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Capitolo X de “le paysage idéal” di Curtius: cosa significa nella pratica
quando un autore del medioevo si mette a descrivere un passaggio? Quello
che rende un paesaggio degno di essere descritto è il fatto che possa essere
inserito più o meno nell’immagine topica; ad esempio un viaggiatore che
descrive il paesaggio sacrificherà molte pagine se ciò che vede assomiglia ad
un paesaggio ideale, ma se è differente o lo adatta al modello (palme),
oppure non ne parla proprio, cancellandolo dalla memoria scritta.
Nel XIX secolo quindi ci si rende conto di queste descrizioni di paesaggi tutti
uguali fra loro e questo non è percepito come un limite dai lettori perché lo
scopo della lettura e descrizione non è lo stesso che conosciamo oggi; non è
definire, rappresentare ciò che l’autore ha davanti agli occhi ma lodare
l’oggetto rappresentato e dimostrare da parte dell’autore le sue capacità di
retorica, le sue conoscenze e letture e la capacità di approcciarsi al modello
ideale.
L’autore a cavallo fra medio evo e XIX secolo è d’Aubigné: sono versi che
Rimbaud conosceva perché avevano fatto uscire dall’ombra quest’autore che
alla sua epoca non aveva avuto molto successo, ma sarà riscoperto
solamente dalla generazione di Hugo e Baudelaire nel XIX secolo.
È nato nel 1552 e morto nel 1630: è stato uno storico e poeta protestante e la
sua fede religiosa ha profondamente influenzato le scelte soprattutto
estetiche fatte nella sua opera, soprattutto ne “Le tragiche”, un poema di
10000 versi nel quale il nostro autore vuole dare una lettura differente delle
guerre religiose, prendere le distanze in rapporto all’interpretazione ufficiale
cattolica di queste guerre, dimostrando (il poema è stato publicato dopo le
guerre) come dietro una sconfitta apparente di una minorità di cittadini
francesi perseguitati - i protestanti - c’è in realtà una vittoria solamente
rinviata nel futuro, quando secondo i piani divini alla fine del mondo ci sarà il
giudizio universale: tutto il mondo potrà vedere come in realtà il vero popolo
eletto sarà quello protestante.
Per dare questa nuova interpretazione degli eventi c’è bisogno di un metodo
nuovo per raccontarli, per esprimere la necessità di prendere le sue distanze
o no dalla verità in rapporto all’interpretazione dei fatti raccontata, lui pensa
che deve prendere le distanze in rapporto al modello letterario dominante
dell’epoca: Ronsard, il più importante, e soprattutto dalla tradizione pagana,
greco romana.
Ha fatto ricorso al paesaggio ideale, un topos antico del locus ameno, e lo fa
per capovolgerlo, esattamente come vuole ribaltare la lettura tradizionale
delle guerre di religione: lo fa dal punto di vista della scrittura; all’interno di
una visione della letteratura che interpreta la nozione di inventio come un
ritrovare qualcosa che esiste già a lui non resta che reinvestire gli elementi
che ha ereditato dalla tradizione; è quello che fa in questi versi, riprende il
topus del locus amenus invertendo queste immagini topiche: il contenuto e la
forma sono stravolti per parlare di qualcosa di completamente diverso.
Comincia con un topos d’esordio “non scrivo più dei fuochi di un amore
sconosciuto, ma diventato ormai più saggio attraverso la sofferenza,
intraprendo qualche cosa di più alto, poiché insegno alla mia penna un altro
fuoco al quale la frangia si sta consumando” (sta parlando delle guerre di
religione). —> non vuole più parlare d’amore, prende le distanze dai poeti
della pleyade, che avevano fatto dell’amore la centralità della loro
produzione.
Aggiunge di seguito una dichiarazione molto netta non solamente di
cambiamento della fonte d’ispirazione - i fuochi non sono più quelli d’amore,
ma dei proiettili e persone bruciate vive perché eretiche - ma anche delle fonti
letterarie diverse; non più la tradizione classica che aveva codificato il
paesaggio - presentata come falsa e vana - ma una letteratura che si vuole
impegnare; per farlo egli capovolge il paesaggio ideale contrapponendo il
rosso del sangue, e l’opposizione tra il mormorio del fiume ed il rumore delle
ossa che si scontrano fra loro.
E un poeta quindi che prende le distanze ma lo può fare proprio partendo da
qualcosa di così stabile che semplicemente ribalta.
È chiaro che fra le fonti di questo autore ci sono anche le greco latine delle
quali si è nutrito, ma la sua presa di distanza va al pari con una dichiarazione
di fedeltà ad un’altra tradizione occidentale, ovvero quella cristiana,
abbandonando quella pagana; quindi l’estetica del modello non è
assolutamente messa in questione da questo autore, bisogna attendere la
tradizione romantica per vedere una grande evoluzione.
Rimbaud aveva avuto sotto gli occhi questo autore: nasce nel 1854 e muore
nel ’91: quando scrive “Le dormeur du val” è giovanissimo, viene da una
famiglia borghese e conservatrice, cattolica; fugge in una piccola villa di
provincia che in quel momento è pesantemente interessata e toccata dalla
guerra in corso in quel periodo.
Per avere un’idea di questo poeta, quello che provava quando scrive questi
versi, è importante riferirsi ad una lettera che egli scrive ad un professore
molto impegnato e rivoluzionario il quale aveva fatto conoscere a Rimbaud
dei libri “pericolosi”; la lettera è stata scritta il 25 agosto 1870, vale a dire
qualche mese prima la scrittura e stesura di questo sonetto.
“Molto urgente: egregio signore, che fortuna per lei non abitare più a
Charlesville!”
È una lettera che dà l’idea di quello che c’è dietro la posizione di Rimbaud
sulla guerra: il sonetto fa parte di una serie di testi che Rimbaud dirà al suo
amico Paul Demeny, l’amico al quale invierà la celebre “lettera del voyant”;
dopo il manoscritto autografo conservato nella British library a Londra, il
sonetto è datato ottobre 1870:sarà pubblicato nell’antologia dei poeti francesi
dall’editore Lemerre nel 1888.
Quando scrive questo sonetto non ha ancora scritto la lettera al voyant nella
quale egli teorizza il fatto che il poeta deve farsi vedente per tutti; il rapporto
con i sensi sembra essere un punto d’arrivo delle Correspondances di
Baudelaire.
Il suo poema più celebre è le “Bateau ivre”: con questo poema giovanile è
alla vigilia del Rimbaud più celebre.
Comparazione dormiente della valle e guerra di Piero di de Andrè: artisti che
appartengono a due secoli differenti, utilizzano due linguaggi differenti ma da
una parte c’è un poeta che nel 1870 inizia a scrivere in piena autonomia, non
sono opere scolastiche; però scrive sonetti, utilizza versi alessandrini, quindi
rimane nella tradizione letteraria francese almeno per il momento -
successivamente inizierà le sperimentazioni.
Dall’altra parte abbiamo il cantautore degli ultimi, gli umili: come punto
d’incontro si può dire che entrambi sono mossi da una compassione quasi
cristiana nel senso etimologico del termine, che fa sì che entrambi soffrano
nel vedere chi soffre, e forse per questo entrambi si ritrovano a scrivere sulla
guerra.
Charleville si trova al confine con il Belgio, è ben distante dalla capitale
culturale: siamo nel 1870, la guerra franco prussiana scoppia nel luglio di
questo anno, e perciò nel trovarsi al confine fra Belgio e Francia si ritrova
soldati francesi e belgi sotto casa; proibente il soldato descritto nel sonetto lo
vedo realmente.
Il 1870 è un anno improntate per Rimbaud perché tenta per la prima volta la
fuga da casa, tenta di arrivare a Parigi: l’odio provato per Charleville è lo
stesso che Leopardi provava per Recanati; per delle persone così tanto
legate allo studio e letteratura, essere così tanto isolati è una sofferenza;
sempre in questo anno contatterà Banville per farsi pubblicare nel Parnaso
contemporaneo: nonostante scriva in versi tradizionali egli contatta un poeta
all’avanguardia che riprende il classicismo, ma cerca comunque di andare
verso il nuovo e non verso il vecchio.
Il professore gli presterà anche i miserabili e forse questa lettura svilupperà la
sua compassione nei confronti degli umili.
Il dormiente della valle
È un sonetto in versi alessandrini e che quindi rispecchia la tradizione
francese: da notare prima di tutto l’utilizzo dei colori, nella prima quartina
descrive un paesaggio vergine intaccato, basato sull’uso del colore, sembra
quasi un quadro impressionista; l’aggettivo “schiumosa” richiama un colore
bianco, chiaro, legato al riflesso della luce; nella seconda quartina entra
proprio nel quadretto un giovane soldato che inizialmente non viene detto
essere già morto, sembra quasi che stia riposando, per quanto ci siano
elementi che sembrano far intuire che qualcosa non va: il pallido che si
contrappone al verde della natura, che lancia un sospetto il quale aumenta
nel corso del testo.
Prima ci dice che il soldato è pallido, poi che sorride come un bimbo che sta
male, e poi che ha freddo: è una climax che non coincide con la freschezza
del paesaggio, eppure il soldato ha freddo; nell’ultima terzina è dichiarata la
morte del soldato, viene detto che ha due buchi rossi nel costato.
(Climax: pallido, bimbo che sta male, profumi che non gli pizzicano il naso, e
due buchi nel costato.)
Il soldato è rappresentato come un’identità che rompe la pace del locus
amenous descritto nella terzina: corruzione del luogo data dalla morte, il
soldato è giovane e dunque la morte è prematura e innaturale, non c’è nulla
di più innaturale di un giovane che muore in una guerra nella quale non
dovrebbe starci.
La parola che chiude il componimento è costato: Rimbaud ebbe un conflitto
con il cristianesimo, ma questo costato sembra un Gesù cristo moderno
privato della possibilità di resuscitare; importanti i fiori citati, i gladioli.
Siamo nel 1964, anno in cui viene pubblicato il quinto singolo “la guerra di
Piero”, de andrè non esordisce con un album intero ma grazie a vari singoli,
grazie a Mina e all’interpretazione della canzone di Marinella inizia ad avere
successo.
Genova a differenza di Charlesville è all’avanguardia: si parla di “scuola
genovese”, un gruppo di cantautori che ispirati da alcuni autori francesi e
american