REGOLE, FATTI, SIGNIFICATI
1. Regole fatti significati
Il giurista lavora con due categorie di fatti: regole e comportamenti umani.
Come afferma Karl Popper, le regole giuridiche sono creazioni culturali (derivanti dal mondo 3, il
mondo delle idee oggettivate) ed attribuiscono significati ai comportamenti umani (fatti percepibili
nel mondo fenomenico). L’attribuzione di significati ai fatti ha come scopo quello di mantenere
l’ordine; perciò, si può parlare di doppia funzione della regola:
- Funzione logica: attribuire significati ai fatti naturali
- Funzione psicologica: condizionare le condotte.
2. Regole e comandi (imperativismo)
Secondo la teoria imperativistica le regole sono dei comandi derivanti dalla volontà del sovrano,
unico legislatore, che comanda sui consociati (i sudditi), facendo leva sulla abitudine ad obbedire
rafforzata dalla minaccia delle sanzioni. Questa teoria è entrata in crisi per diversi motivi:
- Il sovrano si pone in una posizione di superiorità rispetto i sudditi e quindi in una posizione
esterna dall’ordinamento giuridico in quanto se comandasse a sé stesso sarebbe anche lui
suddito.
- Il sovrano (legibus solutus), essendo esterno all’ordinamento giuridico, porta il potere
politico in una posizione superiore al diritto, quando in realtà dovrebbe dipendere da esso
(Stato di diritto). Questo contraddice l’idea secondo la quale l’autorità agisce secondo la
forza e regole conosciute.
- Le consuetudini non possono essere spiegate, in quanto non sono regole scritte dettate dal
sovrano ma norme di condotta che assumono valenza giuridica e sono composte da elementi
esterni (atti simili, uniformemente e costantemente ripetuti> longi temporis praescriptio) ed
interni (convinzione giuridica> opinio necessitatis seu iuris). Hobbes ha provato a smentire
affermando che sono la volontà indiretta del sovrano che se avesse voluto le avrebbe abolite
con le norme.
- Il diritto nasce dai cittadini, giudici, rapporti tra gli stati, tutti soggetti che sono in posizione
di parità, per questo motivo non può essere dettato da un solo elemento. In particolare, come
vediamo con le nuove costituzioni, sono frutto del lavoro di tanti soggetti e non di uno solo.
(diritto giurisprudenziale e internazionale)
3. Regole e schemi di qualificazione (normativismo)
Kelsen fa un tentativo di superare l’imperativismo: ogni entità (fatto, atto, soggetto) è rilevante
giuridicamente nel momento in cui è ricollegabile ad una regola.
La norma viene considerata da Kelsen come un insieme di enunciati dotati di significato nella quale
ad una condizione viene collegata una conseguenza.
Si discosta dall’imperativismo perché nella formulazione di tale norma scompare il sovrano.
Il cittadino, infatti, non sa chi abbia formulato la norma, sa solo che al suo “non rispetto” della
norma gli verrà applicata una sanzione.
Va a definire una gerarchia di norme, dove al vertice sta la costituzione, preceduta da una norma
fondamentale tale da attribuire validità al potere dei padri costituenti.
Kelsen per eliminare la figura del sovrano afferma:
- Spersonalizza il diritto rendendolo un insieme di meccanismi normativi. la costituzione per
avere l’efficacia deve essere rispettata da cittadini e autorità (rimette in gioco le persone, ma
non il sovrano come singolo).
- Nel normativismo la proposizione è soggetta a diverse interpretazioni senza che ne venga
individuata una migliore. Nell’imperativismo era solo soggetta alla volontà e
all’interpretazione del sovrano.
4. Regole e sentimenti verso la costituzione (realismo giuridico)
Le correnti realistiche si propongono di superare la visione del diritto come “insieme di
meccanismi normativi” e cerca di dare visibilità ai soggetti che consentono l’efficacia e l’esistenza
dell’ordinamento giuridico, come ad esempio giudici, cittadini, pubblici funzionari. Per il realismo
giuridico quindi l’ordinamento giuridico, quindi, ha vita in quanto alimentato dal senso di
appartenenza dei cittadini e delle autorità. Il “dover essere” del diritto si concretizza
nell’atteggiamento di sostegno e riferimento ad un corpus normativo.
Le diverse concezioni realistiche si possono racchiudere in due considerazioni:
1. Il realismo nella sua versione americana tende da un lato ad accrescere il valore
legislativo dei giudici che diventano partecipanti attivi del processo di formazione del
diritto, dall’altro riducono il diritto ad una previsione di cosa si deciderà in tribunale,
svuotando di valore la norma. Questa visione coglie solo una parte del diritto, il quale è
sempre un insieme di norme.
2. Viene messa in discussione la riduzione di norme a prescrizioni di condotta, in
particolare da Hébert Hans, il quale afferma che esistono anche norme che non sono di
condotta (es. norme definitorie, di validità, di qualificazione, attributive di poteri>
organizzazione dell’ordinamento), le quali sottostanno tutte alla norma di
riconoscimento: pone “in essere” l’ordinamento permettendo a tutti di individuare le
normi vigenti.
Riassumendo, l’ordinamento giuridico può dirsi effettivo se vi è un senso di appartenenza alla
costituzione da parte delle autorità e dei cittadini e questo ordinamento presenta anche norme
diverse da quelle di condotta.
5. Regole, valori e comunità dell’interpretazione
C’è un denominatore comune ai diversi modi di considerare la regola: la separazione tra diritto e
morale. I due profili (il primato della costituzione e la crescente importanza dell’interpretazione)
sono connessi.
La legge viene posta dal legislatore all’interno di un ordinamento al cui vertice vi sono alcuni
principi fondamentali che traducono i valori portanti di quella comunità. Essa significa qualcosa
alla luce dei principi fondamentali di cui deve costituire l’attuazione. L’interprete ritrova nella legge
l’oggettivazione dello sforzo compiuto dal legislatore, cioè tener conto del modo in cui questi ha
deciso di dare attuazione ai principi della costituzione. Il legislatore è suddito della costituzione:
la sua volontà e le sue parole vanno lette nel quadro della costituzione.
Il legislatore interpreta la costituzione: la legge che egli emana è realizzazione della costituzione e
quindi deve esserci un corretto intendimento di questa. Sulla sua interpretazione esercita un
controllo la Corte costituzionale.
Il legislatore ha perso anche il controllo sul significato autentico dei testi che egli ha prodotto.
Il testo entra in un processo collettivo di interpretazione, in cui le parole possono assumere
significato diverso da quelle del legislatore.
L’idea del diritto come pratica sociale interpretativa rende l’idea della complessità dell’esperienza
giuridica e della responsabilità condivisa dai diversi attori nel processo di continua evoluzione del
diritto. Il diritto può essere pensato come un oggetto sociale fatto da istituzioni (stato, contratto,
proprietà, società, matrimonio) create mediante regole. Queste istituzioni sono oggetti sociali creati
dal linguaggio, dotati di un significato intersoggettivo e ai quali facciamo riferimento quando
assumiamo certe condotte.
6. La regola come messaggio
Si è detto che il diritto è un prodotto culturale che ha la duplice funzione di attribuire significati ai
fatti sociali e di influenza di comportamento dei consociati. Il superamento dei modelli
imperativistico (regola come prodotto della volontà del sovrano) e formalistico (regola come
proposizione impersonale che prescrive l’applicazione di una sanzione nei confronti di chi tenga un
determinato comportamento), non toglie che il diritto può spiegare efficacemente la propria
funzione ordinatrice solo se è capace di condizionare la condotta dei consociati.
Questi sono pur sempre soggetti cui è richiesto di seguire una regola o comunque di comprenderne
il contenuto e le conseguenze. Il diritto è dunque un oggetto sociale creato dal linguaggio e che vive
e si trasforma grazie ai messaggi che vengono scambiati tra i soggetti che vi partecipano. Perché il
messaggio normativo possa spiegare la sua efficacia, è necessario anzitutto che sia formulato in
modo intellegibile dal destinatario. La legge diviene strumento di realizzazione di valori fondanti
dell’ordinamento costituzionale. E non è un caso che il processo di attribuzione di significati alla
legge non può davvero raggiungere una conclusione definitiva. In una società in costante
trasformazione, mutano velocemente le esigenze che il legislatore deve soddisfare, gli interessi che
chiedono adeguata tutela e lo stesso significato delle parole che egli utilizza. Nella riflessione sulla
regola come messaggio e sulla efficacia del meccanismo comunicativo che essa mette in moto,
dunque, bisogna considerare non solo il profilo della comprensibilità del messaggio, ma anche lo
stato dell’apparato cognitivo ed emotivo del ricevente ed i molti fattori che incidono sia sulla
ricezione del messaggio che sulla scelta della condotta da assumere. Ha ragione Irti ad osservare
che vi sono vari fattori che rendono problematica la comprensione del messaggio da parte del
destinatario (la scelta della condotta da tenere), quali:
- Proliferazione legislativa
- Occasionalismo degli interventi del legislatore
- Instabilità linguistiche
- Tecnicismi
L’agente artificiale è in grado di comprendere il senso di un testo normativo, metterne in luce le
finalità, indicare in modo specifico le condotte in esse richieste e le conseguenze ove queste non
siano osservate.
7. Le regole tra tutela dei diritti e primato del dovere
Il dovere dell’uomo è quello di comprendere e seguire le regole, è dovere di rispetto nei confronti
delle istituzioni e dei loro rappresentanti e dovere di solidarietà nei confronti dei propri consociati e
di rispetto nei confronti di ogni essere umano e della sua inviolabile dignità.
III
LA GIUSTIZIA TRA OBBEDIENZA E COSCIENZA
1. Comprendere la regola e decidere la condotta
Si è osservato che il diritto può svolgere la funzione ordinatrice della vita sociale facendo leva su
dispositivi di condizionamento delle condotte dei consociati. Il più comune è la sanzione. Vi
possono essere norme che:
- Promuovono condotte e prevedono premialità per chi le osservi
- Attribuiscono facoltà al privato cittadino
- Organizzano il sistema giuridico
Si è osservato che la regola come messaggio implica che l’autore e il destinatario dell’informazione
si intendano, condividano lo stesso codice linguistico, e il contenuto del messaggio sia
sufficienteme
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