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TEORIE DELL’ESPRESSIONE FACCIALE
Teorie periferiche dell’espressione facciale
Si ispirano alla teoria di James: sostengono che i muscoli del volto generano un feedback sensoriale che
produce sensazioni emozionali. Sostenitori:
- Tomkins: afferma, senza però verificare sperimentalmente:
o Le differenze nel modo di apparire di emozioni diverse dipendono dalle variazioni nel
numero di impulsi nervosi per unità di tempo (es: se gli impulsi nervosi aumentano
improvvisamente, il soggetto vivrà un trasalimento o uno spavento).
o La pelle del volto svolge un ruolo più importante dei muscoli nell’influenzare la
sensazione: modificazioni cutanee associate a movimenti del flusso sanguigno
forniscono la base per le sensazioni.
- Izard:
o Le emozioni fondamentali sono generate da meccanismi di programmazione innati.
Perciò, sono presenti anche nei lattanti e sono fondamentali per l’attaccamento.
o L’intensità emozionale può essere modificata attraverso il controllo volontario dei
movimenti facciali.
- Zajonc:
o I movimenti muscolari del volto regolano il flusso sanguigno del cervello. Quindi,
influenzano la temperatura cerebrale, le cui variazioni influenzano gli stati interni.
o Prove a sostegno: aria calda introdotta nel naso viene vissuta come sgradevole, al
contrario, l’aria fredda come piacevole.
o Quindi: modificazioni vascolari del volto tendono a generare sensazioni emozionali.
Teorie centrali dell’espressione facciale
Le espressioni facciali riflettono stati emozionali interni (es: sorridiamo quando siamo felici).
Problemi:
- Le correlazioni tra descrizioni orali e espressioni facciali molto spesso sono basse e ci sono
molte sovrapposizioni, come il Facial Action Coding System di Ekman ha dimostrato.
- Molte persone seguono delle regole di esibizione imposte dalla società, mostrando delle
espressioni che non rappresentano l’emozione provata o non mostrando alcuna espressione e
altre scelgono di non mostrare l’emozione provata per convenienza.
- Ci sono molte emozioni, tra cui anche miste, per cui non compare alcun pattern espressivo.
- Quindi, in realtà, le espressioni non esprimono stati interni ma sono forme di comunicazione
usate per soddisfare bisogni, desideri e motivazioni.
In che modo il concetto di espressioni facciali come comunicazioni sociali differisce da due tipi di teorie
citate sopra?
Le espressioni facciali possono o non possono esprimere stati interni ma in particolare hanno la funzione di
agire in modo indipendente per modificare l’interazione fra due o più persone. Infatti, quando le persone
sono in isolamento non esprimono emozioni (es: il pianto indica che si ha bisogno di aiuto).
Teorie funzionali delle espressioni facciali
Le espressioni facciali sono forme di comunicazione sociale. Quindi, riflettono intenzioni o tentativi di
regolare un incontro sociale, a prescindere dagli stati interni (es: lattanti che piangono quando hanno fame,
oppure mostrano delle espressioni per attirare l’attenzione del genitore, che agisce come segnale per
mantenere la relazione madre-bambino). Hanno il ruolo di ottenere ciò che si vuole usando probabilmente
l’inganno come forma di protezione.
ORIGINI EVOLUTIVE DELLE ESPRESSIONI FACCIALI
Da quali attività biologiche si sono probabilmente evolute le espressioni facciali?
Si ritiene che si siano evolute da pattern che inizialmente non avevano valore di comunicazione:
regolazione della temperatura corporea, movimenti d’intenzione, reazioni protettive. In particolare, nei
Primati derivano da riflessi protettivi suscitati da stimoli spiacevoli o sorprendenti (es: si ritiene che la
smorfia si sia evoluta da urlo di paura a urlo silenzioso. Perciò, un’ipotesi è che sia associata anch’essa alla
paura).
Inoltre, espressioni facciali, vocalizzazioni e altre esibizioni sono fondamentali per gli animali che vivono i
gruppo per regolare le interazioni sociali, come dimostrano gli studi sui cercopitechi e sui babbuini.
Esibizioni animali che coinvolgono varie parti del corpo: saluto, riconoscimento, corteggiamento,
accoppiamento, dominanza, sottomissione, avvertimento, allarme, difesa, angoscia, disfatta, sfida, vittoria,
nutrimento, richiesta di cibo. In molti casi sono espressioni innate.
Capitolo 8 – LO SVILUPPO EMOZIONALE
Per Darwin:
- I bambini urlano quando hanno fame, provano dolore o disagio e l’espressione facciale è la
stessa per tutte e tre le situazioni stimolo: gli occhi sono chiusi, la pelle intorno agli occhi si
raggrinzisce e la fronte è corrugata, la bocca è spalancata e le labbra formano un quadrato con i
denti e le gengive in vista.
- Il pianto del dolore è diverso da quello del disagio e le lacrime non sono mai associate al pianto
fino al secondo-quarto mese di vita.
- I singhiozzi si osservano sono negli esseri umani e mai nei Primati.
Quanti tipi di schemi comportamentali si trovano nei neonati?
Influenzato da Darwin, per Watson esistevano, sia in animali superiori che inferiori, pattern di
comportamenti adattivi innati e autoconservativi che influenzano l’assunzione di cibo, l’eliminazione dei
prodotti di scarto e la procreazione.
Watson studiò questi schemi comportamentali di reazione nei bambini sottoponendoli a vari stimoli e
osservando il loro comportamento. Schemi comportamentali nei neonati:
- X: paura: prodotta dal lasciar cadere il bambino, da suoni forti e dallo scuoterlo mentre stava
per addormentarsi;
- Y: rabbia: prodotta dall’ostacolare i movimenti del bambino;
- Z: amore (analogo a sessualità per Freud): prodotto dall’accarezzamento o dalla manipolazione
di una zona erogena.
Ipotesi: le differenze individuali sono quasi sempre il prodotto del tipo di ambiente a cui il soggetto viene
esposto.
A quale età compaiono gli schemi di espressione della rabbia nei lattanti?
Fra il primo e il quarto mese di vita, dimostrato da uno studio di Stenberg e Campos in cui trattennero le
braccia a gruppi di bambini di età differenti (uno, quattro, sette mesi) e osservarono i loro comportamenti.
Confrontarono le espressioni facciali dei bambini con quelle standard, ottenute tramite il MAX, un sistema
che aveva permesso in passato di discriminare gli elementi delle espressioni facciali negli adulti.
Risultati: i bambini di quattro e sette mesi mostravano i pattern associati alla rabbia, mentre quelli di uno
non lo facevano mai.
MOLTEPLICITÁ DEI COMPORTAMENTI NEI LATTANTI
Ekman, Friesen e Oster hanno individuato nei lattanti ventiquattro espressioni facciali specifiche sia nei
neonati nati a termine che in quelli prematuri. Inoltre, tramite videoregistrazioni hanno tentato di stabilire
il significato delle differenti espressioni facciali tramite due metodi:
- Osservazione di pattern basati sul verificarsi simultaneo dell’azione di muscoli indipendenti;
- Sincronizzazione di movimenti facciali particolari in relazione a eventi stimolo.
Esempio: il sorriso inizialmente è dato dal movimento di un solo muscolo, successivamente vengono
coinvolti più muscoli con lo svilupparsi di interazioni sociali.
Neonatal Assessment Scale: scala di ventisei attività comportamentali e venti attività riflesse del neonato
umano in interazione con l’adulto, messa a punto da Brazelton (es: reagire a un tono di voce femminile
piuttosto che maschile, reagire all’odore dell’acqua piuttosto che a quello dell’acqua zuccherata).
Che cosa si intende per etogramma infantile?
Etogramma: lista esauriente di comportamenti
osservabili in una data specie animale in condizioni
naturali.
Quello dei lattanti è stato messo a punto da Young e
Decaire nel 1977 ed è una lista di espressioni facciali e
vocalizzazioni collegate alle emozioni. Quindi, tramite
l’osservazione di un comportamento di natura sociale,
affettiva o comunicativa. È stato costruito in tre fasi:
- Osservazione di sei bambini e videoregistrazione;
- Applicazione ad altri trenta bambini;
- Applicazione ad altri quaranta bambini.
Risultato: 42 espressioni facciali, 10 vocalizzazioni.
Conclusione: le espressioni raccolte sono espressioni primarie di comunicazione interpersonale e sono la
base per la costruzione delle espressioni complesse presenti in bambini anche più grandi.
Riflessi dei bambini prima dei quattro mesi:
- Rooting: voltare la bocca verso uno stimolo tattile;
- Riflesso di Babinski (o plantare): allargare le dita dei piedi al grattare della pianta;
- Riflesso di prensione: afferrare un oggetto con le mani;
- Riflesso di Moro: estensione degli arti con inarcamento del dorso provocato da un forte
rumore.
Quali tipi di dati si possono usare per fare inferenze sulle emozioni negli animali?
Secondo Marler gli stati emozionali:
- Sono generalizzati;
- Influenzano pattern di comportamento;
- Spesso correlano con un’attivazione del sistema nervoso autonomo;
- Compaiono quando è spesso presente un senso d’urgenza;
- Hanno molta forza, tanta da rendere difficile bloccarli in breve tempo;
- Coinvolgono soprattutto la muscolatura involontaria;
- Non sono facilmente controllati;
- Sono associati a comportamenti di evitamento o avvicinamento;
- Sono generalmente diretti verso altre persone nell’ambiente.
Queste sono le caratteristiche per cui è possibile fare un’inferenza su un’emozione, ma è giusto
sottolineare che in assenza di una o più è comunque possibile compiere un giudizio sulla presenza o meno
di un’emozione.
In particolare, secondo Freedman, l’attaccamento sociale è infierito in base ai seguenti dati, che
coinvolgono sia madre che bambino:
- Tentativo di mantenere la vicinanza fisica;
- Scomparsa di sguardi reciproci;
- Sorriso reciproco;
- Tubare;
- Risata e gioco reciproci;
- Segni di protezione del piccolo.
Talvolta è difficile fare inferenze sull’emozioni poiché sono spesso stati misti e complessi e riflettono
l’interazione di tendenze opposte (es: approccio e evitamento, attacco e fuga, sessualità e aggressività), che
permettono lo studio delle emozioni, in particolare nei bambini, solo tramite una serie inferenze.
La funzione del comportamento emozionale nei lattanti
Il comportamento emozionale nel lattante ha principalmente la funzione di aumentare la sua probabilità di
sopravvivenza. Siccome problemi di sopravvivenza esistono sin dalla nascita, devono esistere
comportamenti emozionali che li evitino o risolvano sia nel bambino che nella madre (es: il sostegno e
l’attenzione della madre devono arrivare prima che il bambino impari come attirarli).
Quindi, le emozioni possono essere concepite come segnali comunicativi emessi dal bambino che agiscono
per stabilizzare lo stato interno dell’organismo di fronte a una modificazione dell’ambiente, aumentare
perciò sostegno, prot