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LA FILOSOFIA DELLA SCIENZA MODERNA E CONTEMPORANEA
La storia della letteratura, e in particolare anche quella di Calvino e Kundera, è stata influenzata dai linguaggi,
dagli sviluppi e dalle teorie della scienza e della filosofia contemporanea. Linguaggi e teorie della scienza e della
filosofia contemporanea sono in discontinuità con i linguaggi e le teorie della scienza e della filosofia moderna,
moderno
dove, per , si intende l’epoca che grossomodo si sviluppa dal Seicento-Settecento fino alla prima parte
del Novecento. Come sappiamo, la manualistica divide la storia umana e la storia dei saperi umani in grandi
epoche: l’antichità, il Medioevo, la modernità e la contemporaneità. A partire dagli anni Trenta del Novecento,
tuttavia, si delinea una discontinuità nei modi di pensare, nei linguaggi, nella natura degli oggetti indagati e
sviluppati dal pensiero scientifico. Per questo, si distingue tra:
Scienza definita classica o moderna: dalle sue origini moderne con Galileo, Newton, Cartesio.
Scienza definita contemporanea: il cui punto di svolta è abbastanza sfumato (taluni lo collocano alla
fine dell’Ottocento, altri negli anni Venti/Trenta del Novecento).
Di conseguenza, emerge una discontinuità anche nella riflessione filosofica, la quale si è sempre sviluppata in
maniera intrecciata alla riflessione scientifica. Scienza e filosofia, infatti, nascono insieme nell’antichità greca,
con Aristotele. Per vari secoli, i grandi scienziati sono stati anche grandi filosofi: Galileo, noto per essere il
padre della scienza moderna, è anche colui che ha rivoluzionato la filosofia moderna, introducendo il metodo
scientifico; Cartesio, noto come uno dei padri fondatori della filosofia moderna, è stato anche un grande scien-
ziato; Newton, che ha elaborato la visione moderna scientifico-filosofica del mondo, è stato uno dei padri fon-
datori della scienza; Pascal, un grande filosofo e teologo, è stato anche un grande matematico. Dunque, la storia
del pensiero scientifico e filosofico si è sviluppata sempre in modo intrecciato, soprattutto nei secoli della mo-
dernità in Europa e nell’Occidente. Le rappresentazioni del mondo, del cosmo e della natura umana sono sempre
state elaborate dall’intreccio di questi due linguaggi. Vi si sono poi aggiunti i linguaggi di altri saperi che carat-
terizzano la nostra cultura, come la religione e la teologia da una parte, e poi le letterature.
Con l’inizio del Novecento, e in modo sempre più approfondito e rapido nella seconda metà del secolo, si intro-
duce una cesura all’interno della modernità che riguarda appunto il modo di intendere la scienza, quali sono i
buona
criteri per definire una conoscenza scientifica, quali sono gli oggetti di cui si occupa la conoscenza scien-
tifica e come questa definisce i propri fatti, cioè i propri oggetti. Durante i secoli della modernità, da Galileo,
univoco
Newton, Cartesio in poi, si era pensato di avere trovato la chiave di volta, cioè il metodo attraverso il
quale definire la buona conoscenza scientifica, e quindi attraverso il quale definire una buona conoscenza della
classica
natura, del mondo e dell’uomo. Dopo tre luminosi secoli di scienza che si definisce , a causa del fatto
che si scoprono oggetti di studio nel campo della natura mai pensati prima nell’infinitamente piccolo – il mondo
subatomico – e nell’infinitamente grande – la cosmologia –, ci si rende conto che il tipo di conoscenza e il tipo
di linguaggio scientifico funzionali a conoscere molto bene il mondo di mezzo – il mesocosmo – sulla base dei
nostri cinque sensi o eventuali prolungamenti tecnologici, non vanno più bene per conoscere, osservare, stu-
subatomico cosmico
diare, descrivere, decifrare, narrare le cose del mondo e le cose del mondo . L’esperienza,
molto scioccante, pose una domanda filosofica e scientifica: quanto di ciò che abbiamo già conosciuto può con-
bene
tinuare a essere ritenuto vero, cioè conosciuto , e quanto il metodo e il linguaggio che abbiamo condotto
nuovi
finora può e deve essere mantenuto o cambiato per raccontare, osservare, studiare, narrare i mondi che
stiamo scoprendo ed esplorando? D’altra parte, la scoperta di mondi nuovi nell’universo, nel cosmo e nella
natura provoca in maniera non solo indiretta, ma anche diretta, l’esigenza di una trasformazione del modo di
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concepire il posto dell’uomo nell’universo. Ancora una volta filosofia e scienza si intrecciano a riformulare i
quesiti delle origini: chi siamo, che rapporto c’è tra noi e la natura, qual è il nostro luogo di abitazione del cosmo,
siamo al centro o alla periferia del cosmo, siamo in grado di decifrare l’infinità dell’universo oppure attraverso
la nostra collocazione nel cosmo ci è preclusa un’autentica conoscenza del cosmo stesso?
Anche la letteratura, essendo come vogliono, nel nostro caso Calvino e Kundera, anche una forma di conoscenza
della condizione umana nel mondo, viene inquietata e interrogata da queste trasformazioni nella rappresenta-
zione e nella conoscenza della natura suscitate ed elaborate dalla scienza e dalla filosofia. In effetti, tutto il
L’uomo senza qualità La mon-
grande romanzo del Novecento subisce questo influsso, tra cui di Robert Musil e
tagna incantata di Thomas Mann, fino a tempi più recenti, e in particolare gli esempi critici di due grandi
romanzieri del nostro tempo, Calvino e Kundera. I due saggi critici proposti hanno la specificità di riflettere
sulla storia del romanzo dal punto di vista di ciò che la scienza e la filosofia contemporanea post-moderna fanno
emergere.
Alla radice della tradizione scientifica e filosofica moderna, è collocato il problema del metodo, il problema cioè
di individuare un metodo che consenta di distinguere in modo chiaro tra una conoscenza scientifica e una
conoscenza non scientifica. Cioè, alla radice della formulazione del problema del metodo della scienza moderna
emerge una convinzione che sia dotata di senso e in ogni caso basilare per ogni sviluppo di conoscenza scienti-
fica: predefinire un luogo assoluto di osservazione a partire dal quale giudicare le varie conoscenze scientifiche,
assoluto
con che significa sciolto da ogni condizionamento. Quindi, alla base della ricerca del metodo c’è la
ricerca di un punto di vista neutro che sia il più possibile disimplicato dai punti di vista concreti e contingenti
di ogni osservazione. Dal punto di vista della scienza moderna dunque, l’osservatore ideale è quello neutro.
Nella storia della filosofia e della scienza un problema ricorrente è stato stabilire quali fossero i limiti e le pos-
sibilità della conoscenza umana. Che cosa si può conoscere? Questa è la domanda base della nascita della filo-
sofia fin dalla Grecia classica e che include anche quella che si conosce oggi come scienza. Ancora al tempo di
Galileo, infatti, la scienza era chiamata filosofia. Per cercare di trovare delle risposte a questa domanda, l’espe-
diente è sempre stato quello di valutare i limiti e le possibilità della conoscenza umana in rapporto a un imma-
ginario ideale di conoscenza perfetta e onnisciente attribuibile a qualche Dio o demone onnisciente. Ipotizzando
che cosa sia l’onnisciente, si sono cercati di definire i limiti e le possibilità della conoscenza umana in rapporto
alla distanza che separa di volta in volta questa conoscenza da un’ipotetica onniscienza, da una conoscenza
imperfetta a una conoscenza perfetta. Esiste, perciò, una sorta di circolarità: cioè che è perfetto e ciò che è
imperfetto si definiscono reciprocamente. Gli esseri umani definiscono l’imperfezione in base a un’idea che si
fanno di perfezione. Tuttavia, all’origine della scienza moderna, questa idea di conoscenza perfetta, completa e
assoluta
onnisciente viene concepita come , indiscutibile e non ipotecata da opzioni o punti di vista filosofici,
ma quasi una definizione neutra. Nella tradizione scientifica e filosofica moderna, questo ideale regolativo di
una mente onnisciente, cioè di una conoscenza che vede instantemente di ogni cosa non solo il presente, ma
anche il passato e il futuro – come il narratore onnisciente –, è alla base di un metodo di conoscenza che si
fonda su alcune assunzioni:
1. Ogni aumento della conoscenza provoca una corrispondente diminuzione dell’ignoranza; tale assunto
definito definibile
neutro implica una presa di posizione di parte: il tutto da conoscere è ben , ben e
misurabile
quantitativamente , tale per cui si può separare ciò che da questo tutto quantitativamente
ipotizzabile come misurabile e che è conosciuto dalla mente onnisciente è, per ora nella nostra cono-
conosciuto conoscibile
scenza limitata, e da noi. Il tutto, quindi, è ipotizzato come essere statico e stabile,
non in trasformazione e non indipendente da colui che lo conosce. Cioè, non c’è un’interferenza possi-
bile che trasforma l’oggetto conosciuto attraverso l’atto della conoscenza. È l’opposto dell’idea di inter-
sempre
pretazione, che invece ipotizza che ciò che si conosce è in qualche modo trasformato dall’atto
interpretativo, ed è quindi in divenire, come ad esempio un testo. Ogni testo implica non soltanto l’au-
tore che lo scrive, ma anche il lettore che lo interpreta. Il testo non è un dato oggettivo che possa in
qualche modo prefigurare l’esistenza di un interprete assoluto che ne coglie, nella sua onniscienza, tutto
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il senso. Questa figura non può essere neanche l’autore che lo ha scritto, perché il testo, una volta scritto,
gli sfugge di mano e ha bisogno del lettore che lo rigeneri attraverso la sua interpretazione.
2. Una volta che certi oggetti sono acquisiti dal metodo della conoscenza scientifica, si emancipano defi-
nitivamente da linguaggi, narrative, universi di discorso, metodi considerati extra-scientifici. Questo
assunto diventerà la versione principale della visione positivistica della scienza, secondo la quale nella
storia dell’uomo si ha un passaggio progressivo da una conoscenza non scientifica a una conoscenza
scientifica. In linea di principio, ogni forma, oggetto, esperienza dovrà e potrà essere acquisita dal me-
todo scientifico. Le altre forme di conoscenza sono destinate a dissolversi, poiché provvisorie, impure,
non
ipotecate da punti di vista purificati e neutralizzati dal metodo scientifico. La metafisica, la reli-
gione, le espressioni estetiche saranno sostituite dalla conoscenza scientifica.
3. Il cammino della conoscenza ha una direzione ben definita: ci possono essere deviazioni o ritorni a
ipotesi vecchie, ma bene o male tornerann