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Inoltre, gran parte di queste sequenze sono risultate essere polimorfiche, il che significa che entrambi gli “alleli”
molecolari sono abbastanza comuni nella popolazione. Complessivamente, tali differenze tra gli individui sono chiamate
polimorfismi di singolo nucleotide, abbreviato con SNP e pronunciato “snip”. Nell’uomo si pensa ci siano circa 3 milioni
di snip distribuiti in maniera più o meno casuale con una frequenza di 1 ogni 100-300 basi. Alcuni di questi SNP si trovano
all’interno dei geni; molti altri no. Il cambiamento in una singola coppia nucleotidica potrebbe produrre un nuovo allele,
causando un fenotipo mutante: le due coppie di nucleotidi, selvatica e mutante, sono esempi di SNP. Molti SNP, tuttavia,
non producono fenotipi diversi, o perché non si trovano all’interno di un gene o perché, pur risiedendo in un gene,
entrambe le sue versioni danno origine allo stesso prodotto proteico. Esistono due modi per identificare uno SNP. Il primo
consiste nel sequenziare un segmento di DNA su cromosomi omologhi e confrontare le due sequenze per individuare le
differenze. Un secondo metodo può essere impiegato nel caso di SNP localizzati nel sito bersaglio di un enzima di
restrizione: questi SNP sono i polimorfismi di lunghezza dei frammenti di restrizione (RFLP). In questi casi, ci saranno
due “alleli” RFLP, o morfi, uno dei quali presenta il sito bersaglio dell’enzima di restrizione e l’altro no. L’enzima di
restrizione taglierà il DNA in corrispondenza dello SNP contenente il sito di restrizione, ignorando l’altro. Gli SNP sono
poi individuati come bande a diversa posizione sul gel elettroforetico. I siti RFLP possono trovarsi sia tra geni sia
all’interno di essi.
Polimorfismi di lunghezza di sequenze semplici
L’analisi genomica molecolare ha rivelato sorprendentemente che molti genomi contengono una grande quantità di DNA
ripetuto e che esistono molti tipi di esso. A un’estremità dello spettro ci sono le ripetizioni multiple adiacenti di brevi
sequenze semplici di DNA. L’origine di queste ripetizioni non è chiara, ma la caratteristica che li rende utili è che, in
individui diversi, spesso esse sono presenti in un numero diverso di copie. Quindi, queste sequenze sono chiamate
polimorfismi di lunghezza di sequenze semplici (SSLP), o anche ripetizioni in tandem di numero variabile o VNTR. Di
solito gli SSLP presentano alleli multipli: sono stati trovati fino a 15 alleli per un locus SSLP; di conseguenza, a volte in un
albero genealogico possono essere seguiti 4 alleli (2 da ogni genitore). Due tipi di SSLP sono particolarmente utili nella
mappatura e in altre analisi genomiche: i marcatori minisatelliti e microsatelliti.
- Marcatori minisatelliti: sono basati su variazioni nel numero di ripetizione in tandem di unità ripetute lunghe da 15 a
100 nucleotidi. Nell’uomo, la lunghezza totale dell’unità va da 1 a 15kb. I loci minisatelliti che hanno la stessa unità
ripetuta ma numeri diversi di ripetizioni sono dispersi in tutto il genoma.
- Marcatori microsatelliti: sono basati sul numero variabile di ripetizioni in tandem dii una sequenza ancora più semplice,
generalmente un piccolo numero di nucleotidi, per esempio un dinucleotide. Il tipo più comune è la ripetizione di CA e il
suo complementare GT: • 5’ CACACACACACACACA 3’
• 3’ GTGTGTGTGTGTGTGT 5’
Rilevazione dei polimorfismi di lunghezza di sequenze semplici
I polimorfismi di lunghezza di sequenze semplici vengono rilevati sfruttando il
fatto che le regioni omologhe contenenti un numero diverso di ripetizioni in
tandem saranno di lunghezza diversa. Una procedura comunemente utilizzata
per scoprire queste differenze consiste nell’utilizzare le regioni fiancheggianti il
polimorfismo come primer in un’analisi di PCR. La PCR replica le sequenze di
DNA fino a quando esse sono disponibili in quantità sufficiente per ulteriori
analisi. La diversa lunghezza dei prodotti di amplificazione di PCR può essere
rilevata dalla diversa mobilità delle sequenze su un gel elettroforetico. Nel caso
dei minisatelliti, il profilo prodotto sul gel viene a volte chiamato DNA finger-
print.
Analisi di ricombinazione basata su marcatori molecolari
Quando mappiamo la posizione di un gene in cui i fenotipi sono determinanti
dalla differenza di un singolo nucleoide, noi stiamo in realtà mappando un SNP.
La stessa tecnica utilizzata per mappare i loci genici può essere utilizzata anche
per mappare gli SNP che non determinano un fenotipo visibile. Fungendo da “pietre miliari”, i marcatori molecolari sono
utili nell’orientare il ricercatore nella ricerca di un gene d’interesse. Per capire questo punto, consideriamo le pietre
miliari reali: di per sé sono di scarso interesse, ma sono molto utili nell’indicare quanto si è vicini alla destinazione. In
uno specifico esempio genetico, ipotizziamo di voler conoscere la posizione sulla mappa di un gene per una malattia nel
topo, magari come modo per arrivare alla sua sequenza di DNA. Facciamo un certo numero di incroci, in ciascuno dei
quali incrociamo un individuo portatore del gene malattia con un individuo portatore di una serie di marcatori molecolari
diversi di cui è già nota la posizione sulla mappa. Mediante PCR, genitori e progenie sono saggiati per i marcatori
molecolari di posizione conosciuta (sono genotipizzati) e poi viene condotta un’analisi di ricombinazione per verificare
se il gene di interesse è associato a uno di essi. Il risultato di questi incroci potrebbe rivelare che il gene malattia si trova
a 2 unità di mappa di distanza da uno di questi marcatori, che chiameremo M. la procedura ci ha quindi fornito una
posizione approssimativa del gene malattia sul cromosoma. La posizione del gene per la fibrosi cistica umana, in effetti,
fu originariamente scoperta proprio mediante la sua concatenazione con marcatori molecolari che si sapevano essere
localizzati sul cromosoma 7. Questa scoperta portò all’isolamento e al sequenziamento del gene, con la conseguente
ulteriore scoperta che esso codifica una proteina chiamata oggi regolatore della conduttanza transmembrana della fibrosi
cistica (CFTR). Anche il gene per la malattia di Huntington fu identificato in questo modo, portando alla scoperta del fatto
che esso codifica per la proteina muscolare huntingtina. Sebbene per la mappatura dei marcatori molecolari il testcross
costituisca il tipo di incrocio informativo più semplice, in molte analisi i marcatori molecolari non si trovano di solito in
questa forma. Comunque, poiché ogni allele molecolare ha una sua propria “firma”, rilevabile anche in eterozigosi, anche
incroci diversi dal testcross sono spesso informativi, poiché permettono comunque il rilevamento dei ricombinanti e dei
non ricombinanti.
4.4 Mappatura dei centromeri mediante tetradi lineari
I centromeri non sono geni ma regioni del DNA da cui dipende rigorosamente la corretta riproduzione degli organismi
viventi e perciò sono di grande interesse in genetica. Nella maggior parte degli eucarioti, l’analisi di ricombinazione non
può essere utilizzata per mappare i centromeri, poiché essi non manifestano eterozigosi che consenta di utilizzarli come
marcatori. Nella sua forma più semplice, la mappatura del centromero prende in considerazione un locus cercando di
valutare quanto questo locus disti dal centromero. Il metodo è basato sul fatto che una tetrade lineare, o un’ottade (una
serie di otto ascospore ordinate linearmente), prodotte da una meiosi in cui si sia verificato un crossing-over tra un gene
e il centromero del cromosoma sul quale è localizzato mostrerà una diversa disposizione di alleli rispetto a quelle dove
questo evento non si è verificato. Considerando un incrocio tra due individui, ognuno con un allele diverso a un
determinato locus (Axa). La legge di Mendel della segregazione dice che, in un’ottade, ci saranno sempre quattro
ascospore di genotipo A e quattro di genotipo a. Se non sono avvenuti crossing-over nella regione tra A/a e il centromero,
nell’ottade lineare ci saranno due blocchi adiacenti di quattro ascospore, mentre, se avviene un crossing-over in quella
regione, si produrranno ottadi con una di quattro diverse disposizioni, ciascuna costituita da blocchi di due alleli
adiacenti identici.
Tabella di un incrocio reale A x a:
Ottadi
A a A a A a
A a A a A a
A a a A a A
A a a A a A
a A A a a A
a A A a a A
a A a A A a
a A a A A a
126 132 9 11 10 12
Totale= 300
Le prime due colonne sulla sinistra costituiscono i prodotti delle meiosi in cui non si è verificato il crossing-over nella
regione tra il locus A e il centromero. La disposizione di queste colonne è chiamata profilo da segregazione in prima
divisione (profilo M1), poiché i due diversi alleli segregano nei due nuclei figli durante la prima divisione meiotica. Le
altre quattro colonne derivano tutte da meiociti in cui è avvenuto un crossing-over e sono chiamate profilo da
segregazione in seconda divisione (profilo M2) poiché, come risultato del crossing over nella regione tra il locus e il
centromero, alla fine della prima divisione meiotica gli alleli A e a sono ancora insieme nello stesso nucleo: non c’è stata
nessuna segregazione alla prima divisione e solo nella seconda divisione meiotica gli alleli A e a saranno segregati in
nuclei diversi.
4.6 Spiegazione dei crossing-over multipli non rilevati
Nella discussione sul reincrocio a tre punti, si è visto che in alcuni cromatidi parentali, non ricombinanti derivano in realtà
da doppi crossing-over. Questi inizialmente non potevano essere conteggiati nella frequenza di ricombinazione,
determinando in tal modo una distorsione dei risultati. Questa constatazione porta a pensare che tutte le distanze di
mappa basate sulla frequenza di ricombinazione siano una sottostima delle distanze fisiche reali, poiché potrebbero
essere avvenuti crossing-over multipli, e alcuni prodotti di questi non verrebbero classificati come ricombinanti. Per
risolvere questo problema dei crossing-over multipli, sono stati ideati diversi modelli matematici, il primo dei quali è
stato sviluppato da J.B.S. Haldane.
Una funzione di mappatura
L’approccio ideato da Haldane aveva il fine di trovare una funzione di mappatura, una formula che mettesse in relazione
la frequenza di ricombinazione osservata con la distanza di mappa, corretta per i crossing-over multipli. L’approccio
funziona correlando la FR al numero medio, m, dei crossing- over, che devono essere avvenuti in quella regione
cromosomica per meiosi, deducendo poi quale distanza di mappa questo valore dovrebbe aver prodotto. Per trovare la
relazione di FR con m, dobbiamo innanzitutto pensare ai risultati prodotti dai vari crossing- over possibili. Potremmo
aspettarci meiosi con 0, 1, 2, 3, 4, o
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