vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Una persona indebolita e danneggiata dalle sue credenze patogene può tentare di
proteggersi con due strategie opposte: può manifestare una forte ambivalenza oppure
ricorrere al meccanismo di difesa della scissione.
Il rapporto tra la vergogna e il senso di colpa: la vergogna, il senso di colpa,
l’angoscia e la paura derivano dalle credenze patogene che l’individuo si forma
nell’infanzia in seguito ad esperienze traumatiche con i genitori e i fratelli. Il bambino
può provare vergogna se pensa che il genitore la provi. Può esperire il senso di colpa
verso i genitori se riesce a superare la vergogna.
Capitolo 3: il compito del terapeuta
Secondo la nostra teoria, il compito fondamentale del terapeuta è aiutare il paziente a
disconfermare le proprie credenze patogene e a perseguire gli obiettivi che esse
ostacolano. Paziente e terapeuta hanno un obiettivo comune. Questo è talmente
importante che permette di valutare una data tecnica mediante un semplice
criterio: il terapeuta sta contribuendo, direttamente o indirettamente, alla
disconferma delle credenze patogene?
Quando il paziente si accorge che il terapeuta condivide i suoi piani, reagisce
positivamente sentendosi più fiducioso e più rassicurato (può avvenire dopo il
superamento di una prova oppure dopo un’interpretazione consona ai piani). Quando
invece si oppone ai suoi piani reagisce negativamente e diventa più insicuro e più
angosciato. Il terapeuta deve aiutare il paziente a sentirsi abbastanza sicuro da far
fronte ai pericoli che le credenze patogene gli fanno presagire.
Paragone tra due teorie: neutralità contro assecondare i piani del paziente: la prima
teoria freudiana raccomanda al paziente di essere neutrale e di non prendere
posizione, anzi, vieta espressamente di imporre le proprie opinioni al paziente, ma dice
di rendere il paziente consapevole degli aspetti in conflitto e di fornirgli gli strumenti
necessari affinché possa autonomamente risolverlo attraverso il pensiero cosciente.
Nella nostra teoria invece il conflitto nasce tra obiettivi normali e desiderabili del
paziente e la sua paura di perseguirli, per il timore di mettere in pericolo lui stesso o
qualcuno che ama. In questo processo il terapeuta prende posizione a favore degli
obiettivi del paziente, con l’obiettivo si aiutarlo a raggiungerli, permettendogli di
capire che i pericoli presagiti non sono reali. Alcune volte il terapeuta può superare un
test mostrando il proprio accordo con le idee del paziente, in altri casi invece non
condividendole e contestando le sue formulazioni.
Riguardo all’uso delle rassicurazioni e dell’autorità, la teoria freudiana
raccomanda di astenersi dall’esprimere raccomandazioni e dal porre divieti, per
raggiungere il suo scopo fondamentale di rendere conscio ciò che è inconscio bisogna
basarsi soprattutto sull’interpretazione. La nostra teoria invece si basa sull’assunto
che, oltre che sulle interpretazioni, il terapeuta deve servirsi anche della
rassicurazione e dell’uso dell’autorità, perché ci sono casi in cui questo uso va nel
senso dei piani del paziente.
L’attenzione alle reazioni del paziente agli interventi del terapeuta costituisce il modo
più efficace di capire i suoi obiettivi.
La raccomandazione della prima teoria freudiana riguardo alla protezione
dell’autonomia del paziente è collegata alla raccomandazione di incoraggiare il
paziente ad assumersi la responsabilità dei propri problemi. Nella nostra teoria il
terapeuta deve cercare di far capire al paziente che ha sofferto per il
comportamento inadeguato dei genitori e di averlo tacitamente giustificato,
convincendosi così di meritare il loro rifiuto. Individuare l’origine delle credenze
patogene nelle esperienze traumatiche con i genitori aiuta il paziente ad assumersi la
responsabilità di risolvere i propri problemi. Se invece il terapeuta scoraggia il
paziente nel tentativo di riconoscere il ruolo dei genitori nello sviluppo della sua
psicopatologia, il paziente può essere ostacolato nel tentativo di risolvere i suoi
problemi. Il paziente inoltre non ha bisogno di essere spronato a lavorare in terapia, è
già di suo molto motivato a risolvere i suoi problemi e, se gli si fornisce la sicurezza
necessaria, riuscirà a risolverli in gran parte da solo.
Valore di un approccio caso-specifico: una teoria della tecnica che prescrive lo
stesso approccio per ogni paziente non è sufficientemente flessibile, può essere adatta
alla cura di alcuni pazienti ma non di altri. Ad es. le tecniche prescritte dalla prima
teoria freudiana non sono adatte al trattamento dei pazienti che hanno bisogno di
rassicurazioni, di essere accettati oppure di essere trattati in modo autoritario.
Le raccomandazioni di Kohut: le sue idee rappresentano un progresso nella teoria della
ricerca, rispetto alla prima teoria freudiana, perché afferma che la psicopatologia
potrebbe derivare dai rapporti disturbati del bambino con i genitori. Il metodo di
Kohut è utile per quei pazienti per cui la prima teoria freudiana non era adatta.
L’esperienza emotiva correttiva: il terapeuta aiuta il paziente permettendogli di
ottenere esperienze emotive correttive significative. Il paziente è profondamente
influenzato dalle reazioni del terapeuta alle prove a cui egli lo sottopone. Il
terapeuta che si serve dell’empatia per capire le motivazioni inconsce del paziente
non recita un ruolo quando reagisce in modo appropriato all’esame a cui il paziente
lo sottopone, ma si comporta in modo appropriato ed empatico. Funge da
modello, il paziente si serve del suo esempio per capire come reagire in modo
appropriato.
Capitolo 4: il piano del paziente
Fin dal primo contatto con il paziente, il terapeuta deve tentare di capirlo,
cercando di esprimere in parole le credenze patogene del paziente, i suoi obiettivi e i
suoi piani (questa teoria va contro l’idea di evitare di definire i problemi del paziente
all’inizio del trattamento e solo dopo un prolungato periodo di indagine,
pensando che se il terapeuta formulasse troppo presto delle ipotesi sul paziente,
rischierebbe di rimanere ancorato alle impressioni iniziali. Se il terapeuta elabora
delle ipotesi, anche se molto provvisorie, ha in mano qualcosa su cui lavorare,
può verificarle di fronte a nuove osservazioni e quindi confermarle, modificarle oppure
metterle da parte. Inoltre queste ipotesi gli permettono di avere più probabilità di
superare i test. Quindi durante le prime sedute il terapeuta deve tentare di elaborare
delle formulazioni provvisorie. Il terapeuta può iniziare a formarsi le proprie idee sul
paziente in base ad una data fonte di informazione e poi controllare o affinare
queste stesse informazioni in base ad altre fonti. Deve cercare di capire dove il
paziente vuole andare e può essere sorpreso di scoprire quanto sia facile percepire i
suoi piani (valutatori appena un po’ addestrati sono in grado di definire i piani del
paziente in modo affidabile).
Valutazione degli obiettivi dichiarati dal paziente: nel tentativo di elaborare i veri
obiettivi inconsci del paziente in base ai suoi obiettivi dichiarati, il terapeuta deve
partire dall’assunto che i veri obiettivi del paziente sono normali e ragionevoli. Se il
paziente dichiara obiettivi scarsamente plausibili, probabilmente lo fa obbedendo a
potenti credenze patogene inconsce. In questi casi il terapeuta all’inizio del
trattamento non deve prendere alla lettera le affermazioni del paziente. Oppure può
essere incapace di dichiarare esplicitamente i suoi obiettivi, perché è
inconsciamente in conflitto tra il desiderio di esprimerli e la paura di rivelarli.
Vorrebbe perché crede che il terapeuta possa aiutarlo a perseguirli, ma allo stesso
tempo teme che, rivelandoli, ne resterebbe traumatizzato, perché teme che il
terapeuta condivida le sue credenze patogene che gli stanno impedendo di perseguire
i suoi obiettivi. In altri casi ancora il paziente può avere talmente paura da evitare di
parlarne oppure dichiarare obiettivi opposti a quelli autentici, ma, anche in questi
casi, fornisce sempre qualche indizio su quelli che sono i suoi veri obiettivi.
Valutazione delle esperienze infantili con i genitori: il terapeuta cerca di comprendere i
problemi del paziente in base alla descrizione della sua infanzia. È soprattutto
interessato a stabilire di quali traumi ha sofferto e quali credenze patogene ne ha
tratto.
Gli shock traumatici: il paziente che ha vissuto nella sua infanzia un evento
catastrofico improvviso tende a viverlo come una punizione per qualcosa di male
che ha fatto, può quindi sentirsi colpevole e responsabile.
La sottomissione a genitori inadeguati: il bambino considera i genitori autorità
supreme con le quali deve andare d’accordo ad ogni costo, fa di tutto per formare e
mantenere il suo legame con loro, cerca di adeguarsi alle loro aspettative e pensa che
essi lo trattino nel modo in cui merita di essere trattato. Se il bambino percepisce che i
genitori sono depressi, bisognosi o fragili può assumersi la responsabilità della loro
infelicità e sforzarsi di renderli felici, se fallisce nei suoi sforzi può sentirsi fallito in
tutto. Es. genitori che non si interessano al bambino, può diventare depresso, perché
può pensare che il suo destino sia quello di dare e non di ricevere, se lo criticano può
rifiutare le critiche a livello cosciente ma crederci e pensare di meritarle
inconsciamente, se imprevedibili scoppi di rabbia, può rimanere costantemente vigile
e convincersi di essere sempre in pericolo, se non riescono a proteggerlo e lo
espongono a pericoli che superano la sua capacità di affrontarli, può pensare che il
mondo sia pericoloso e che lui non meriti protezione, se vittima di abusi sessuali
incolperà se stesso e proverà vergogna, se il genitore nega, può risultare danneggiato
il suo senso di realtà (problema: deve dimenticare l’abuso subito e allo stesso tempo
ricordarlo, può affrontare il problema con la dissociazione oppure con le personalità
multiple.
L’identificazione del bambino con genitori inadeguati: il terapeuta deve tenere conto
che i genitori sono per il bambino dei modelli di ruolo, ed è estremamente difficile
per il bambino sviluppare abilità di cui i suoi genitori non sono in possesso.
Il senso di colpa del sopravvissuto: molte persone credono che siano state trattate
meglio dal destino, rispetto ai genitori e ai fratelli e che questa sorte sia stata ottenuta
a loro spese. Chi ne soffre può non riuscire ad approfittare delle proprie opportunità
per solidarietà nei confronti dei propri familiari oppure, se ne approfitta, trova il modo
per punirsi per averlo