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Le dimensioni della variazione
Alcuni usi linguistici dipendono da parametri extralinguistici, che prendono il nome di dimensioni di variazione: l'età, il sesso, il gruppo sociale di appartenenza, il luogo di nascita, il livello di scolarizzazione, la situazione comunicativa ecc.
Le più importanti sono quattro:
- lo spazio geografico (variazione diatopica);
- le caratteristiche sociali e il grado di scolarizzazione (variazione diastratica);
- la situazione comunicativa (variazione diafasica);
- il canale o mezzo (scritto, orale o trasmesso) utilizzato per la comunicazione (variazione diamesica).
La variazione diacronica, cioè attraverso il tempo.
Le variazioni diafasica e diamesica sono intraindividuali, dinamiche e negoziabili in quanto sono continuamente rimodulate dallo stesso individuo in base al variare della situazione comunicativa.
La variazione diastratica è interindividuale: lo stesso individuo si trova, indipendentemente
della comunicazione è la situazione in cui ci troviamo, che può essere più o meno stabile nel tempo. Tuttavia, possono verificarsi cambiamenti nel lungo periodo, ad esempio a seguito di progressi nel livello culturale. La variazione diafasica si realizza attraverso l'uso di diversi registri o livelli di lingua e sottocodici, che sono lingue speciali. La configurazione concreta di un testo dipende sia dalla situazione, che può essere più o meno formale, sia dall'argomento, che può essere una conversazione libera, sia dalle relazioni sociali tra le persone coinvolte, che possono essere informali o formali. Di conseguenza, possiamo trasmettere lo stesso contenuto informativo utilizzando registri diversi. Ad esempio, possiamo chiedere gentilmente di abbassare il volume del cellulare con frasi come "Le dispiace regolare al minimo la suoneria del cellulare?" o "Può abbassare il volume del cellulare?" oppure in modo più diretto con frasi come "Per favore abbassa il volume del cellulare" o "Abbassa un po' 'sto volume!". I registri sono modi diversi di dire la stessa cosa, mentre le lingue speciali sono modi di dire cose diverse. Il punto di partenza per lo sviluppo della comunicazione è la situazione in cui ci troviamo.delle varietà del repertorio è la lingua orale e informale, cioè il parlato quotidiano. Le varietà formali si acquisiscono dopo, attraverso il contatto con situazioni linguistiche, argomenti e tipi di testo che le rappresentano e si innestano su quelle primarie. In tempi recenti, con lo sviluppo dell'italofonia nella maggioranza della popolazione e l'abitudine a usare l'italiano anche nei contesti informali e familiari. Nei secoli passati la situazione era diversa: il dominio dell'informalità era occupato dai dialetti e chi avesse voluto utilizzare l'italiano per parlare di argomenti quotidiani doveva compiere un percorso innaturale, doveva cioè "inventare" la varietà informale a partire da quella formale. 3. SCRITTO, PARLATO E TRASMESSO Il canale è fonico-uditivo nella comunicazione orale, gra co-visivo in quella scritta. In secondo luogo scritto e parlato tendono a selezionare modalità.comunicative diverse: prevalentemente informale, fluida e dialogica quella orale, prevalentemente formale, vincolata a norme più rigide e monologica quella scritta. La scelta del canale determina importanti differenze sia dal punto di vista dell'emittente sia da quello del ricevente, e da queste dipende la veste finale del messaggio. Per quanto riguarda l'emittente la caratteristica più importante è il tempo a disposizione per l'elaborazione del messaggio: nel parlato, a differenza dello scritto, abbiamo poco tempo per progettare ciò che stiamo per dire. Dal punto di vista del ricevente svolge un ruolo determinante la limitata capacità di mantenere nella memoria a breve termine le informazioni. Il ritmo della ricezione, nel parlato, è eterodiretto, cioè è governato dal nostro interlocutore e non possiamo accelerarlo o rallentarlo. Al contrario il ritmo di lettura di un testo scritto è autodiretto. Un terzo elementodistintivo è la presenza o l'assenza del destinatario: il parlato è normalmente caratterizzato dalla presenza dell'interlocutore al momento dell'enunciazione, mentre nello scritto si determina una frattura tra il momento della produzione e quello della fruizione del testo, con la conseguente impossibilità per l'emittente di fare riferimento a un contesto condiviso. In ne il parlato spontaneo ha normalmente realizzazione dialogica, nasce cioè dall'interazione tra più persone, mentre lo scritto ha tipicamente carattere monologico.
4. ITALIANO STANDARD
La standardizzazione di una lingua è il risultato di un processo storico che prevede più fasi. In primo luogo è necessario un momento di selezione; a partire dalle diverse varietà presenti in uno spazio linguistico si può elaborare una varietà comune, oppure si può scegliere una sola tra le varietà concorrenti: per l'italiano,
si è presa questa secondastrada e la scelta è caduta in una prima fase sul orentino del Trecento, successivamente(con Manzoni) sul orentino parlato delle persone colte. Alla selezione segue un momentodi codi cazione: le regole della varietà scelta vengono esplicitate attraverso grammatiche.Per l'italiano questo processo ha preso avvio con le prime grammatiche realizzate nelCinquecento e con l'imitazione dell'uso di alcuni autori. La terza fase è costituita dalladiffusione, cioè l'allargamento della varietà individuata a una più ampia base di utenti.L'ultima fase consiste nell'estensione delle funzioni, cioè nella possibilità di usare la varietàstandard in tutti gli usi, orali e scritti. Per gli usi scritti questo processo è stato compiutodall'italiano tra il Cinquecento e l'Ottocento, mentre per la lingua orale il percorso si èavviato con l'unità
d'Italia ma non può dirsi ancora del tutto compiuto.
FASI DEL PROCESSO DI STANDARDIZZAZIONE DI UNA LINGUA
L'italiano standard, codificato dalle grammatiche e assunto come modello di prestigio dalle persone colte, assume le caratteristiche di un toscano emendato.
Per quanto riguarda la morfosintassi le principali caratteristiche del toscano parlato non accolti nello standard (cioè emendate) sono:
- l'impiego generalizzato della forma si + 3° persona singolare in luogo della quarta persona del verbo (si va anziché andiamo);
- i pronomi clitici soggetto: e' dice ['lui dice'], la canta ['lei canta'], le cantano ['loro cantano'];
- l'uso obbligatorio del pronome personale soggetto.
Per quanto riguarda la fonetica non sono state accolte:
- le forme monottongate bono, novo ['b no], ['n vo], in luogo di buono, nuovo ['bw no], ['nw vo];
- la gorgia, cioè la pronuncia fricativa o approssimante
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