando manifestazioni dirette di

vendetta e crudeltà.

6. I rituali della pena

Per comprendere come si formano i sentimenti sociali e come essi acquisiscono

particolari connotazioni, è fondamentale analizzare le forme rituali della pena e la

loro organizzazione sociale. Gli studi di Durkheim sulla religione e sulla pena

evidenziano che i sentimenti sociali si raff

Dettagli
A.A. 2018-2019
12 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/12 Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lule.hoxha99.lh di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Sarzotti Claudio.