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TIPOLOGIA LINGUISTICA
La tipologia linguistica si occupa di individuare i caratteri uguali e differenti nel modo in cui le lingue
storico-naturali sono organizzate e strutturate.
È strettamente connessa con gli universali linguistici* proprietà ricorrenti nella struttura delle lingue
(indipendentemente dai loro rapporti genetici). Così sulla base di tratti strutturali comuni le lingue si
possono classificare e raggruppare.
Un ‘tipo linguistico’ si può definire come un raggruppamento di sistemi linguistici aventi molti caratteri
comuni (o processi comuni). Importante è sottolineare che una singola lingua non corrisponde mai
totalmente, in assoluto, a un tipo particolare.
* vedi manuale Berruto - Cerruti pag.239
Tipologia morfologica
La tipologia morfologica è il primo modo di classificare i tipi linguistici (la tipologia fonologica/fonetica non
avrebbe senso dato il numero ristretto e generale di elementi). Si basa sulla morfologia, quindi sulla
struttura della parola.
INDICE DI SINTESI
È un’unità di misura ed è il rapporto morfemi:parole.
Si ottiene dividendo in un dato testo il numero dei morfemi per il numero di parole. Più è basso, più la
parola coinciderà con il morfema.
Esempi:
Gatto Bianco parole:2 morfemi:4 (gatt-o bianc-o) indice di sintesi 2:4
White Cat parole:2 morfemi:2 rapporto 2:2
A seconda della struttura della parola, si distinguono quattro tipi morfologici:
1. Lingue isolanti
È isolante una lingua in cui la struttura della parola è la più semplice possibile: ogni parola è costituita
tendenzialmente da un solo morfema ( parole monomorfematiche e monosillabili), dunque l’indice di
sintesi è generalmente 1:1. Più è basso tale indice in quella lingua, e più quindi il numero dei morfemi tende
a coincidere con quello delle parole, più la lingua è detta ‘analitica’.
Le lingue isolanti, inoltre, non presentano alcun tipo di morfologia flessionale.
Tra le lingue isolanti troviamo il cinese, il vietnamita, ecc.; tra queste possiamo porvi anche l’inglese, poiché
ha una morfologia flessionale assai ridotta, anche se una corrente di pensiero la pone nelle lingue flessive o
fusive.
2. Lingue agglutinanti
È agglutinante una lingua in cui la struttura delle parole è complessa, difatti una parola è formata da più
morfemi (non cumulativi, ma che svolgono una sola funzione grammaticale) che danno luogo a una catena
lunga di morfemi. L’indice di sintesi è pari o superiore a 3:1, quindi una lingua più sintetica che analitica.
All’interno della parola, i morfemi sono facilmente individuabili e separabili l’uno dall’altro.
Tra le lingue agglutinanti troviamo il giapponese.
3. Lingue flessive o fusive
È flessiva una lingua che presenta parole abbastanza complesse data la presenza di una morfologia
flessionale, quindi la presenza di più forme flesse di una stessa parola. Le parole, infatti, sono formate da
una base lessicale semplice e da uno o più morfemi cumulativi, ossia che raggruppano più funzioni
grammaticali (gatt-o la o sintetizza che si tratta di un maschile e di un singolare). Rispetto alle lingue
agglutinanti, le catene di morfemi sono meno lunghe ma, allo stesso tempo, i singoli morfemi non sono
identificabili e separabili.
Sono dette lingue fusive per la loro caratteristica di riunire più significati su un solo morfema flessionale e
di fondere assieme i morfemi.
La maggior parte delle lingue in Europa (come l’italiano) sono lingue flessive o fusive.
Un sottogruppo di questa tipologia sono le lingue introflessive: i fenomeni di flessione avvengono anche
dentro la radice lessicale. Un esempio di lingua introflessiva è l’arabo.
4. Lingue polisintetiche
È polisintetica una lingua che presenta una struttura della parola molto complessa. Si tratta di una lingua
più sintetica, poiché l’indice di sintesi è pari o superiore a 4:1, molto di più delle agglutinanti: una stessa
parola, infatti, può avere una o più radici lessicali uniti a numerosi morfemi grammaticali. Dunque le parole
di queste lingue tendono a coincidere ad intere frasi in altre lingue.
Oltre a questa peculiarità, le lingue polisintetiche presentano fenomeni di fusione, che rendono poco
evidente la struttura della parola. Un esempio è il groenlandese.
C’è da aggiungere che vi sono casi in cui nella stessa parola vi si trovi radice verbale e radice nominale, in
questo caso si parla di lingue dette “incorporanti”.
PARAMETRO
Queste tipologie morfologiche non sono altro che dei parametri che possediamo per classificare le lingue in
base alla loro struttura di parola.
Abbiamo visto sopra il termine “analitica” (lingue le cui parole coincidono con i morfemi) e “sintetica”
(lingua che tende a raggruppare più morfemi e a creare parole complesse).
Tipologia sintattica
Il criterio di classificazione o raggruppamento si basa sulla sintassi, precisamente sull’ordine basico dei
costituenti fondamentali della frase: soggetto (S), verbo (V), oggetto (O). Si usa questo criterio poiché il
modo in cui si costruiscono le frasi non è universale, ma secondo regole della lingua.
Questi tre elementi sono combinabili in sei diversi ordini:
1. SOV, il più frequente (latino, turco,…)
2. SVO il secondo più frequente (italiano, lingue romanze in genere e alcune germaniche)
3. VSO (gallese, arabo, ebraico,…)
4. VOS
5. OVS
6. OSV
Gli ultimi due sono ordini molto rari e marginali
Secondo gli studiosi almeno cinque di questi ordini risultano presenti nelle lingue del mondo.
SINTASSI
Cos’è
I sintagmi
Analisi: il metodo degli alberi etichettati
Funzioni sintattiche
La valenza verbale
Grammatica generativa
Cos’è
La sintassi è l’analisi della struttura della frase. Una frase (unità di misura per la sintassi) è la combinazione
di più parole e di come sono organizzate, in modo da risultare grammaticalmente corretta. Così come per la
nozione di parola, anche per “frase” è impossibile dare una definizione univoca, la si identifica
semplicemente come contenente una predicazioneaffermazione riguardo a qualcosa o attribuzione di
una qualità o modo a un’entità. La predicazione coincide con il verbo, anche se esistono frasi che sono prive
di quest’ultimo chiamate frasi nominali.
COSTITUENTI IMMEDIATI
Quando si analizza una frase, la si scompone in elementi via via più piccoli: quelli “ultimi” sono i costituenti
immediati (ripresi nella Grammatica Generativa).
I sintagmi
Nell’analisi sintattica vi si trova la successione: frase – sintagmi – parole. Il livello dei sintagmi è il più
importante.
Il sintagma è la minima combinazione di parole che svolge la funzione di un’unità della sintassi. La loro
combinazione porta la formazione di un numero illimitato di frasi. Questi sono costruiti attorno a una testa,
quell’elemento che da solo può costituire e funzionare da sintagma, che ne dà la categoria e, se si elimina,
viene a perdere di senso l’unità di cui fa parte. Tutte le categorie lessicali possono essere teste di sintagma:
- SINTAGMA NOMINALE SN
È un sintagma che si costruisce attorno al nome (o talvolta un pronome (PRO))
Esempio: la casa gialla casa è la testa del sintagma
- SINTAGMA VERBALE SV
La testa è un verbo.
- SINTAGMA PREPOSIZIONALE SPrep
La testa è una proposizione, che, a differenza degli altri sintagmi, da solo non può rappresentare un intero
sintagma. SPrep introduce e regge un SN.
- SINTAGMA AGGETTIVALE SAgg
La testa è un aggettivo.
- SINTAGMA AVVERBIALE SAvv
La testa è un avverbio.
SOTTOCOSTITUENTI
Sono gli elementi che dipendono dalla testa di un sintagma e danno luogo a sintagmi più complessi rispetto
a quelli formatesi da solo la testa.
Analisi: il metodo degli alberi etichettati
Il metodo degli alberi etichettati (o dendrogramma) è quello più diffuso per l’analisi sintattica, poiché
rappresenta al meglio la struttura della frase e i rapporti gerarchici tra i costituenti. Si tratta di un grafo
costituito da nodi che si dividono in rami; ogni nodo rappresenta un costituente.
GERARCHIA NELL’ALBERO
Per rappresentare al meglio la struttura di una frase, bisogna notare i rapporti sintattici e gerarchici fra i
costituenti: ogni costituente deve comparire al rango gerarchico che gli appartiene per il valore generale
della frase. Quando si compie tale analisi si deve prestare particolare attenzione ai SPrep che, nonostante
seguano un SN, non necessariamente sono legati al suo nodo.
Esempio: 1. Gianni ha letto un libro con gran piacere
gran piacere determina il sintagma verbale e dipende dal nodo SV
2. Gianni ha letto un libro con la copertina blu
la copertina blu determina il libro, quindi si annoda al nodo SN
3. Gianni ha letto un libro per tutta la notte
per tutta la notte si riferisce all’intera frase determinandone la cornice
temporale di essa, quindi si lega direttamente al nodo F
Questo è un esempio più dettagliato della frase 2:
Funzioni sintattiche
Sono il ruolo che i sintagmi assumono nella frase. I SN possono avere valore di soggetto o oggetto, i SPrep
da complemento indiretto e i SV da predicato. I tre costituenti fondamentali di una frase sono: soggetto,
verbo, oggetto. A questi vi si aggiungono numerosi complementi.
La valenza verbale
Il verbo è l’elemento centrale di una frase e ne determina la struttura (poiché quando pensiamo ad una
frase, partiamo prima dal verbo che rappresenta l’azione che vogliamo esprimere).
Al verbo vengono associate delle valenze, ossia il numero di elementi linguistici richiesti obbligatoriamente
dal verbo e, insieme ad esso, costituiscono il “nucleo” della frase. Da questo concetto, possiamo dire che
esistono verbi:
- Zerovalenti
I verbi meteorologi o atmosferici
- Monovalenti
I verbi intransitivi; implicano solamente “qualcuno che…”
- Bivalenti
I verbi transitivi, ma anche alcuni intransitivi; implicano “qualcuno che…” e anche “qualcuno che venga…”
(forma passiva).
Alcuni verbi possono avere come valenza non solo un SN, ma anche un SPrep o un’intera frase.
- Trivalenti (ecc.)
I verbi transitivi; implicano “qualcuno che…”, “qualcuno/qualcosa che venga…”, “qualcuno/qualcosa a
cui…”. Esempio con dare: qualcuno che dia – qualcuno che sia dato &