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La posizione di Comte è in opposizione all'egoismo, e l'altruismo è espressione di socialità che
spinge l'uomo verso gli altri.
Kohlberg, punto di vista sociale, società fa l'individuo, e che fa socializzare l'uomo ai modelli, se
ne ho di tipo altruistico io interiorizzo la capacità a svolgere il mio compito in modo lineare con
l'altruismo.
Fattori che determinano le variabili del comportamento altruistico
Le determinanti situazionali: ci riferiamo all’influenza che il contesto ha nel predire o meno
l’esecuzione di un comportamento altruistico. Analizzando queste ultimo si evince come non
sempre i soggetti, anche se per loro disposizione comportamentale ne sono inclini, prestino aiuto.
Nacquero sulla base di ciò due modelli teorici basati sull’analisi della situazione: modello
cognitivo di Latanè e Darley (ispirato al fatto di cronaca di Kitty Genovese, ragazza uccisa in un
cortile di un palazzo, dove erano presenti molte persone), e il modello del calcolo dello spettatore
di Pilliavin.
Secondo Latanè e Darley di fronte alla situazione che potrebbe richiedere un intervento di aiuto,
l'individuo attraversa una serie di fasi cognitive, processi veloci e automatici, prima di decidere il
proprio comportamento. Sono 5 i passaggi principali:
1. Accorgersi dell'incidente, ciò non è sempre facile, infatti se il contesto è molto trafficato e
caratterizzato da un sovraccarico di stimoli, è possibile che i segnali di allarme vengono
soverchiati dal rumore o da altri distrattori
2. Definire l'incidente, talvolta infatti alcune situazioni di emergenza possono essere
travisate, e in questa valutazione che andiamo a guardarci intorno e a osservare il
comportamento degli altri. Si svolge quindi una sorta di emulazione automatica dove
ricorriamo ai simili con l’intenzione di imitarli in modo da minimizzare la possibilità di
uno sbaglio interpretativo
3. Assumersi la responsabilità, se le due fasi precedenti sono avvenute, risulta comunque
critica la decisione di intervenire e quindi di rischiare molto con un costo elevato, infatti
il rischio del fallimento e la conseguente vergogna giocano un ruolo forte, soprattutto se
in pubblico. In questa fase l'individuo osserva il contesto
4. Decidere una strategia, una volta decisa l'assunzione di responsabilità è possibile che si
opti per non intervenire, ad esempio se si crede di non possedere un'adeguata strategia. In
questa fase sono molto importanti la constatazione della presenza o assenza di altre
persone che potrebbero intervenire e la conseguente valutazione delle capacità del
soccorritore (es: se è presente un medico o un soccorritore si pensa che sia più adatto il
suo intervento)
L'apatia dello spettatore viene spiegata attraverso due processi, la diffusione di responsabilità e
l'inibizione da pubblico. Nella prima i due studiosi osservarono che è sufficiente immaginare la
presenza di uno spettatore affinché avvenga non il intervento, infatti la decisione di non
assumersi la responsabilità, porterebbe ricadere sull'altro comportando anche i relativi costi,
rischi e possibili conseguenze negative. La diffusione della responsabilità è il risvolto cognitivo
dell'inerzia sociale, se c'è altro sono bloccato, perché penso faccia il prossimo. Sul piano
cognitivo io non sento di essere l'unico responsabile ed è come se la responsabilità si allargasse a
pioggia su ognuno, e questa divisione fa depotenziare la responsabilità percepita.
Il secondo fenomeno ovvero l’inibizione da pubblico è a sua volta regolato dall' influenza sociale
normativa e dall' influenza sociale informativa. Ad esempio di fronte alla situazione di
emergenza potremmo apparire come zelanti nell’affrontarla, risultando incompetenti, in questo
caso siamo spinti all'apatia e alla non azione. Si è così verificata la cosiddetta influenza sociale
normativa, ovvero le pressioni esterne hanno condizionato la mia decisione stabilendo l’inerzia.
Un altro meccanismo che potrebbe spiegare l'inibizione da pubblico è l'influenza sociale
informativa, dove Turner e Crisp spiegano che se siamo allarmati riguardo a una particolare
situazione di emergenza, mentre le persone intorno a noi non lo sono, possiamo subire l'influenza
degli altri astanti e concludere che la situazione non è poi così grave. I due processi dell'influenza
normativa e informativa possono potenziarsi a vicenda, rendendo più o meno probabile
l'intervento da parte dell'individuo.
Piliavin si basa sul bilancio costi e benefici. Sono tre le fasi che coinvolgono un'attivazione
viscerale davanti a una situazione di emergenza. Tutto parte da un'attivazione fisiologica (se mi
spavento allora emergenza), poi si interpreta ciò che è accaduto paragonandola con la realtà,
svolgendo quindi una fase di etichettamento ed infine svolgiamo un calcolo costi e benefici (mi
conviene?). Anche in questo caso vi sono delle componenti contestuali che influenzano molto.
Le determinanti del contesto materiale: esperimento di Amato, in una città dove veniva posto un
soggetto complice con ferita alla gamba, e si cerca di capire chi si sarebbe fermato. Il soccorso
variava a seconda se l’esperimento era svolto nelle grandi città (15%) o in un contesto rurale
(50%). Nelle piccole comunità vi è maggior conoscenza reciproca, coesione sociale e identità
comune, le persone si fidano e tendono ad aiutarsi, d’altro canto nei contesti di metropoli invece
si è davanti all’ipotesi di sovraccarico urbano (teorizzata da Milgram), dove a causa dei
continui stimoli dall’ambiente, le persone tendono ad innalzare un muro per attutire i colpi delle
singole situazioni. Un altro concetto importante in questa dimensione è quello enunciato da Oishi
e colleghi, definito come della mobilità residenziale. In un esperimento un soggetto giocava a un
quiz contro altri quattro studenti, il vincitore otteneva un certificato di $10.I partecipanti
potevano aiutarsi se volevano, ma questo avrebbe diminuito le possibilità di vittoria dell'aiutante.
Quindi in questo caso il comportamento altruistico veniva sanzionato invece che premiato. I
ricercatori manipolando le variabili di duratura, ovvero quanto tempo un partecipante rimaneva
nel gruppo, scoprirono che gli individui erano più predisposti ad aiutare gli altri in modo
proporzionale al tempo trascorso con loro. In altre parole le persone erano disposte a trascendere
il proprio personale interesse a favore di un senso di comunità che percepivano a livello
gruppale, mentre che veniva spostato da un gruppo all'altro, condizione di mobilità, mostrava un
maggiore orientamento verso il proprio scopo egoistico.
Le determinanti personali: Sono molti gli studi che si sono dedicati al tentativo di definire la
personalità altruistica.
Le differenze di genere: Crowley e Eagly intrattennero 170 studi sull'argomento osservando che
gli uomini tendono a prestare aiuto con maggiore probabilità quando devono agire in modo
eroico e cavalleresco. Si potrebbe dire che la prescrizione implicita delle culture occidentali sia
proprio questa, l'uomo in certe situazioni deve agire ricalcando modello coraggioso. La parte
femminile sarebbe più incline all’aiuto quotidiano, duraturo ea lungo termine, mentre quella
maschile a compiti più immediati e dal risultato più clamoroso.
Le differenze culturali: Aranson sostenne che le persone di ogni cultura hanno maggiore
probabilità di aiutare qualcuno che definiscono come membro del proprio gruppo, gruppo con
cui un individuo si identifica, mentre hanno meno probabilità di aiutare qualcuno che
percepiscono come membro fuori dal gruppo. Nel primo caso viene mobilitata l'empatia, infatti
se la proviamo tendiamo ad aiutare. Per il secondo caso tendiamo ad aiutare per sentirci bene con
noi stessi e per fare buona impressione sugli altri.
Variabile religiosa: secondo Brooks le persone religiose dichiarano gli dare più soldi in
beneficenza e di fare più volontariato rispetto ai non credenti. Tuttavia quando queste persone
devono fare ciò che effettivamente dicono di fare, dimostrano coerenza soltanto quando il
comportamento d'agire ha come conseguenza quella di farli sembrare più buoni agli occhi di se
stessi e degli altri.
Gli effetti dell’umore: Isen e Levin lasciarono alcune monetine da 10 centesimi nelle cabine
telefoniche di alcuni grandi magazzini e Philadelphia. Quando un cliente le trovava, un complice
degli sperimentatori a pochi passi dalla cabina faceva cadere una cartellina con dei fogli. Si
scoprì che il 4% di coloro che non avevano trovato la moneta attendeva ad aiutare, mentre 84%
di chi l'aveva trovata svolgeva l'opposto. In questo modo si spiega come l'umore può sortire un
effetto temporaneo sulla predisposizione o meno a rendersi utile agli altri. Innanzitutto perché il
buon umore ci fa vedere tutto rosa, tendiamo infatti a vedere la parte migliore degli altri e a
riconoscere loro beneficio del dubbio. In secondo luogo il sentirsi bene, agile bene, è un ottimo
modo per prolungare il nostro umore. Moscovici sosteneva che è più facile aiutare se stiamo
bene con noi stessi, ma anche la componente morale e cognitiva.
Secondo Cialdini anche lo stato d'animo negativo può indurre ad agire comportamenti altruistici,
il senso di colpa fa sì che noi agiamo in soccorso agli altri per lenire il nostro malessere.
Un ulteriore aspetto importante può riguardare il senso di responsabilità, infatti se una persona si
sente leader di una situazione tende ad agire in modo altruistico. Questa è una sorta di principio
in grado di contro bilanciare l'effetto di diffusione della responsabilità discusso in precedenza.
Psicologia sociale 29.04.21
Relazioni intime e sentimentali
Che cosa sono i sentimenti?
Il sentimento è qualcosa che avviene dentro di noi e che si riferisce a qualcosa di esterno
(persone, oggetti, situazioni).
Stato d'animo: emozioni, è diverso dai sentimenti.
Quando parliamo di emozioni, ci riferiamo a un fenomeno che si verifica nella dimensione
emotiva, affettiva, e cognitiva del pensiero (del sentire e del pensare), che ha come spiegabilità
uno stato temporaneo di disposizione d'animo. Quando parliamo di emozioni parliamo di
qualcosa che proviamo in un certo momento, in una certa situazione, che ha come caratteristica
fondamentale la sua situazionalità e temporalità. Esistono emozioni primarie (paura, rabbia, sono
innate perché hanno a che vedere con le componenti biologiche principali innate delle nostra
vita) , e quelle relative alla socializzazion