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FIGURA

Quando si domanda, con più precisione, in quale attività il rispondente si sia impegnato durante la campagna elettorale (Figura 1), i soggetti che affermano di aver promosso iniziative di

raccolta fondi per un candidato sono il 6,42% del campione. Coloro invece che dichiarano di aver organizzato eventi pubblici a supporto di una

parte sono il 13,20%. Di contro ed è questa la seconda evidenza messa in luce dai dati, la rilevazione mostra un'alta e consolidata propensione dei cittadini schierati ad esporsi

all'informazione e alla comunicazione di campagna. L'elettore più informato è nella maggior parte dei casi anche quello più schierato. L'ipotesi storica dell'esposizione selettiva trova qui

un'ulteriore conferma importante (Berelson, Lazarsfeld e McPhee 1954): l'interesse per la politica e l'impegno per una parte sono fattori determinanti di esposizione ai mezzi zi

informativi, spe- cie quelli coerenti con la propria prospettiva di campo. Ecco allora che ha letto sui quotidiani notizie riguardanti le elezioni comunali il 90,94% degli elettori schierati

intervistati, mentre le ha seguite in Tv 1'84,53%. Il 76,98% le ha seguite su Internet: dato particolarmente rilevante perché è qui che il processo di selezione della fonte informativa è

ancor più accuratamente selettivo rispetto ai media tradizionali

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Infine, la terza evidenza è ancor più rilevante per quanto attiene alle pratiche di GOTV. È lampante la predisposizione di mattiene dividui a comportarsi negli ambienti del proprio

quotidiano molti in leader molecolari Lazarsfeld, Berelson e G e Gaudet (1948) e di Katz Lazarsfeld (2012). Da un lato, il leader molecolare è il soggetto che più di altri tende a esporsi ai

media, sulla base degli interessi personali; dall'altro, è quello che esercita la propria capacità di influenza sulle scelte di voto altrui. Per altri versi, oggi si parlerebbe di influencers, proprio

come quelli agenti sui social network, i quali operano come mediatori di influenza rispetto ad un messaggio istituzionale, potendo contare su di una fiducia che si genera nel rapporto di

prossimità con i soggetti influenzati. In linea con ciò, il 66,79% del campione dice di aver convinto amici e familiari a partecipare al voto, come nella più classica campagna non-partisan

di GOTV all'americana. Il 58,86% afferma di aver convinto amici e familiari a votare per un candidato, sulla scorta delle campagne partigiane di GOTV d'oltreoceano. Trova qui ennesima

conferma il fatto che l'efficacia delle tecniche di GOTV è data dal ricorso alla personalizzazione della comunicazione elettorale (Green e Gerber 2004). In altri termini, da quelle strategie

e da quelle pratiche comunicative che annoverano la comunicazione interpersonale diretta nel dispositivo di campagna (Nielsen 2012) (infra, cap. 5).

A fronte della predisposizione individuale alla mobilitazione attiva, cioè a prendere parte direttamente alla campagna per supportare un candidato o un partito, la nostra web survey ha

testato l'influenza sull'elettore dei principali canali di comunicazione elettorale attraverso il metodo dell'autovalutazione (Figura 2). Su un elettorato saldamente schierato, ciò significa

sondare la capacità che i diversi media possiedono di mobilitare al voto sul candidato di riferimento.

I dati mostrano l'efficacia delle tecniche di GOTV tipiche della campagna digitale per come la intendiamo in questo libro: occasioni di contatto diretto con il candidato (per esempio i

comizi, ritenuti influenti dal 24,71% del campione), interazione diretta sul territorio con i volontari e gli attivisti, che si affermano come influencers decisivi all'interno del network elettorale

del partito o del candidato (24,71%), e infine il sito Internet del partito o del candidato (24,7%), ovvero il luogo privilegiato della disintermediazione delle relazioni comunicative tra elettore

e candidati. Il dato risulta sor-

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FIGURA

prendente soprattutto alla luce della perfetta coincidenza della quota percentuale che accomuna i rispondenti¹ All'attività social del partito/candidato è riconosciuta una mi. nore capacità

di influenza, sebbene su livelli interessanti: seguire

10 La quota preponderante di rispondenti che non riconosce alcuna influenza della comunicazione di campagna sulla sua persona ha una spiegazione codificata dalla psicologia come

«effetto terza persona» (Davison 1983; Perloff 1993). Si tratta cioè di un effetto ricorrente negli studi sulla autopercezione dell'influenza dei media. Secondo Davison, il soggetto tende a

percepirsi e a rappresentarsi immune o poco influenzabile dai media e dalla comunicazione in genere in conseguenza del meccanismo dell'ignoranza pluralistica: il soggetto si considera

meno vulnerabile e influenzabile dagli altri perché ritiene sé in grado di analizzare e valutare le informa zioni sempre con maggiore competenza a autonomia. Altri autori hanno spiegato

l'effetto sulla base dell'illusione della invulnerabilità personale» teorizzata da Janis (1972): l'individuo tende sistematicamente a sopravvalutare le proprie capacità contestualmente, a

sottostimare quelle altrui. Perloff (1987) mostra in più come, quando i soggetti considerano negativamente la fonte dalla quale proviene il messaggio, l'effetto terza-persona ne esca

potenziato.

partito/candidato sui principali social network - senza specificare se fitrati del proprio candidato oppure degli avversari, ma l'indicare se può essere esercitata dal canale anche in termini

oppositivi - influi sce per il 18,04% del campione, poco più che riceverne informinflui, (17,26%) e interagire sui profili (16,47%). Decisamente infezioni infine, la capacità di influenza

riconosciuta ai canali di campagna Tradizionali: materiali di propaganda (8,63%), spot tv (7,46%), spot radiofonici (5,49%) e manifesti (3,92%). Per altre strade giungono alla medesima

conclusione Liegey, Muller e Pons (2013), laddove il contatto diretto porta-a-porta mostra un'efficacia - questa volta sugli astensionisti - un contatto produttivo su 14, a fronte di 1 su i-di

38 delle telefonate, 1 su 200 di Facebook (Bond et al. 2012), 1 su 100.000 del volantino, delle lettere non targettizzate e delle e-mail, e di nessuno delle affissioni, che hanno

evidentemente una funzione comunicativa differente". In sintesi, l'elettore - per quanto orientato e informato - non apprezza l'essere «dato per scontato» dal partito e dal candidato.

Anche se ciò contravviene alla logica di ottimizzazione delle risorse di campagna, che richiederebbe di concentrarsi sui target degli indecisi.

In definitiva, i dati della nostra survey indicano che le tecniche di GOTV personalizzate (quelle cioè che si basano sul contatto diretto tra persone e sulla comunicazione interpersonale)

sono, da una parte, quelle più praticate spontaneamente dagli elettori schierati, quindi, motivati; dall'altra parte, sono anche quelle più efficaci in termini di influenza sulla decisione di

voto. A questo punto ridiscutere la gerarchia troppo spesso data per scontata tra contatto e messaggio in una campagna elettorale digitale risponde ad una necessità inderogabile (infra,

paragrafo 4.4).

4.2. Cos'è il GOTV?

II game elettorale prevede dunque si giochino partite diverse per la posta in gioco finale. Coesistono sotto-obiettivi diversi da rag- giungere con strategie e tecniche differenziate:

riattivare il supporto

della comunità di riferimento, ciati, riconnettere i rinunciatari cronici ai valori della partecipazione democratica. Man mano che l'election day si avvicina, però, questi convergono verso un

solo obiettivo fondamentale: portare l'elettore al voto. Trasformare una forma pur embrionale o un residuale grado di predisposizione partecipativa del singolo cittadino in effettivo

comportamento di voto implica promuovere pratiche di engagement all'interno delle comunità e rinforzare i fattori di legittimazione alla base delle istituzioni democratiche.

Nasce così negli Stati Uniti la formula «get out the vote» (GOTV), per certi versi intraducibile: «fuori il voto!» o «caccia al voto», sottintendendo con ciò l'andare a prendersi i voti sul

campo uno ad uno, cittadino per cittadino, elettore per elettore. Ciò nella duplice prospettiva di incrementare il voto a favore di un candidato e il tasso di partecipazione elettorale, che in

quel paese non supera strutturalmente di molto la metà degli aventi diritto.

In questo senso, le presidenziali del 2004 hanno segnato un punto di svolta: il 60,1% di affluenza rappresentava un incremento più che sensibile rispetto al 54,2% del 2000. Di lì in

avanti, il tasso di partecipazione si è stabilizzato su valori significativamente più elevati per quella realtà, ritornando ai livelli degli anni Sessanta. Nel 2008 si è arrivati al 61,6%, nel 2012

al 58,6%, nel 2016 al 60,2%12. Una delle ragioni che spiegano l'incremento sistemico della partecipazione al voto è il crescente investimento nelle campagne di GOTV per la

mobilitazione degli elettori. Molti studi dimostrano ormai come l'incremento dell'affluenza ai seggi negli Stati Uniti rifletta il crescente investimento in attività di porta-a-porta e telefonate

fatte dai volontari ai cittadini per sensibilizzare circa l'importanza del recarsi alle urne o la bontà dell'offerta politica di un candidato (Bergan et al. 2005). Tesi, questa, che si pone in

continuità con quella della polarizzazione ideologica tra candidati: la contrapposizione di candidati ideologicamente schierati è un efficiente fattore di mobilitazione per gli elettori, oltreché

per volontari e militanti che portano sulle spalle il fardello della campagna, perché trovano nella polarizzazione risorse motivazionali aggiuntive (Green e Shachar 2000). Lo studio di

Bergan et al. (2005) ha stimato come le principali attività di campagna grassroots condotte nel 2004 da repubblicani e democratici siano valse un totale di 4 milioni di voti e un

incremento di 3 mic sispetto alle presidenziali del 2000. Ciò tenendo conto che - mostrano gli autori - il 40% dell'attività di campagna grassroots remostra- dai repubblicani era dieci volte

più estesa di quella della controparte nel 2000 e che quella dei democratici era 3 volte più estesa rispetto al 2000 grazie al numero di organizzazioni impegnate nel GOTV e alla capacità

delle stesse di produrre azioni sul campo.

L'etichetta «GOTV» vanta una sorte indubbiamente fortunata e la si deve a Harold Gosnell (1927), che - s'è detto - intitolò Getting Out the Vote il libro che ha inaugurato la serie degli

esperimenti di stimolo comunicativo al comportamento di voto nei contesti di campagna elettorale. Il volume, oggi un classico, rendeva conto del primo tentativo condotto negli anni 1924

e 1925 a Chicago di misurare l'efficacia della stimolazione comportamentale su campioni di cittadini attraverso l'invio di c

Dettagli
A.A. 2024-2025
29 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Chiarapanepinto di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sistemi mediali e ICT e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Cepernich Cristopher.