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Riassunto esame Linguistica generale , Prof. Banti Giorgio, libro consigliato La linguistica: un corso introduttivo, Massimo Cerruti e Gaetano Berruto Pag. 1
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La pragmatica: lo studio del linguaggio e dei suoi utilizzatori

Può essere definita come lo studio del linguaggio in relazione ai suoi utilizzatori, al contesto in cui avviene la comunicazione, alle funzioni e agli scopi che esso assolve nell'uso concreto che ne fanno i parlanti. La pragmatica moderna nasce e si sviluppa nel Novecento. La nascita ufficiale nasce nel 1938 con Morris. Rifacendoci a Morris possiamo dire che all'origine della pragmatica c'è l'esigenza di estendere l'analisi del linguaggio a tutti quei fenomeni per i quali non è sufficiente una spiegazione in termini sintattici o semantici, e per la cui comprensione richiede di prendere in considerazione una serie di aspetti apparentemente esterni al linguaggio. Potremmo definire la pragmatica come lo studio degli aspetti del linguaggio che dipendono dal contesto.

Come fare cose con la parola: il linguaggio come azione

Le basi della moderna riflessione pragmatica sul linguaggio si collocano nell'ambito della filosofia del linguaggio ordinario.

Una derivazione della filosofia analitica del linguaggio che pone al centro dell'interesse del filosofo del linguaggio, il linguaggio comune. A influenzare questo interesse è Wittgenstein che aveva aderito alla tesi secondo cui il linguaggio ha come compito essenziale raffigurare la realtà, ma in un secondo momento cambia il tipo di linguaggio oggetto di analisi, quello della quotidianità, fatto di usi e pratiche. Il significato delle espressioni linguistiche dipende dell'uso che i parlanti fanno di quelle espressioni nei vari contesti. I performativi, "come fare cose con le parole", Austin getta le basi della riflessione pragmatica sul linguaggio a partire dalla distinzione tra constatativi e performativi giungendo a formulare una teoria generale dei possibili modi del linguaggio. Gli enunciati constatativi descrivono stati di cose, eventi, processi ecc. Se osserviamo il linguaggio comune troviamo enunciati che non servono a.descrivere fatti ma acompiere azioni e sono detti enunciati performativi; in molti casi vengono realizzati grazie a dei verbi dettiverbi performativi come "battezzare" "promettere". Nel caso di un enunciato performativo non è corretto parlare di verità o falsità, ma solo di atto più o meno riuscito, di felicità o infelicità dell'enunciazione cioè di condizioni che devono verificarsi perché l'enunciato possa avere efficacia. Un primo tipo di condizione è legato al rispetto di certe convenzioni: per esempio se a dire "vi dichiaro marito e moglie" non è un prete o un ufficiale di stato civile allora non ci sono le condizioni di felicità per la riuscita dell'atto. Gli atti linguistici Ogni manifestazione linguistica è un atto linguistico. Da questa riflessione di Austin prende avviso la teoria degli atti linguistici. Con la teoria degli atti linguistici la linguanel semplice atto di dire qualcosa, senza considerare l'effetto che vogliamo ottenere con le nostre parole. Nel caso dell'aspetto illocutorio, invece, oltre a pronunciare un enunciato, compiamo un'azione specifica nel momento in cui lo diciamo. Ad esempio, se diciamo "Ti prometto che verrò domani", stiamo non solo esprimendo un concetto, ma stiamo anche impegnandoci a compiere un'azione futura. Infine, l'aspetto perlocutorio riguarda l'effetto che intendiamo produrre sul nostro interlocutore con le nostre parole. Ad esempio, se diciamo "Ti prego di aiutarmi", stiamo cercando di influenzare i pensieri e i sentimenti dell'altro e di spingere verso una possibile azione futura. Austin ritiene che l'aspetto illocutorio sia fondamentale per comprendere appieno l'atto linguistico.in tre atti parziali:
  • atto fonetico, ossia il proferimento di una sequenza di suoni.
  • atto fàtico, dove il termine fàtico è da intendersi come il proferimento di una serie di parole dotate di struttura grammaticale.
  • atto rhetico, ossia il proferimento di una sequenza di parole dotata di senso e riferimento.
Dopo Austin gli atti linguistici sono stati classificati da Searl che introdusse alcune modifiche. All'interno dell'atto locutorio, l'atto fonico e fatico vengono riuniti insieme dall'atto di enunciazione, mentre l'atto rhetico viene rinominato atto proposizionale. A sua volta ogni atto proposizionale è costituito da due sotto atti, un atto di riferimento e un atto di predicazione. Searle e gli atti linguistici In Speech Acts (1969) Searle sviluppa l'analisi di Austin tentando di fornire una caratterizzazione linguistica alla "competenza linguistica" del parlante. Perde gli atti linguistici mediante regole che

Apparterrebbero a Searle anche l'aspetto retico o proposizionale del parlare costituisce un atto, l'atto proposizionale. L'argomentazione di Searle prosegue esplicitando le "condizioni" e "regole" che per un qualunque attolinguistico idealizzato o formalizzato (in specifico, la promessa) garantiscono la felicità di quell'atto. La sua classificazione degli atti linguistici risulta pertanto più "rigida" di quella austiniana, poiché identifica specifici criteri tassonomici: il scopo illocutorio o "ragion d'essere" dell'atto, identico ad es. nella richiesta e nel comando anche se varia la "forza"; l'adattamento parole-mondo, che nel caso dell'asserzione è tentativo di adeguare le parole a uno stato di cose mentre nel caso della promessa è un modo per realizzare uno stato di cose che soddisfa la descrizione linguistica della promessa (cioè, rispettivamente,

parole → mondo vs mondo → parole);lo stato psicologico espresso, che nel caso dell’asserzione è una ‘credenza’,- in quello della promessa è una‘intenzione’ ecc.l’intensità di presentazione dello scopo illocutorio, che equivale alla restante parte della ‘forza’ di Austin;- -l’influsso della posizione sociale o psicologica del parlante; il rapporto tra l’enunciato- e gli interessi delparlante e dell’interlocutore;il rapporto tra l’enunciato e il resto del discorso;-- il contenuto proposizionale espresso;la differenza tra atti linguistici compiuti verbalmente ed altri atti (ad es. ‘classificare’) che possono- essereeseguiti non verbalmente;- il ricorso a istituzioni extralinguistiche;la riconducibilità o meno dell’atto a un verbo performativo; lo stile di esecuzione dell’atto illocutorio.- -La tassonomia di Searle, per il suo marcato orientamento linguistico,

va in cerca di una corrispondenza tra le differenze di scopo illocutorio e le strutture sintattiche profonde degli enunciati performativi di ciascuna classe individuata. Perciò: 1. i rappresentativi (il cui scopo illocutorio è impegnarsi alla verità della proposizione espressa, simili alla classe degli espositivi in Austin) sono riconducibili alla struttura sintattica Io verbo che + Enunciato, cioè 'affermo che + sta nevicando'; 2. i direttivi (il cui scopo illocutorio consiste nel far fare q. cosa esercitivi di Austin) sono riconducibili alla struttura sintattica Io verbo a te/ti + tu verbo fut., cioè 'ti ordino + tu andrai' = 'ti ordino di andare'; 3. i commissivi (che corrispondono all'incirca a quelli austiniani, e implicano l'impegno del parlante a una condotta futura) sono riconducibili alla struttura sintattica Io verbo (ate) + io verbo vol. fut..

cioè '(ti) prometto + io mi taglierò la barba' = 'ti prometto di tagliarmi la barba');-gli espressivi (che esprimono lo stato psicologico relativo al contenuto, la cui verità è data per scontata, e corrispondono in parte alla classe delle espressioni di comportamento in Austin) sono riconducibili in italiano alla struttura sintattica Io verbo te + io/tu SV, scuso per averti disturbato'); 5. infine i dichiarativi, che sono quelli che determinano la corrispondenza tra contenuto proposizionale e mondo in virtù di un sistema normativo extralinguistico (e corrispondono solo in parte agli esercitivi di Austin) sono riconducibili alla semplice struttura sintattica 'Io verbo te', dove 'verbo' = performativo (come sposare, nominare, battezzare ecc. Il problema della tassonomia di Searle è che - sottovaluta sistematicamente la

Possibilità di atti linguistici indiretti, vale a dire atti che non esprimono direttamente la propria forza illocutoria. Ad esempio, se una mamma, rivolgendosi al proprio bambino ancora in piedi a tarda sera, gli dice "è tardi", quell'enunciato non verrà inteso da lei (e non dovrebbe essere inteso dal bambino) come semplice asserzione, ma come espressione indiretta di un atto linguistico esercitivo o direttivo.

La soluzione di Grice e forza dell'enunciato tale che iSecondo alcuni linguisti esisterebbe una corrispondenza diretta tra forma principali tipi di frase (interrogativo, dichiarativo, imperativo) sarebbero dotati di una forza letterale intrinseca (che tuttavia può venire 'annullata' o trasformata dal contesto); il punto però è proprio che nella maggior parte dei casi la corrispondenza tra forza letterale e forma grammaticale non viene confermata, e che - nell'esempio del bambino: Vai a letto!, È una

sia perché spesso affidiamo la comprensione di quanto diciamo in gesti, cenni, espressioni facciali, tono di voce, ecc. Questi elementi non verbali possono aggiungere ulteriori sfumature di significato e influenzare la forza illocutoria di un enunciato. Ad esempio, una semplice frase come "Ti dispiacerebbe andare a letto?" può essere interpretata in modo diverso a seconda del tono di voce utilizzato: se pronunciata con un tono dolce e affettuoso, potrebbe essere una richiesta gentile; se pronunciata con un tono severo, potrebbe essere un ordine. Inoltre, il contesto in cui avviene la comunicazione può influenzare la forza illocutoria di un enunciato. Ad esempio, se due amici stanno scherzando tra loro, una frase come "Bisogna andare a letto" potrebbe essere interpretata come un modo giocoso di suggerire di andare a dormire, mentre se detta da un genitore a un bambino potrebbe essere un comando da seguire. In conclusione, la teoria pragmatica di Grice ci aiuta a comprendere come la forza illocutoria di un enunciato possa essere influenzata da fattori contestuali e non verbali, evitando così una visione radicale che elimini completamente la nozione di "forza letterale".del capo, tono della voce e sia perché presumiamo che il nostro ascoltatore sappia già o sia in grado di intuire. In questi casi di "
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
5 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alberta5_ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi L'Orientale di Napoli o del prof Banti Giorgio.