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CHANEL E IL TEATRO - RIASSUNTO
1. Il palcoscenico del mondo. Parigi all’inizio del Novecento
Una ventata d’aria fresca nuova so ava impetuosa sull’Europa all’inizio del Novecento, un periodo storico
scosso da un fermento irrefrenabile di modernità e cambiamenti. Il tempo e lo spazio stavano per essere
divorati da nuove macchine e nuove idee: niente sarebbe stato più come prima. Erano gli ani della
rivoluzione industriale, del cinema, della teoria della relatività di Einstein, dei raggi X, del primo telefono, del
primo volo e del jazz. Parigi si trovava al centro di questo turbine impetuoso: in Francia il nuovo secolo si
era aperto con l’Exposition Universelle. L’urbanistica di Parigi cambiò radicalmente, le strade si fecero più
larghe per permettere il passaggio di veicoli, vennero ristrutturati i quartieri vecchi, venne introdotta la metro
(una delle prime in Europa), un nuovo sistema fognario: la popolazione salì di un milione di abitanti. Parigi si
avviava a diventare grandiosa.
Tutto ciò che di importante si scriveva, si dipingeva, si componeva nei primi vertiginosi anni del Novecento,
aveva luogo nella capitale francese. La Parigi di inizio secolo venne riconosciuta universalmente come il
luogo dove tutto era possibile e chiunque poteva sperimentare la libertà di esprimersi con forme e linguaggi
innovativi (impressionismo, Matisse, Van Gogh, Dalì, Picasso). Da Parigi la nuova energia si di use
ovunque. L’avanguardia non conosceva frontiere, il suo era un linguaggio immediatamente e
necessariamente universale. Da Mosca a Parigi, da Firenze a New York, teorie di forma e contenuti
coinvolgevano arte e società, mentre il presente e il futuro si scontravano e si univano, impollinandosi a
vicenda. Per dieci anni la creatività esplose in ogni ambito, no allo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Ma non fu che una parentesi, per quanto tragica. Subito dopo la ne del con itto, Parigi riaccenderà le sue
luci e riempirà nuovamente le coppe di champagne. Si di use un sentimento di desiderio di dimenticare
nell’ebbrezza l'angoscia e i traumi che ci si era appena lasciati alle spalle.
In città i teatri erano il fulcro della vita sociale. Ce n’erano per tutti i gusti e per ogni tipo di spettacolo.
Spesso erano i registi e attori a prendere le redini delle sale. Nasceva anche la necessità di garantire una
vaudeville
nuova dignità artistica al teatro, a fronte della banalità e della routine del più commerciale.
Saranno proprio queste istanze a proiettare la drammaturgia verso un radicale rinnovamento dei criteri della
messinscena. Nel clima di sperimentazioni artistiche che caratterizzò questo periodo, l’uso della luce
elettrica ebbe un ruolo determinante. Parallelamente alle innovazioni tecniche, anche la drammaturgia stava
cambiando pelle. In reazione all’indebolimento della ducia nell’analisi scienti ca della realtà, venne a
crearsi una duplice e contrastante reazione: se da una parte le innovazioni teatrali si orientarono su
concezioni naturalistiche portate alle estreme conseguenze, dall’altra si sperimentarono sistemi alternativi di
analisi e rappresentazione, attraverso nuove valenze simboliche in grado di evocare più che riprodurre il
reale. A segnare un ulteriore passaggio di questa evoluzione fu il Surrealismo. Con la sua carica di idealismo
e il sovvertimento di ogni prevedibilità visiva, in Francia il movimento d’avanguardia venne portato in teatro
da Jacques Rouché che contribuì in maniera signi cativa all’evoluzione della messa in scena, nella quale
individuava il centro dell’arte teatrale, diventando sostenitore del trionfo dei pittori a teatro. Nell’impresa
coinvolse quindi gli artisti, ai quali chiedeva di rendere la scenogra a dipinta parte integrante del dramma,
garantendo così l’unità espressiva di una messinscena fatta anche di costumi, illuminazione, gestualità e
movimenti degli attori. Le arti, dunque, non dovevano più sforzarsi ad imitare la realtà ma nella loro sintesi,
che poteva compiersi solo sul palcoscenico, dovevano piuttosto creare un’illusione al reale. Il colore
assumeva una funzione simbolica che doveva incidere sulla sensibilità dello spettatore, al pari delle parole e
dei suoni.
2. La moda in movimento. La rivoluzione dei Ballets Russes
Il fenomenale successo dei Ballets Russes fu il risultato degli sforzi congiunti di tutte le professionalità che
ruotano a ronto alla nascita di un evento teatrale. Ciascuno contribuiva alla riuscita di spettacoli che
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costituivano una sintesi tra diverse discipline. Era fondamentale che l’aspetto visivo della messa in scena
fosse frutto di una concezione comune e collettiva. Il motore di questo straordinario successo fu un
impresario spregiudicato di nome Sergej Diaghilev, il quale non era un artista. Fu piuttosto un formidabile
talent scout e un eccellente organizzatore. Dotato di una personalità travolgente, era perfettamente a suo
agio con la sua omosessualità. Vestiva come il principe di un’operetta, con un monocolo e cappello a
cilindro, muovendosi nei salotti parigini circondato da un alone di charme e pettegolezzi per la sua abilità
nel trovare generosi mecenati che nanziassero le sue imprese. Egli proponeva una nuova forma di teatro,
in grado di conciliare il sensuale al formale, e considerava il balletto come un veicolo ideale per esprimere
questa estetica di movimento. Quattro anni dopo, Diaghilev realizzò una delle più grandi imprese artistiche
del XX: i Ballets Russes. All’inizio del Novecento, la danza stava vivendo un periodo di declino, dovuto alla
scomparsa di molti grandi artisti. Per Diaghilev si trattava di un’occasione irripetibile per apportare un
cambiamento radicale in quel mondo cristallizzato, imponendo l’estetica rivoluzionaria della sua nuova
compagnia. Con l’abilità imprenditoriale, si dedicò alla produzione e alla promozione di spettacoli che
univano nel balletto tutte le arti che amava, in particolare la musica e la pittura. L’organico della sua nuova
compagnia comprendeva i migliori ballerini provenienti da quelli che, all’epoca, erano considerati i teatri più
importanti del mondo. La rivoluzionaria bellezza delle coreogra e messe a punto dalla nascente impresa di
Diaghilev regalava anche un nuovo equilibrio fra i sessi all’interno della danza. Fino ad allora appannaggio
esclusivamente femminile, lo spettacolo si arricchiva per la prima volta di inedite gure maschili. La grande
capacità di Diaghilev fu proprio quella di far lavorare insieme una miscela esplosiva di pittori, musicisti
coreogra e drammaturghi, in modo che il contributo di ciascuno si armonizzasse con quello degli altri. La
compagnia dei Ballets Russes nacque u cialmente il 19 maggio del 1909. Diaghilev stupì Parigi con la
prima stagione dei suoi nuovi spettacoli. Il pubblico rimase abbagliato per la sorpresa e la città venne
travolta da un’atmosfera esotica che evocava mondi lontani, suggestivi e abeschi. L’estetica abbagliante
dei Ballets Russes rese il balletto un’arte completa, fatta di una compenetrazione perfetta tra musica, danza
e arti visive. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale segnò un momento d stallo per i Ballets Russes.
L’attività rallentò, pur senza fermarsi. Per tenere insieme la compagnia, Diaghilev aveva organizzato tournée
in America e in Spagna, che ricossero successo e ne consolidarono a livello internazionale la fama,
trasformando un’impresa stagionale in un’attività itinerante attiva tutto l’anno. A segnare l’inizio di una
nuova stagione, e di nuovi trion , fu l’incontro con Picasso, al quale venne a data l’intera direzione artistica
(sipario, scene e costumi). Ma Diaghilev non era soddisfatto: spinto dalla concorrenza di nuove compagnie,
puntò ancora più in alto, chiamando a lavorare con lui grandi artisti d’avanguardia come Dalì. L’inattesa e
prematura scomparsa di Diaghilev nel 1929 a soli 57 anni interruppe bruscamente il progetto, segnando la
ne di un’epoca.
La portata rivoluzionaria dei Ballets RUsses segnò un cambio di passo in ogni aspetto delle consuetudini
della messinscena. Dal punto di vista dei costumi, in particolare, l’approccio fortemente innovativo imposto
da Diaghilev ai suoi collaboratori segnò il punto d’arrivo di un’evoluzione che era già cominciata durante
l’Ottocento. Fu per prima la danza a dare i segnali di una svolta con due balletti fondamentali: in questi
spettacoli si decise di adattare il tradizionale tutù alle esigenze della trama dei balletti, compiendo la scelta
audace di aggiungere una serie di ornamenti che richiamassero il tema orientaleggiante. I costumisti
puntarono a liberare i ballerini dagli accademici abiti di scena. I corpi, o almeno parte di essi, venivano
mostrati ed esaltati proprio dai costumi. Prive delle costrizioni dei tutù, le danzatrici erano avvolte in ampie
tuniche o abiti di sto e leggere e, in qualche caso, i passi di danza venivano eseguiti senza le abituali calze
coprenti, ma a gambe nude. Le ballerine più audaci lanciarono mode destinate a dilagare ben oltre il
palcoscenico in nome di una maggiore libertà e comodità. Mix esplosivo di tutte le arti, i Ballets Russes
rivoluzionarono non solo il concetto di spettacolo teatrale, ma ebbero anche un fortissimo impatto sulla
storia del costume del Novecento e sulla moda del XX secolo. I costumi degli spettacoli allestiti dalla
compagnia avevano una forza dirompente, capace di andare ben oltre il mondo della danza, tanto da
in uenzare la moda con il loro sensuale esotismo. Principali arte ci di questa rivoluzione furono Lébon
Bakst e Alexandre Benois: non erano sarti ma disegnatori che creavano bozzetti. Entrambi si servivano poi
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della collaborazione di atelier e sartorie con cui lavoravano a stretto contatto per dar vita ai costumi, così
come erano stati immaginati nella loro fantasia. Bakst fu l’artista che contrassegnò visivamente le prime
stagioni dei Ballets Russes con i suoi colori vibranti e il senso dell’erotismo. Questi spettacoli fecero
scoppiare nella moda una vera e propria mania per l’erotismo e una passione per i colori forti, brillanti come
gemme. Bakst aveva ben chiaro quale fosse il suo ruolo in questa trasformazione dei costumi. Lo
testimonia in un suo pubblicato nel quale sosteneva che il teatro avesse una grande in uenza sulla moda, e
viceversa. Non bisogna dimenticare che le attrici erano vere icone dello stile dell’epoca. Furono loro a dare
un’ulteriore svolta all’evoluzione degli abiti da scena, segnando l’inizio di un legame a tre, destinato a
diventare indissolubile: quello tra arte, teatro e moda. Le riviste ra orzarono il legame pubblicando le