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Giurisprudenza (predicato): insieme delle attività teoriche e pratiche compiute dai soggetti che

hanno a che fare con le regole di condotta e di organizzazione della vita sociale (creazione di

norme, interpretazione e applicazione, organizzazione e sistemazione, attività professionale,

condotte assunte dai cittadini).

- I filosofi greci individuano il fondamento del diritto e della giustizia nell’ordine naturale.

Eppure, la metafisica greca del diritto ha continuato a rappresentare un punto di riferimento

essenziale ai fini di una comprensione filosofica della complessità dell’esperienza giuridica.

- In epoca romana vi era la propensione a ricercare la ratio del diritto volgendo lo sguardo

all’esperienza pratica. Lo sforzo di individuare, al di là delle leggi positive di ciascuno stato,

alcuni principi di ius gentium derivanti dalla naturalis ratio e comuni a tutti i popoli, in

generale la diffusa consapevolezza che la creazione ed applicazione della regola debba fare i

conti con la natura delle cose. È lo stesso diritto romano a svilupparsi per lunghi tratti come

ordinamento giuridico aperto

- In epoca medievale il tema dominante è la tensione tra legge umana e legge divina. La

filosofia medievale, impregnata di teologia cristiana e talora da questa inscindibile, inscrive

il diritto nell’ordine naturale governato da dio ch’è principio e fine di tutte le cose. Il diritto

mantiene la sua legittimità solo se coerente con la legge divina e tale da non ostacolare la

navigazione della civitas terrena verso la patria celeste. La legge umana è specificazione di

quella legge naturale che consente alla ragione umana di discernere il bene e il giusto.

Notevole risulterà l’apporto della filosofia medievale. L’attribuzione all’uomo di uno statuto

ontologico (essenza) e di una dignità, costituisce il punto di partenza di quel processo di

affermazione dei diritti dell’individuo come preesistenti rispetto allo stato, che proseguirà nella

modernità fino al riconoscimento istituzionale dopo la Seconda guerra mondiale.

Metodo dialettico: La soluzione di ogni questione, anche giuridica, va ricercata utilizzando la

logica della controversia, esaminando gli argomenti favorevoli e contrari alle diverse possibili

soluzioni, valutandone le possibili conseguenze, andando alla ricerca della soluzione più persuasiva,

una strada sulla quale si incamminerà la teoria del diritto del secolo ventesimo.

L'indagine sul fondamento del diritto di gran parte degli autori è condotta a partire dall'osservazione

dell'uomo e della sua natura. Indagare il diritto con un metodo rigoroso, se non addirittura

assimilabile a quello delle scienze naturali, così da acquisire una conoscenza certa del proprio

oggetto (etiamsi daremus non esse Deum).

Si e svilupparono diverse correnti di pensiero filosofiche, sia sul piano dei contenuti che su quello

del metodo:

- Empirismo: Esamina l'uomo e la società come fenomeni percepibili e soggetti alle necessità

della natura.

- Razionalismo: Considera la natura umana come idea accessibile ad una conoscenza di tipo

geometrico e deduttivo. Caratteristica di questa è la fiducia nella ragione, nella sua capacità

di conoscere in modo universale e infallibile l'essenza della natura umana e di tradurre tale

conoscenza in leggi e codici.

- Nella terza via viene valorizzata la dimensione storica dell'esperienza individuale e sociale.

Il cambiamento del fenomeno giuridico in relazione ai contesti spazio-temporali:

 Vico: Il diritto naturale è un diritto che corre in tempo, che si trasforma con gli

sviluppi della mente e della società umana.

 Montesquie: Dall'analisi della pluralità dei costumi e delle forme di governo ha

preso le mosse per elaborare i fondamenti del costituzionalismo moderno. E di

specie la teoria della separazione dei poteri.

 Savigny: Il diritto non può essere imbrigliato in un codice, perché è un prodotto che

viene dalla storia ed è destinato a trasformarsi attraverso la storia, anche a dispetto

delle intenzioni del legislatore. Diritto naturale, un diritto che traduce in regole ciò

che ha avvertito come naturale da una determinata comunità in uno spazio e in un

tempo.

Diritto naturale, due orientamenti:

1. È incentrato sull'analisi del linguaggio giuridico e sulla costruzione di una teoria

delle norme dell'ordinamento e dei concetti giuridici fondamentali. Alla base vi è il

convincimento che il discorso del legislatore possa acquisire rigore e coerenza grazie

a precise definizioni terminologiche e alla fissazione delle regole di produzione,

trasformazione delle proposizioni. Privo di rigore scientifico e del tutto insensato è

ritenuto ogni richiamo al diritto naturale.

2. La critica alla separazione tra diritto e morale e l'interrogazione filosofica sul

fondamento e sul valore del diritto. Il limite è quello di indagare il diritto

dall'esterno, senza approfondire adeguatamente i contenuti e le forme, senza

sforzarsi a cogliere la ratio di disposizioni, sentenze e decisioni, e così finendo per

applicare al diritto, schemi e categorie per lo più elaborati nel chiuso della ricerca

filosofica.

L'operatore del diritto si imbatte un problematiche filosofica, ma la filosofia non ha bisogno di

essere trasportata ab externo nella giurisprudenza. Dalla controversia, che è la traduzione del

conflitto nell'ordine della ragione pratica e dell'argomentazione, nasce la riflessione filosofica.

Si direbbe che la riflessione filosofica sul diritto si stia sempre più lasciando alle spalle la

metafisica per i filosofi come l'analisi del linguaggio per i giuristi per ritrovare la propria

vocazione. La filosofia della giurisprudenza si mette in contatto con i casi pratici per individuare

interessi e valore in gioco, vagliare gli argomenti a sostegno delle diverse possibili soluzioni e

risalire fino ai principi supremi dell'ordinamento, se non addirittura dello stesso umano consorzio.

filosofia, ma con i piedi ben piantati sulla terra. Lo sguardo davvero rivolto al diritto e ai beni della

vita che esso è inteso a tutelare. EFFETTIVITA’

Il termine effettività rappresenta una forma rafforzativa del verbo facere cui viene anteposta la

preposizione ex per cui efficere. Il rilievo diviene già un indizio nella ricostruzione del concetto, in

quanto permetta a prima vista di intendere che il termine effettività rimanda al contesto dei fatti. In

sostanza, riflettere sull’effettività, quale principio significa analizzare le modalità attraverso cui

avviene o può avvenire, la conversione del fatto in diritto.

riflettere sull’effettività significa chiedersi come e quando un fatto diventa diritto e se una norma

è “reale”, cioè seguita, applicata, viva nella pratica. I

l dato fattuale è regolamentato da un atto di potere esercitato dal legislatore.

Il termine effettività si identifica o con il concetto di obbedienza (effettività primaria) o, d'altro

canto, con riferimento al momento applicativo (effettività secondaria).

Per Hans Kelsen, il grande teorico del giuspositivismo normativista, il diritto è un sistema di norme

collegate gerarchicamente (ogni norma deriva la sua validità da una norma superiore, fino

alla Grundnorm, la norma fondamentale).

Per Kelsen:

una norma è valida se appartiene a un sistema giuridico riconosciuto, in base alla sua

 conformità rispetto ad una norma superiore;

ma la validità non basta: un ordinamento giuridico esiste davvero solo se le sue norme sono

 effettive, cioè obbedite dai cittadini e applicate dai giudici.

Il principio di effettività è una condicio sine qua non, nel senso che limita il principio di legittimità

dal quale potrebbero scaturire innumerevoli norme. Questa nozione è posta a valle della costruzione

dell’ordinamento giuridico.

Dunque, l’effettività è la condizione minima perché il diritto sia pensabile come tale: se nessuno

obbedisce alle norme, quel diritto non “esiste” di fatto.

Questo discorso si concentra sul concetto di obbedienza.

Durante la secessione degli Stati Uniti d’America (contesto della formazione di un nuovo

ordinamento) si guarda al principio di effettività come “capacità di un ordinamento di ordinarsi e

quindi di avere una certa vita soggettiva”. In questo senso il concetto di effettività rimanda a quello

della sovranità. Qui emerge l’originalità della riflessione di Santi Romano.

Santi Romano, invece, rovescia il ragionamento di Kelsen.

Per lui, il diritto non nasce da una norma, ma da una istituzione (fonte originaria del diritto):

una realtà sociale organizzata che si dà da sé le proprie regole. Il diritto è il principio vitale di ogni

istituzione.

Lo Stato, per esempio, “esiste perché esiste” — non serve che una norma lo “crei”: il suo essere

effettivo (cioè funzionante, reale, dotato di potere) basta per dargli valore giuridico.

Quindi, per Romano, l’effettività è condizione sufficiente per il diritto: se un ordinamento di fatto

regola la vita di una comunità, è diritto, anche senza una norma che lo autorizzi. Lo stato esiste a

prescindere dall’effettività.

Da qui nasce la possibilità di pensare a più ordinamenti giuridici (non solo quello statale): per

esempio, la lex mercatoria (il diritto dei commercianti), l’autonomia privata, le istituzioni

internazionali.

Hart, pur restando giuspositivista, si allontana da Kelsen.

il diritto è costituito da due tipi di norme:

norme primarie: impongono obblighi;

 norme secondarie: conferiscono poteri, stabiliscono come creare, modificare o riconoscere

 le norme:

 norme di riconoscimento: rappresentano i criteri per individuare quando una regola

appartenga al dominio dei diritti

 norme di giudizio

 norme di mutamento

L’effettività, per Hart, non è semplice obbedienza, ma pratica condivisa di riconoscimento da

parte di giudici e operatori del diritto. In altre parole, un ordinamento è effettivo quando chi vi

partecipa lo riconosce come tale e usa le sue regole come criteri per giudicare se una norma

appartiene a quell’ordinamento.

Nel diritto moderno, soprattutto nel contesto costituzionale e sovranazionale (UE, CEDU), il

principio di effettività ha assunto un ruolo rimediale: serve a garantire che i diritti fondamentali

siano tutelati concretamente, anche quando manca una norma specifica. Ovvero l’effettività è il

rimedio rispetto ad un fatto che non assume significato giuridico in quanto non vi è una

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Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiaratessi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologia della scienza giuridica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università internazionale degli studi sociali Guido Carli - (LUISS) di Roma o del prof Punzi Antonio.
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