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PER FATTO NATURALE:
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- ius sanguinis: criterio generale
- Ius soli (in tre casi marginali per evitare l’apolidia):
- Figlio di ignoti;
- Figlio di apolidi (soggetti che, per varie ragioni, si sono trovati ad essere
sprovvisti di una qualsiasi cittadinanza);
- Figlio di genitori cittadini di uno Stato che segue solo il criterio dello ius soli;
PER FATTO VOLONTARIO:
- per matrimonio (dopo due anni se risiede in Italia, tre anni se risiede all’estero.
Ridotti di metà se la coppia ha figli);
- Stranieri extracomunitari che abbiano risieduto regolarmente per almeno 10 anni
in Italia (cinque anni se apolidi, quattro anni sia cittadini dell'Unione Europea)
- Stranieri nati in Italia che hanno risieduto in Italia in interrottamente fino alla
maggiore età e che fanno richiesta entro un anno dal compimento dei
diciott’anni,
Ora è richiesta anche la conoscenza della lingua italiana. La legge del 1992
consente espressamente il mantenimento della doppia cittadinanza: la cittadinanza
italiana non ha, pertanto, la pretesa di esclusività e può essere cumulata con una o
più ulteriori cittadinanze.
Perdita della cittadinanza
- la cittadinanza italiana è difficile da perdere;
- Non esiste più la perdita di cittadinanza a seguito dell'acquisto di una seconda
cittadinanza;
- Si perde per aver accettato un impiego pubblico o una carica pubblica da uno
Stato estero, o prestando servizio militare per tale Stato;
- Si perde la cittadinanza acquisita per fatto volontario in caso di condanna
definitiva per i reati di terrorismo e di eversione dell'ordinamento costituzionale;
Riacquisto della cittadinanza
- Se persa la cittadinanza è solitamente molto facile da riacquistare;
- Il caso più rilevante è quello dei soggetti (e dei loro discendenti) che, quando
vigeva il divieto di doppia cittadinanza, avevano optato per un'altra cittadinanza;
adesso per riacquistare la cittadinanza è sufficiente, per questi soggetti, risiedere
per un anno sul territorio italiano.
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Il testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo numero 286/1998) costituisce la
normativa di riferimento in materia di ingresso e soggiorno sul territorio italiano dei
cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea. Il diritto di asilo, viene
riconosciuto nella costituzione all'articolo 10, ai sensi del quale "lo straniero, al
quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche
garantite dalla costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica,
secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Nonostante il disposto costituzionale, in Italia non è mai stata approvata una legge
che disciplini le modalità per chiedere e, se del caso, ottenere l'asilo, esistendo un
vero e proprio vuoto legislativo. La convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo
status dei rifugiati (che l'Italia ha ratificato e alla quale è dunque vincolata) protegge
coloro che temono di essere perseguitati per la loro razza, religione, cittadinanza,
appartenenza al gruppo sociale o di opinioni politiche e che, per questo, non
possono o non vogliono tornare nel loro stato di provenienza.
CAPITOLO 7 - LA COSTITUZIONE ECONOMICA
La Costituzione economica è l’insieme delle norme costituzionali che riguardano le
posizioni o le relazioni degli individui e della Repubblica, intesi come soggetti
economici (Parte I, titolo III Cost.: lavoro, sindacato, proprietà, iniziativa economica);
analizzando un accezione più ampia, la costituzione economica è l’insieme delle
norme costituzionali che riguardano le posizioni e le relazioni degli individui intesi
come soggetti economici (quindi anche fisco, moneta, finanza pubblica, ecc.).
Il lavoro e i diritti sociali connessi alla condizione lavorativa
Al centro dell’attenzione c’è la persona umana, in questo caso nella figura del
lavoratore, a cui debbono essere garantite le condizioni minime vitali. Il lavoro trova
un posto fondamentale nella nostra Costituzione: Art. 1 - L’Italia è una repubblica
democratica fondata sul lavoro - il lavoro è quindi visto come proiezione della
persona umana nella società. Il lavoro costituisce un diritto, ma anche un dovere.
Art. 4 - “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le
condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di
svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione
che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” - Il lavoro è
un’attività o funzione che concorre al progresso materiale o spirituale della società.
Sebbene l’art. 35 tutela tutte le forme di lavoro, gli articoli successivi contengono
una tutela maggiore per i lavoratori dipendenti. Le disposizioni che seguono sono
relative a retribuzione, orario di lavoro giornaliero, riposo settimanale, ferie annuali,
che sono considerati diritti irrinunciabili. (Art. 36).
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Art.35 : “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la
formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli
accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del
lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge
nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.”
Art. 36: “Art. 36 Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla
famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa
è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali
retribuite, e non può rinunziarvi.”
Al lavoratore deve essere garantita una retribuzione proporzionata al lavoro svolto,
sia per qualità che per quantità, ma al tempo stesso essa non può essere troppo
bassa da non consentirgli di vivere un’esistenza dignitosa e libera.
L’art. 37 invece tutela le donne e i minori: le donne sono considerate soggetti ai
quali, in virtù della loro funzione materna, vanno garantiti i mezzi per avere una
condizione di uguaglianza nelle possibilità lavorative rispetto agli uomini, proprio
secondo l'interpretazione dell'uguaglianza sostanziale come uguaglianza delle
condizioni di partenza. L'articolo 37 ribadisce, che la donna lavoratrice ha gli stessi
diritti e, a parità di lavoro, la stessa retribuzione dell'uomo lavoratore: ovviamente
l'inciso "a parità di lavoro, va inteso in senso oggettivo, come parità di mansioni.
Questa parte dell'articolo 37, a consentito negli anni l'emancipazione legislativa del
lavoro femminile: le condizioni di lavoro devono consentire alla donna lavoratrice
l'adempimento della sua essenziale funzione familiare, assicurando alla madre e ai
figli una speciale e adeguata protezione.
Art.37 :”La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse
retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire
l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al
bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di
età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali
norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.”
sicurezza sociale,
L’art 38 della Costituzione invece si occupa della ovvero di quei
diritti sociali di previdenza e assistenza che hanno come destinatari i cittadini e i
lavoratori non tanto in un’ottica mutualistica (ovvero di corrispondenza tra contributi
versati e provvidenze ricevute), ma in un’ottica solidaristica (ovvero di
corrispondenza tra le provvidenze ricevute ed i bisogni di ciascuno).
L’art. 38 ha per destinatari i lavoratori, richiedendo che vengano assicurati i mezzi
adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia,
disoccupazione involontaria. Sono questi eventi che incidono sulla capacità
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lavorativa e sulla possibilità di produrre reddito; si prevede quindi l’istituzione di
pensioni sociali, pensioni e assegni di invalidità, assegni di accompagnamento,
indennità di frequenza per i minori invalidi. L’aspetto più importante in cui si
previdenza,
sostanzia la è nell’attribuire il diritto a una pensione adeguata
conseguente al lavoro prestato durante gli anni di attività lavorativa.
Diverso è il diritto all’assistenza, sempre citato nell’art. 38, si riferisce infatti al
riconoscimento di un aiuto a soggetti in stato di bisogno del minimo esistenziale;
non ha carattere mutualistico, ma solo solidaristico e si indirizza a tutti i soggetti. Si
parla di assistenza non solo economica ma anche educativa.
L’adozione di politiche di carattere più marcatamente assistenziale ha condotto
all’introduzione in Italia di strumenti normativi di diretto contrasto alla povertà, come
il reddito di inclusione e il reddito di cittadinanza.
Art. 38: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere
ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che
siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di
infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i
minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti
previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo
Stato. L’assistenza privata è libera.”
Art. 39: “L’organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto
altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le
norme di legge. E` condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati
sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno
personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro
iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli
appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”. La registrazione dei
sindacati non è mai avvenuta, per la precisa scelta dei sindacati di rimanere
semplici associazioni libere. Tale articolo è fondamentale nel riconoscimento della
libertà sindacale, anche per ricordarci che è anche libertà di non aderire a