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METODO NARRATIVO
Da dove viene la sofferenza del paziente?
Un po’ della risposta sta nella sua esperienza recente e un po’ nella sua esperienza passata.
- Dobbiamo ricostruire la storia del paziente con un metodo: disciplinare la procedura del giudizio
iniziale che fa rispetto alla storia del paziente e ascoltare la storia di vita del paziente astenendosi da
questo giudizio.
- La ricostruzione delle storie di vita è un atto terapeutico, non solo assessment o anamnesi:
ascoltare, ricostruire, riorganizzare, rendere il contenuto della narrazione più fruibile per la mente,
più integrato in tutte le sue forme.
Alice Prederi
A cosa serve la raccolta della storia?
Connettere una parte della propria storia con un modo di funzionare attuale, per non concludere che è la
persona stessa a essere sbagliata o che il mondo ce l’ha con lei.
- Il racconto permette al cervello di riorganizzarsi in un modo nuovo.
- Integrazione: quando ci si spiega la sofferenza, si mette il cervello in connessione.
- Possibilità di avere un racconto che tenga insieme un dolore che prima era buio.
- Se si riescono a vedere delle nuove connessioni, possono essere attuate nuove azioni, più adattive.
Cosa fa il clinico?
Il clinico ascolta il racconto del paziente e comincia a capire se qualcosa che racconta ruota attorno a temi
narrativi critici (es: impossibilità di orientarsi dentro la relazione, impossibilità di esprimersi
nell’attaccamento e di stare insieme agli altri, malfunzionamento dei sistemi di rango, ecc.).
- Il clinico sta nelle storie dei pazienti, ascolta i loro racconti e comincia a vedere se, qualcuno di
questi racconti si organizza intorno a qualcosa che sta nelle mappe considerate.
- Nella storia di questa persona, qualcosa non funziona, che cosa?
- Quali sono gli aspetti critici del suo tentativo di dare senso alla sua vita?
- In quale processo ha fallito? Cos’è che ha provocato sofferenza?
Narrazione e cambiamento
Con il clinico, il paziente può vivere una relazione diversa, breve ma capace di falsificare parzialmente le
precedenti teorie sulle relazioni umane, o fare invece un po’ d’ordine in quella troppo confusa, in cui non
riesce più a riconoscersi.
- La relazione con il clinico è un incontro tra due persone che condividono il significato di un progetto
comune contro la sofferenza quando questa sembra incomprensibile e priva di senso.
Entrare nella narrazione permette:
- Comprensione dei punti critici.
- Restituzione: ricostruire insieme al paziente una nuova narrazione esterna.
- Nuova narrazione condivisa: il clinico aggiunge dettagli alla narrazione del paziente, così che possa
rispecchiarsi in modo diverso.
- Riorganizzazione, ricostruzione di alternative, rispetto a come stare nel mondo, rispetto a se stessi
e al modo di narrarsi.
L’idea che la narrazione possa essere trasformativa, utile in senso terapeutico, si basa sull’ipotesi di base che
sia la mente stessa a essere narrativa: ci costruiamo l’idea di noi in modo narrativo e relazionale.
- La relazione con il clinico diventa un’esperienza correttiva: modalità con cui il paziente fa una sorta
di training, abituandosi a stare dentro gli strumenti che porta (dentro alle sequenze critiche e capire
dove nascono le disfunzioni). È un nuovo modo di leggere e raccontarsi rispetto a un racconto che
contiene dolore, difficoltà di stare con gli altri e inaccessibilità di significati.
Analisi funzionale
È uno strumento di indagine il cui obiettivo è quello di giungere a una diagnosi esplicativa del disturbo
(perché il paziente ha quel disturbo?). Leggiamo le sequenze delle scene: dagli antecedenti alle
conseguenze.
Alice Prederi
Una delle tecniche per analizzare le sequenze disfunzionali è l’ABC (Ellis): sistematizzazione del processo che
porta da una situazione alla risposta emotiva tramite scomposizione del racconto in sequenze per poi
rimetterle in ordine e ricostruirle in modo migliore.
Diversi tipi di ABC:
- ABC comportamentale:
o Antecedenti: eventi attivanti, cioè contesto, dove, quando, chi, cos’è successo (es: a casa da
solo ieri pomeriggio).
o Comportamenti: cosa è stato fatto/detto (es: abbuffata).
o Conseguenze: cosa è successo dopo (es: vomito).
- ABC cognitivo:
o Antecedenti: contesto, dove, quando, chi, cos’è successo (es: a casa da solo ieri
pomeriggio).
o Credenze: pensieri automatici, immagini, fantasie (prodotti per dare significato all’evento),
cosa passa per la testa in quel momento (es: non sopporto di non avere nulla da fare, sono
inutile, sto perdendo tempo).
o Conseguenze: emozioni, arousal, azioni (effetti dell’elaborazione cognitiva sul piano emotivo
e comportamentale), come ci si sente, cosa si è fatto dopo (es: noia, agitazione, abbuffata).
o Diventare consapevoli che gli eventi attivanti sono filtrati dalle credenze è il primo passo
terapeutico necessario. Si cominciano quindi a individuare le credenze funzionali e
disfunzionali (o irrazionali) del paziente, per capire cosa accompagna il disagio del paziente,
nel momento in cui scatta il disturbo, in quanto sono proprio queste credenze che generano
emozioni negative (es: le pretese assolute, un tipo di credenza irrazionale, si esprime in
imperativi assoluti che se non soddisfatti porta all’attivarsi di altre credenze irrazionali e alla
reazione negativa).
o Si indagano anche le distorsioni cognitive, che quando diventano croniche possono portare
allo sviluppo delle patologie. Le distorsioni cognitive sono:
▪ Pensare in bianco e nero (pensiero dicotomico): senza sfumature.
▪ Generalizzare.
▪ Sopravvalutare le probabilità di un evento spiacevole.
▪ Minimizzare il positivo.
▪ Catastrofizzare: anticipare qualcosa di brutto e viverlo male.
▪ Ragionare in base alle emozioni.
▪ Fare l’oracolo o predire con certezza.
▪ Dare eccessiva importanza al passato.
▪ Giudicare globalmente le persone e non i loro comportamenti.
▪ Pensare che ormai è troppo tardi per cambiare.
Successivamente, si è preferito parlare di CESPA piuttosto che di ABC. Si indagano:
- Contesto (C): cosa è successo (es: a casa da solo ieri pomeriggio).
- Emozione e sensazione (ES): capire le diverse gradazioni di regolazione emotiva (intensità e qualità)
(es: noia 6/10, agitazione 8/10, senso di irrequietezza alle gambe e vuoto allo stomaco).
- Pensiero (P): pensieri automatici, immagini, fantasie e pensiero alternativo (es: non sopporto di non
avere nulla da fare, sono inutile, sto perdendo tempo).
- Azione (A): azioni e azione alternativa (es: abbuffata).
Alice Prederi
Scomporre la sequenza dei vissuti per capire in che rapporto stanno i comportamenti rispetto alla
regolazione emotiva e cognitiva. Questo rende possibile una ri-narrazione perché viene cambiata la
prospettiva.
- Riconoscere le sequenze emotive, cognitive e comportamentali disfunzionali.
- Riconoscere sistemi motivazionali interpersonali, funzioni metacognitive, distorsioni cognitive,
emozioni, meta-emozioni.
- Identificare alternative interpretative alle sequenze disfunzionali e dare indicazioni di strategie
alternative di condotta.
Per modificare i pensieri automatici, si fanno delle domande al paziente:
- Quali prove a favore di/contrarie a questo pensiero?
- Qual è la cosa peggiore che potrebbe accadere?
- Qual è la spiegazione più realistica?
- Che effetto può avere modificare questo pensiero oppure mantenerlo?
Modo per prendere distanza dai pensieri e per far lavorare il paziente sulla distinzione tra pensiero e realtà,
in quanto la fusione tra pensiero e realtà è alla base di molti disturbi (“se lo penso, allora accade”), la cui
unica uscita è l’evitamento.
Narrazioni funzionali e disfunzionali
Il trauma inficia sulle caratteristiche che definiscono una buona storia a ogni livello. Si va a vedere:
- Quanto la narrazione del paziente è sufficientemente integrata: il livello più complesso di
integrazione della narrazione è la capacità di costruire delle storie che siano in grado di creare un
senso di sé unitario. Un deficit della funzione narrativa di integrazione implica:
o Impossibilità di creare nessi logici o meta narrazioni che consentano di integrare e accedere
al livello cosciente delle storie.
o Identifica in particolar modo gli individui che hanno subito un trauma complesso e
presentano un disturbo dissociativo.
o Le sequenze sono confuse e non sono ricostruibili senza l’aiuto del terapeuta. Manca un filo
che intrecci le varie storie all’interno della memoria autobiografica.
▪ Il compito del clinico è cercare di ricostruire insieme al paziente il filo conduttore
degli elementi della storia.
- Quanto la narrazione del paziente è sufficientemente produttiva. Un deficit della funzione
narrativa di produzione implica:
o Il paziente non possiede una gamma di narrazioni sufficientemente ampie per sentirsi
agente attivo della propria vita.
o Iperproduzione delle narrazioni e deficit di gerarchizzazione: i pazienti raccontano spesso
storie o troppo numerose e apparentemente eccitanti oppure storie stagnanti, così
scollegate da non riuscire a ristabilire un ordine e una gerarchia. Sembrano quindi
paralizzati perché le storie non consentono loro di intraprendere un’azione.
o È uno stile narrativo che può complicare la relazione terapeutica, poiché può suscitare
sentimenti di rabbia, irritazione o rifiuto nel terapeuta.
Linguaggio delle narrazioni traumatiche
- Le parole rappresentano il ponte che collega la realtà alla mente e sono i mediatori nella
costruzione dei significati.
Alice Prederi
- Lo studio del linguaggio delle narrazioni è stato ritenuto un metodo valido per l’analisi dei processi
psicologici di adattamento e uno strumento terapeutico, soprattutto in relazione a eventi critici e
traumatici.
Analisi della narrazione: coordinate su cui ci si muove per analizzare una narrazione.
- Struttura e funzione narrativa:
o Incoerenza (frasi ripetute e interrotte, disconnessioni causali, confusione temporale,
disarticolazione e incomprensibilità).
o Deficit di produzione/integrazione narrativa.
- Forma linguistica:
o Prevalenza di dettagli sensoriali e percettivi.
o Parole emotive, cognitive, processi sociali.
o Uso di connettori causali e di termini indicanti insight.
o Uso dei tempi verbali.
o Uso dei pronomi.
- Contenuto semantico:
o Alterazione nella percezione di sé e degli altri.
o Prevalenza di sentimenti di colpa e vergogna.
o Effetti negativi sul senso di autoefficacia e controllo (vulnerabilità).
o Intimità vs isolamento.
o Temi di vita (come si configurano).
Teoria della cura e sintonizza