KHUN – PARADIGMA E COMUNITA’ SCIENTIFICA
Kun aveva pubblicato un libro il quale aveva scaturito diverse reazioni. All'interno del libro il
termine paradigma ha fatto scaturire molte opinioni. I critici sono stati unanimi nell’evidenziare
gran numero di sensi diversi, in cui il termine meno usato. Un critico riteneva la questione di
un esame sistematico e ha compilato un indice analitico parziale e ha scoperto che il termine
viene usato in almeno 22 modi diversi che vanno da un risultato scientifico concreto a un
insieme caratteristico di credenze e preconcetti. Qualunque sia il loro numero, gli usi del
termine paradigma si dividono in 2 gruppi che richiedono nomi differenti e discussioni
separate: il termine paradigma viene usato con un significato globale che comprende tutte le
adesioni condivise da un gruppo con l'altro significato, si indica una specie particolarmente
importante di adesione ed è quindi un sottogruppo del primo. Nel libro il termine paradigma
compare in stretta vicinanza con l'espressione comunità scientifica. Un paradigma è ciò che i
membri di una comunità scientifica condividono. Al contrario, è il possesso di un paradigma
comune che forma di un gruppo di uomini altrimenti disperati, una comunità scientifica. Una
comunità scientifica è formata da coloro che praticano una specializzazione scientifica.
Vincolati da elementi comuni nella loro educazione e nel loro addestramento, essi si vedono e
vengono visti dagli altri come i responsabili del perseguimento di un insieme di finalità
condivise, tra le quali e compresa l'educazione dei loro successori. I membri di una comunità
scientifica avranno assimilato la stessa letteratura e tratto lezioni analoghe da essa. Di comunità
ne esistono molteplici livelli. Tutti gli scienziati che si occupano di Scienze naturali formano
un'unica comunità, ma un livello leggermente inferiore. I principali gruppi scientifici
professionali sono i fisici, i chimici, gli astronomi, gli zoologi e così via. L'autore aveva pensato
di adottare questa denominazione di paradigma. Ma ha pensato che ci sarebbe stata minore
confusione se lo avesse sostituito con l'espressione matrice disciplinare, disciplinare perché
costituisce il possesso comune di coloro che sono impegnati nella ricerca all'interno di una
disciplina particolare e matrice, perché è composta di elementi ordinati di vario genere.
COLOMBO – IL CRITERIO METODOLOGICO DELLA RIFLESSIVITA’
La cultura porta introdurre il tema della riflessività che rappresenta in termini molto semplici,
la capacità delle conseguenze dall'oggetto del suo pensare. Questo presuppone che l'attore
sociale riesca a fare delle proprie azioni un oggetto del pensiero, ovvero sviluppi un punto di
vista esterno su di sé. Questo è possibile soltanto se si trovano elementi di rispecchiamento
fuori dal medesimo se; così forte da interrompere il flusso dei pensieri e le costruzioni
quotidiane del senso comune. Si tratta di un attore sociale capace di distacco dalla realtà e di
metacognizione che non dà per scontato nulla. Questa rivoluzione può avere ricadute di rete
sull’agire professionale, specialmente nell'ottica del professionista ricercatore nell'ambito
educativo. Sono tre decenni che l'istanza della riflessività è presente nel dibattito sul metodo
delle scienze socio pedagogiche, dibattito introdotto da Antony Giddens che ha dichiarato che
nella maggior parte delle correnti di pensiero sociale la riflessività è dichiarata come un mero
elemento di disturbo, le cui conseguenze possono essere trascurate. La riflessività è divenuta
via via una componente essenziale e un criterio metodologico sempre più richiamato dai
sostenitori dell'approccio socio costruttivista e dei metodi qualitativi. Ci sono diverse
caratteristiche della riflessività. La prima è la circolarità, in quanto il soggetto che riflette
necessità di una qualche forma di interazione che introduca susciti il meccanismo che sta alla
base del pensiero riflessivo, ovvero l'assunzione di un punto di vista esterno. A partire dal
disagio conoscitivo la circolarità è presente. Orario complessivo del riflettere, dal momento che
si supera la visione lineare della razionalità tecnico strumentale per far posto al dubbio,
all'imprevisto alla novità. La seconda caratteristica è l'unicità, in quanto il circuito riflessivo si
inneschi in un momento tanto dell'esperienza e del frutto originale di qualche irripetibile
circostanza. L'atteggiamento riflessivo sorge con maggiore, forse in vista di situazioni
problematiche, e quando si rompe il quadro delle pratiche consolidate e il repertorio delle
soluzioni pronte per l'uso. In quel momento il professionista fa ricorso, le sue doti extra
Razionali senza preoccuparsi sarà coerente con i mezzi impiegati. Dunque, la riflessività è
un'esperienza vissuta naturalmente e anche la nozione di esperienza va ricollocata e non più
vista come un percorso lineare, ma come un processo discontinuo, in cui provvisorietà e
reversibilità sono caratteri costitutivi. L'autenticità deriva dall'esperienza vissuta e
rappresenta una fonte di verità soggettiva per l'intero processo del sense-making anche quando
l'evento o il contesto sono richiamati a posteriori attraverso tecniche-azione come nella
scrittura creativa. Il carattere unico del processo riflessivo richiama l'importanza della terza
caratteristica, la dimensione temporale, il tempo e il presente in ogni aspetto della riflessività,
sia perché la pratica del riflettere richiede un darsi tempo e sia perché l'oggetto del pensare è
riferito a una qualche scansione temporale dell'esperienza vissuta. Questa dimensione
delineata nelle pratiche riflessive dall'uso frequente della memoria dei dispositivi per attivarla.
La riflessività si esprime in stretta corrispondenza con la narrativa e i suoi strumenti empirici
sono la scrittura del diario personale, la narrazione di storie, la stesura di biografie e di
autobiografie.
L’AGIRE VALUTATIVO
L'agire valutativo, struttura l'intero processo educativo. La sua è un'azione regolatrice che è
implicita in ogni passaggio dell'agire educativo proprio in quanto aggira ancora da fare. Si tratta
di un'azione centrale e circolare, in assenza della quale qualsiasi azione del processo perde la
propria valenza educativa in quanto azione non solo sospesa in conclusa, ma anche incerta
sull'effettiva portata educativa dell'intero processo, dei passi compiuti o dei risultati raggiunti.
La sua funzione regolatrice si svolge su due piani:
↬ Descrittivo, dove la valutazione è impegnata in un'operazione di verifica che misura il
cambiamento compiuto sulle condizioni di quello prefissato e per quanto riguarda lo
svolgimento delle fasi ne controlla la regolarità della successione.
↬ Normativo qui la valutazione si misura sul dover essere indicato dal fine stesso del processo
e si fa operazione impegnata nell'attribuire un senso e un valore educativi tanto alle fasi. Quanto
ai risultati.
Nonostante questa dolce funzione, la valutazione si svolge mediante un'azione unitaria che
rileva elementi obiettivi ai quali restituire, attraverso un giudizio, validità o meno. Si tratta di
due declinazioni separabili che il processo valutativo e il compito di tenere insieme. Infatti,
senza l'interpretazione sul senso e sul valore dei dati, la loro verifica si ridurrebbe a un
rendiconto senza alcuna portata progettuale. Inoltre, in assenza di una misurazione obiettiva
dei risultati raggiunti, i giudizio di valore rischierebbe di non dare fondamento e giustificazione
al prosieguo dell'intervento. Dal punto di vista epistemologico, entrambi i piani presentano
alcuni elementi di criticità. Si tratta di criticità che sollevano il problema della scientificità della
valutazione e mettono in evidenza una specificità valutativa. Da cui dipende la possibilità di
riconoscere nell'agire educativo la condizione indispensabile per una trasformazione
umanamente connotata. La prima critica pure il problema del rigore della strumentazione
scientifica con cui vengono rilevati i dati per la valutazione dei risultati raggiunti. Questa
rigorosità, legata alla regolarità dei dati, può essere messa in discussione proprio per il fatto
che i dati dell'educazione rimandano una realtà che si distingue per la sua originaria
irregolarità. L'uomo è l'autore di quei dati ed è presenza in definizione e necessariamente
incerti, imprevedibile. La seconda criticità è legata alla questione della soggettività. I dati che le
operazioni di verifica raccolgono riportano uno stato di fatto che per aver significato dal punto
di vista educativo. Va rivisitato e ricollocato da un giudizio che dia loro un senso e un valore
educativi. Questa rivisitazione, questa ricollocazione sono atti soggettivi. Il giudizio è da
riconoscere come la massima espressione della capacità dell'uomo, una capacità per la quale la
trasformazione della realtà secondo quelle possibilità che la esprimono al meglio. Si tratta di
educare l'elemento soggettivo affinché operi con la massima serietà e con la massima
responsabilità, consapevole del fatto che il giudizio non ha in sé la garanzia di aver scelto la
soluzione migliore. La valutazione costituisce l'implicito dell'agire educativo, per quanto la
trasformazione del cambiamento dipenda da una riconfigurazione segnata dalla direzione
dall'ordine di senso progettati e proposti e unicamente nell'azione di valutazione. Che le
capacità dell'uomo possono trovare conferma del loro effettivo potere trasformativo. Solo nella
valutazione è dato provare quanto la trasformazione sia pensata, ma sia anche voluta, compiuta
e se non compiuta, sia portata dell'uomo. E’ nell'agire educativo che vengono giudicate le reali
capacità umana di trasformazione. Questo implicito dell'agire educativo deve ancora trovare
uno spazio adeguato in soprattutto nelle pratiche di dialogo, di confronto che oltre a far
riflettere sui risultati, ritornino sulla direzione sull'ordine con cui si terrà a trasformare il
cambiamento. L'implicito valutativo va esercitato in questa pratica di riflessione, la cui massima
espressione è l'autovalutazione.
AGLIERI – EDUCARE AL VALUTARE
Michael Vial sostiene che l'immensa maggioranza degli attori sociali che si trovano ad avere una
funzione di valutare non sono mai stati formati alla valutazione. Riconosciuto il ruolo della
valutazione, oggi ne
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