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I SIGNIFICATI DELL’AUTONOMIA.
Un principio regolativo.
L’autonomia può essere considerata un principio regolativo dei
processi educativi, ovvero un punto di riferimento ideale che ha lo
scopo di dare unità all’azione educativa; Si configura come una meta
da perseguire: osservando la crescita dell’essere umano dall’infanzia
alla vecchiaia, è possibile constatare che essa costituisce un’istanza
fondamentale dei processi di crescita. Il cammino di un uomo parte,
infatti, da una condizione di dipendenza: il bambino piccolo
sperimenta il senso di totale affidamento nei confronti di una figura
adulta. Sebbene nel linguaggio comune sia utilizzata con una
connotazione negativa, la dipendenza in realtà non è una condizione
negativa. Anzi, nella vita infantile il fatto di poter dipendere da un
adulto è indispensabile: proprio questa condizione permette al
bambino di manifestare le prime condotte autonome.
Nella fase adolescenziale, il soggetto inizia a voler esplorare e
sperimentare relazioni al di fuori della famiglia e delle altre figure
adulte.gli adolescenti possono sviluppare un atteggiamento di contro-
dipendenza, ad esempio entrando in conflitto con i genitori.
La seconda nascita che caratterizza l’adolescenza comporta la
separazione dei modelli genitoriali e costituzione dell’identità
personale attraverso un processo di individuazione che si avvale delle
relazioni con gli altri adulti di riferimento e con i coetanei. questa fase
rappresenta una sfida per ogni genitore che ha il compito, nella vita
del figlio, di modificare e modulare i propri comportamenti alla luce
di questa tendenza: ciò Significa non pretendere il mantenimento del
medesimo legame di dipendenza che caratterizzava le precedenti fasi
e, allo stesso tempo, non abbandonare il ragazzo a se stesso
ritenendolo già del tutto autonomo.
Divenire adulti significa acquisire una certa indipendenza rispetto alla
famiglia di origine. Le relazioni coniugali invitano ad affrontare nuove
forme di dipendenza rispetto al coniuge. E li intimità che caratterizza
il giovane adulto consiste proprio in quella capacità dell’individuo di
decidere di voler condividere se stesso con un altro.
Anche i legami genitoriali pongono una sfida analoga, alla ricerca di
un equilibrato rapporto di dipendenza-indipendenza nei confronti dei
figli.
La conquista dell’autonomia presuppone una stretta articolazione tra il
sostegno dell’adulto e la presa di distanza da tale figura: si tratta di
trovare il sottile e sempre mutevole equilibrio tra queste due
tendenze .
Cosa si intende con l’espressione autonomia, quali sono le diverse
forme in cui si manifesta? potremmo Schematizzare le diverse forme
di autonomia in: personale(fisica), cognitiva, sociale, affettiva, morale.
1. Autonomia personale: riguarda le azioni della quotidianità e le
risorse personali utili per affrontarla. Questa dimensione è
particolarmente evidente nei bambini piccoli ma anche in termini
educativi nella vita delle persone adulte con disabilità. Compito di
chi si occupa di educazione è coltivare la capacità di questi
soggetti di muoversi nello spazio o di portare a termine attività
quotidiane senza il bisogno del supporto di un operatore.
2. Autonomia cognitiva: permette di individuare la possibilità di
comprendere, di essere compresi e di pensare a se stessi. È quella
capacità di pensare con la propria testa. L’educatore ha il compito
di sviluppare nell’educando la sua capacità di fare autocritica, di
utilizzare e auto-organizzare il proprio pensiero e le proprie
facoltà cognitive per rispondere in modo adeguato alle situazioni
in cui si trova.
3. Autonomia sociale: è definita dalla capacità di saper convivere
con e tra gli altri. Interagire e interiorizzare le norme della
convivenza sociale sono alcuni aspetti fondamentali di questa
forma di autonomia.l’educatore in questo ambito avrà cura di
sostenere la capacità di un’equilibrata auto espressione e
autoaffermazione dell’educando all’interno del contesto sociale e
relazionale, stimolandolo a interagire costruttivamente con gli
altri.
4. Autonomia affettiva: indica la possibilità per un individuo di
vivere le proprie emozioni e desideri, separandosi gradualmente
dall’aiuto dell’altro e affrontando con consapevolezza la propria
dimensione affettiva. L’educatore sentimentale si realizza
imparando ad abitare ogni tonalità della vita emotiva, anche quelle
che hanno a che fare con la sofferenza.
5. Autonomia morale: seguendo la nota distinzione kantiana, la
volontà dovrebbe essere autonoma, ovvero in grado di auto
determinare la propria legge morale, ad esempio quando un altro
individuo prescrive come bisogna comportarsi. Secondo questa
prospettiva l’educazione dovrebbe favorire la costruzione
autonoma di principi etici che guidano i comportamenti del
soggetto in formazione.
Alla luce di questi elementi, l’autonomia appare come un processo
complesso che richiede un adattamento costante è una ricerca di
equilibrio tra le diverse forme di autonomia.
Compito dell’educatore sarà avere bene in mente queste distinzioni
analitiche quando progetta e realizza il proprio intervento educativo.
Un concetto denso.
L’autonomia non può essere considerata una conquista definitiva. Il
percorso dell’autonomia e quindi in primo luogo un processo lungo,
complesso e non lineare sempre aperto a cambiamenti ed evoluzioni.
In secondo luogo rappresenta una conquista difficile, che richiede un
continuo sforzo nell’elaborare una propria interpretazione della realtà
e la formulazione delle proprie scelte. Infine è un processo costoso dal
punto di vista psicologico e delle dinamiche sociali coinvolte, perché
richiede molte energie.
Secondo Anne Marie Pôlet-Masset l’autonomia è definita attorno a tre
assi.
1. Il primo è caratterizzato dalla tensione dialettica tra dipendenza e
interdipendenza. L’autonomia consiste nel riconoscere le proprie
dipendenze ed evolvere verso l’indipendenza. Non si è mai né
completamente dipendenti, né completamente indipendenti dagli
altri. Ciò significa che quando ci si riferisce all’autonomia e se
valutabile solo all’interno di un contesto e in relazione alle altre
persone.
2. Il secondo asse vede la tensione dialettica tra rispetto delle norme
e libertà. Le norme sono quelle della società nel suo complesso o
di un’organizzazione specifica, ad esempio il contesto lavorativo o
quello scolastico. La persona autonoma utilizza le regole come
strumenti per ottimizzare la propria partecipazione e le proprie
azioni: le norme, quindi, sono funzionali alla propria
emancipazione. Da qui consegue l’importanza delle regole nei
processi formativi: un bambino può crescere come essere
autonomo solo se incontra un genitore, un maestro, un adulto che
pone delle regole spiegando nel senso.
3. Il terzo asse è associato alla consapevolezza di sé e alla
responsabilità che contraddistingue ogni individuo: la dialettica
che caratterizza questa dimensione è tra il sé dominato e il sé
dominante. Un soggetto autonomo è in grado di conciliare queste
due tendenze. Questa dimensione riguarda anche il rapporto con
gli altri: il soggetto non è esclusivamente in balia delle decisioni
altrui, né può ritenersi in grado di controllare totalmente la vita
degli altri.questo asse contribuisce a sviluppare l’autocoscienza e
la responsabilità poiché porta a compiere delle scelte tenendo
conto di se stessi e degli altri.
Ciò richiama il concetto di “agency”, sviluppato nelle scienze sociali,
con il quale si intende la capacità degli individui di avere il potere e le
risorse per realizzare il proprio potenziale.
L’agentività e quindi la capacità di agire secondo la propria volontà,
che può essere influenzata dalle credenze e dei valori che ognuno si è
formato nel corso della propria vita.
Il compito di ogni educatore è quindi favorire nel soggetto che cresce
e l’emergere delle capacità di agire in modo autonomo e responsabile,
ma non si tratta solo di intervenire ponendo limiti e regole, occorre
anche lasciare spazio per sperimentare la propria agentività.
Secondo questi tre assi, l’autonomia tiene conto della presenza degli
altri, delle regole e della responsabilità individuale.sviluppare
l’autonomia dell’educando significa sostenere la sua capacità di fare
delle scelte, di assimilare le proprie decisioni e sentirsi responsabile
delle proprie azioni.
Autonomia come interdipendenza.
Se nel linguaggio comune la parola autonomia e solitamente utilizzato
come sinonimo del termine indipendenza, in ambito pedagogico
questa equivalenza è piuttosto problematica.
Intendere autonomia solamente come indipendenza corre il rischio di
proporre un’immagine di persona rinchiusa in se stessa, che pone in
termini individualistici i propri interessi a fondamento dell’azione. Se
si insiste esclusivamente su questa accezione, nei processi educativi si
corre il rischio di sostenere forme di autonomia non sempre positive:
non si possono dimenticare infatti le possibili ombre
dell’indipendenza.
• la prima ombra e quella del bambino lasciato solo. In questo
caso l’indipendenza è sinonimo di isolamento: molto
probabilmente quel bambino diventerà indipendente, perché
obbligato a badare a se stesso. Imparare a essere soli non si
costruisce mettendo il soggetto nella condizione materiale di
stare da solo. viceversa, si favorisce questa capacità
sperimentando l’essere soli ma in presenza di altri adulti
significativi.più in generale, il soggetto diviene autonomo
sperimentando forme di indipendenza attraverso il supporto e la
vicinanza delle figure educative di riferimento.
• La seconda ombra dell’indipendenza fa riferimento alla figura
del bambino tiranno, quel soggetto che, privo di regole, non ha
interiorizzato le norme della convivenza: è indipendente perché
crede di poter fare ciò che vuole e perché è convinto di poter
disporre degli adulti o dei coetanei a proprio piacimento.
Costruire autonomia o preservarla non vuol dire assecondare
tutte le richieste dell’educando, piuttosto favorire un’equilibrata
valutazione delle risorse e dei limiti contribuisce individuare i
margini di autonomia della persona per un’efficace
trasformazione della situazione.