M. MARRONE, MANUALE DI DIRITTO PRIVATO ROMANO, GIAPPICHELLI,
TORINO, 2004
CAPITOLO I – IL DIRITTO ROMANO E LE SUE FONTI
1. L’idea di diritto
Il termine latino per diritto è ius, usato sia secondo l’accezione di diritto oggettivo, cioè di norma
agendi, (ius civile, ius gentium) sia secondo l’accezione di diritto soggettivo, cioè di facultas agendi,
(ius civitatis, ius sanguinis), ma anche di obbligo giuridico. Più sinteticamente, si dirà che le fonti
testimoniano il significato di ius in senso soggettivo per il diritto romano come situazione giuridica
soggettiva, cioè diritto e dovere insieme.
2. L’età arcaica (754 a.C. – metà III secolo a.C.)
Il regime costituzionale è imperniato su rex, Senato e assemblee popolari (dapprima i comizi curiati,
poi anche i comizi centuriati e tributi e i concilia plebis). Quanto al diritto privato:
CARATTERI IUS
FONTI GIURISPRUDENZA
Mantenne i caratteri Dottrina e giurisprudenza Il diritto si qualificava ab origine come
Era fondato sui MORES, che
delle origini: era (quindi conoscenza e IUS QUIRITIUM, concetto che
però potevano essere integrati o
fondamentalmente interpretazione) del comprendeva tutti le posizioni
derogati da LEGES,
consuetudinario, diritto erano in mano ai giuridiche soggettive di origine
provvedimenti normativi la cui
povero di strutture e pontefici, un collegio consuetudinario, e poi come IUS
legittimità derivava dalla
formalistico, sacerdotale cui i cittadini CIVILE, diritto dei cittadini, concetto
volontà popolare: la più nota è
proprio ed esclusivo si rivolgevano per comprensivo rispetto al primo non solo
la lex Duodecim (legge delle
dei cittadini romani. conoscere il ius. delle posizioni assolute, ma relative.
XII tavole, 450 a.C.).
3. L’età preclassica (III – I secolo a.C.)
Corrispose agli anni dell’apogeo e della crisi della repubblica. Quanto al diritto privato:
CARATTERI FONTI GIURISPRUDENZA IUS
Giunse a incremento il ius civile (a tutelare i negozi
Il diritto perde uno Si mantennero in I pontefici andarono anche se non compiuti da cittadini) e per questo iniziò a
dei caratteri delle vigore i mores e le perdendo il monopolio qualificarsi come IUS GENTIUM (diritto delle genti a
origini: la povertà antiche leges (con i nell’interpretatio del prescindere dalla cittadinanza). A ius civile e ius
delle strutture. I plebiscita a esse diritto. I pareri gentium, si affiancò e si contrappose in età classica il
negozi giuridici equiparate); furono (consulta) dei giuristi IUS HONORARIUM, diritto risultante dall’attività
furono fruibili non emanate molte iniziarono ad avere il creativa di alcuni organi giurisdizionali (s.t. il pretore,
solo dai cittadini, leges rogatae, ma valore di fonti di dotato di ius edicendi, di emanare cioè l’editto annuale).
ma dai peregrini. poche di privato. produzione di d.o.
4. L’età classica (27 a.C. – III secolo d.C.)
Costituzionalmente si ha un regime ibrido, non più repubblicano e non ancor pienamente monarchico.
FONTI GIURISPRUDENZA
Senatoconsulti e costituzioni imperiali (equiparati alle leges) L’attività dei giureconsulti raggiunse il suo apogeo (si
divennero fonti di produzione; si estinse l’attività legislativa del pensi alle Constitutiones di Gaio, all’Enchiridion di
popolo (l’ultima lex comiziale è del tempo di Nerva, 96-98 d.C.9). Il Pomponio, alle Quaestiones e ai Responsa di Papiniano,
pretore, dalla metà del II secolo, perse il ruolo di innovatore del ius. ma anche a Paolo ed Ulpiano).
5. L’età postclassica (III / IV – VI secolo d.C.)
Si inaugura con Diocleziano (284-303 d.C.) il dominato, costituzionalmente lontano dal principato
perché assoluto e dispotico. Per il diritto privato, l’età postclassica è età di decadenza, fino a
Giustiniano, quando in Oriente si concepì una straordinaria compilazione di giurisprudenza classica.
FONTI E GIURISPRUDENZA
Divenne fonte di produzione per eccellenza la constitutio imperiale e la più importante fonte di cognizione fu, invece, il Corpus
iuris civilis, nome con cui dal XVI secolo si indicò la monumentale opera di compilazione di iura e leges compiuta nel VI secolo
su iniziativa di Giustiniano che consta di quattro parti: le Institutiones (in 4 libri, con funzione didattica e forma di discorso diretto
alla iuventus cupida legum), il Digesto (in 50 libri, con funzione antologica di iura organizzati per materia), il Codex (che raccoglie
le costituzioni di diritto privato emanate dall’imperatore) e le Novellae (raccolta di costituzioni emanate dopo il 529). 2
CAPITOLO II – IL PROCESSO
1. Il processo per legis actiones
Nel diritto romano, il rapporto tra diritto sostanziale e processo era diverso da quello
modernamente inteso. Se oggi è l’azione a presupporre il diritto soggettivo, per i Romani, era il
diritto soggettivo (posterius) a presupporre l’azione (prius). In altre parole, l’ampiezza del diritto
tutelato era rigorosamente condizionata dalla struttura del mezzo processuale utile a tutelarlo. Le
actiones erano tipiche (per cui erano tutelabili solo i diritti per cui era espressamente riconosciuta
una actio). La più arcaica forma di processo, per legis actiones, comprendeva cinque riti
processuali (diversi per origini e struttura, ma con comuni caratteristiche) che potevano essere:
ACTIONES ESECUTIVE
ACTIONES DICHIARATIVE
azioni di cognizione, volte all’accertamento di situazioni volte alla realizzazione di situazioni giuridiche certe (o
giuridiche incerte. ritenute tali).
La LEGIS ACTIO SACRAMENTI, qualificata come generalis La LEGIS ACTIO PER MANUS INIECTIONEM era
perché utilizzabile per ogni pretesa per la quale non fosse prescritto innanzitutto esperibile a norma di un’espressa disposizione
l’esercizio di un’altra legis actio. Poteva essere: delle XII tavole per l’esecuzione di un giudicato (cui era
IN REM, cioè impiegata per il riconoscimento e la tutela parificato il confessus, se il convenuto cioè avesse ammesso
di posizioni giuridiche soggettive assolute e reali (es: il proprietario il proprio debito). Con manus iniectio si procedeva anche in
che perseguiva un bene sottrattogli o l’erede che perseguiva difetto di iudicatum o confessus, in ipotesi relative a situazioni
l’eredità). Nella fase in iure, i contendenti si presentavano davanti riconosciute a priori come certe.
al magistrato giusdicente con la cosa controversa (o un suo simbolo); Il procedimento si svolgeva in iure, cioè dinanzi al magistrato
l’attore con una festuca faceva atto di apprensione della cosa, giusdicente, presenti creditore e debitore (o presunti tali). Il
affermandone la proprietà (per es. per uno schiavo: hunc ego creditore enunciava con certa verba la causa (fonte) del
hominem ex iure Quiritium meum esse aio) – vindicatio; il
convenuto che non intendeva prestare acquiescenza, compiva gli credito, indicandone l’importo, e dichiarava di manus inicere,
stessi gesti e pronunciava la stessa formula – controvindicatio. Il afferrando il preteso debitore. Era facoltà del debitore
pretore ingiungeva di deporre la cosa (mittite ambo rem) e i due indicare un vindex che poteva sottrarlo alla manus iniectio
contendenti si sfidavano al sacramentum (la scommessa di pagare (negando il debito e contestando così il credito dell’attore). In
all’erario 50 o 500 assi in caso di soccombente), poi assegnava il ipotesi di assenza del vindex, il pretore pronunziava l’addictio
possesso interinale alla parte che avesse i garanti più idonei del debitore in favore del creditore (che poteva tenere con sé
(praedes). Nella fase apud iudicem (era il pretore che dabat l’addictus per 60 giorni in catene e condurlo a tre nundinae
iudicem), i contendenti si trovavano dinanzi a un privato (con consecutive perché qualcuno potesse riscattarlo). Al termine
funzioni di giudice o arbitro) a cui dovevano dimostrare (l’onere dei 60 giorni, se a nessun mercato avesse riscattato il debitore,
della prova gravava parimenti su entrambi) la legittima proprietà del
bene; il giudice stabiliva che fosse iustum il sacramentum del questi poteva essere venduto trans Tiberim o ucciso o, in
legittimo proprietario (e indirettamente il merito della lite, perché ipotesi di più creditori, fatto a pezzi (partes secanto).
sanciva a chi dei due dovesse andare la cosa).
IN PERSONAM, cioè impiegata per il riconoscimento e La LEGIS ACTIO PER PIGNORIS CAPIONEM era
la tutela di posizioni giuridiche relative (diremmo oggi per vantare esperibile senza la presenza di un magistrato o di un
un credito). L’attore chiamava in giudizio il presunto debitore che avversario e anche nei giorni nefasti (nei quali di norma non
poteva ammettere o negare: se avesse ammesso si sarebbe avuta una sarebbe stato consentito di lege agere). Il creditore poteva,
confessio in iure (con conseguente interruzione del rito), se avesse con certa verba non tramandatesi, prendere possesso di cose
negato, le parti si sfidavano al sacramentum, procedendosi in appartenenti al debitore e tenerle in pegno (pignus).
maniera del tutto analoga che nella legis actio sacramenti in rem.
Contro il soccombente, persistendo l’inadempimento, il creditore
avrebbe esercitato la legis actio per manus iniectionem.
La LEGIS ACTIO PER IUDICIS ARBITRIVE POSTULATIONEM era esperibile a norma delle XII tavole per crediti nascenti
da stipulatio, con il rito in iure simile a quello della actio sacramenti (gli attori dovevano far riferimento alla fonte dei diritti
vantati, chiedendo con certa verba al pretore la nomina di un giudice o di un arbitro), e a norma di una lex Licinnia (anteriore al
210 a.C.) per la divisione di beni comuni.
La LEGIS ACTIO PER CONDICTIONEM, introdotta da una lex Silia (III secolo a.C.), era esperibile per crediti aventi ad oggetto
somme determinate (certa pecunia), poi estesa da una lex Calpurnia a crediti aventi ad oggetto cose determinate (certa res). Si
svolgeva in iure davanti al giusdicente, presso cui l’attore con certa verba affermava il proprio credito senza precisare la fonte: la
necessità di adempiere era affermata dall’attore in termini di oportere (facendo riferimento all’esistenza di un vincolo di ius civile).
In caso di negazione del convenuto, lo si invitava a presentarsi al pretore dopo 30 giorni per la nomina del giudice della
controversia. 3
2. Il processo formulare
Alle legis actiones erano ammessi i soli cives; da qui, con l’intensificarsi della rete commerciale,
venne a esistenza la necessità di strutture processuali differenti. Vi provvide il praetor urbanus,
imponendo o consentendo di litigare per formulas. Nacque il processo formulare, che – a differenza
delle legis actiones – aveva carattere unitario e – similmente alle predette – caratt
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