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L’ESPERIENZA MORALE
La dignità umana: concezioni e genealogie
Nell’ambito etico e giuridico il concetto di dignità esprime l’idea dell’eguale valore di ogni
essere umano a prescindere da qualsiasi circostanza contingente.
In questa accezione la dignità assume una dimensione sia morale che ontologica: la
dimensione morale è data dal fatto che si tratta di un attributo che conferisce valore ed
implica che debba venir accordato rispetto a colui che ne è portatore.
Probabilmente a causa della sua estensione concettuale, la nozione di dignità è stata
sottoposta a varie critiche: 1) mancanza di un significato definitivo; 2) considerata un
concetto ridondante, contraddittorio e specista.
L’indeterminatezza del concetto di volontà si pensa derivi dal fatto che l’uso del termine sia
sempre più indipendente dalle tesi filosofiche sulla natura umana, riducendosi ad un accordo
paradigmatico, per definizione precario ed instabile e finalizzato alla fondazione di certi
diritti.
La necessità di rinunciare ad una fondazione metafisica del concetto di dignità potrebbe
risultare utile al fine di renderlo più flessibile, dal momento che la pluralità dei significati del
concetto potrebbe consentire di salvaguardare e conciliare alcuni principi fondamentali. Si
tratta quindi di un tentativo di valorizzare la ricchezza semantica del concetto con un gesto
ermeneutico e genealogico. Dignità e onore
Per analizzare la dignità è necessario analizzare il suo rapporto con una categoria che in parte
la precede ed in parte vi si sovrappone, ovvero l’onore.
Peter Berger sostiene che la modernità ha segnato la fine dell’onore per sostituirlo con la
dignità. L’onore avrebbe perso la rilevanza giuridica e sociologica che aveva in epoca
premoderna, venendo ridotto ad essere parte integrante della visione del mondo
esclusivamente di classi particolari e legato al passato.
Al contrario, la dignità si accompagna alla crescita della sensibilità culturale per la tutela e le
violazioni della dignità di esseri umani e di gruppi sociali.
Secondo Berger onore e dignità si distinguono per due caratteristiche.
Onore: verticale e sociale; l’identità individuale è legata al ruolo sociale.
L’onore è la virtù legata a gruppi sociali specifici ed ai legami di solidarietà che lì si formano.
L’onore è quindi condizionato dall’appartenenza ad un certo gruppo e dal rispetto delle norme
e dei ruoli vigenti al suo interno.
Dignità: orizzontale ed ontologica; l’identità individuale retrocede al simbolismo sociale,
concepito come una maschera che la nasconde e da cui è necessario emanciparsi per scoprire
il proprio sé autentico
La dignità si basa sul riconoscimento di un’uguaglianza fondamentale tra gli esseri umani,
intesa come valore intrinseco di ogni uomo.
La lettura di Berger si basa su due ipotesi.
1) Tesi della contrapposizione: dignità ed onore sono opposti.
2) Tesi della sostituzione: l’onore è antico e la dignità è moderna.
Coloro che insistono sulla discontinuità di onore e dignità fanno forza nello stabilire un
legame tra l’ascesa ed il declino di un valore morale e quell’insieme di criteri di giudizio
etico-antropologici, definibili come quadro di riferimento ( inteso come sfondo implicito
delle nostre intuizioni e dei nostri giudizi morali ).
La specificità del concetto di dignità diventa comprensibile nel quadro di un mutamento
epocale, caratterizzato da due elementi fondamentali.
1) La nascita del senso moderno di individualità, connesso alla rottura dell’ordine
cosmico tipico del pensiero antico.
2) Il rovesciamento della gerarchia classica delle attività umane ( o rivalutazione della
vita comune ).
Secondo Nietzsche questa rivalutazione comporta un livellamento delle forme di esperienza
umana, destinato ad aprire la strada al riconoscimento del loro eguale valore.
Questo riconoscimento si lega a una critica all’etica dell’onore e della gloria, intese non solo
come passioni conflittuali e potenzialmente distruttive, ma anche come passioni narcisistiche
e autocompiaciute.
Il difetto principale di molte ricostruzioni storiche della dignità risiede nell’incapacità di
distinguere con chiarezza due significati del termine.
I significato: dignità coincide genericamente con valore.
II significato: filosoficamente più preciso, la dignità è una specifica risposta alla domanda sul
valore dell’umano.
In questo secondo significato specifico, nella loro forma compiuta onore e dignità sono
fenomeni differenti. Il mondo della dignità è legato ad una concezione dell’io come elemento
che si costituisce prima e al di là di qualsiasi ordine metafisico o ruolo sociale e, in quanto
caratteristica ontologica del soggetto a cui è propria, è intrinseca ed inalienabile.
Sebbene la tesi di Berger sia plausibile, sembra ancora difficile individuare un punto di svolta
preciso tra il momento in cui la dignità è legata all’onore ed il momento in cui è concepita su
un piano ontologico e morale. Una prospettiva storica
Le origini della nozione attuale di dignità risalgono alla filosofia classica. L’immagine del
valore dell’uomo che emerge dall’insegnamento di Diogene sarebbe il primo passo che
conduce all’idea kantiana di una politica che racchiude l’intera umanità sotto le leggi
dipendenti dalla libera ragione morale e quindi al movimento moderno dei diritti umani.
In epoca premoderna il termine dignità è usato quasi esclusivamente in un’accezione sociale
elitaria; la dignità come nobiltà si traduce nell’onore riconosciuto ad una persona per le sue
qualità e prestazioni, ma anche per il rango sociale ( Marcel: concezione decorativa della
dignità ).
La dignitas latina, che esprime l’eccellenza dell’uomo in quanto tale e la sua superiorità agli
animali, si traduce nel concetto di decoro, inteso come capacità di agire con adeguatezza nelle
diverse circostanze sociali, secondo i dettami della natura umana universale e di quella
individuale.
Il termine dignitas in età moderna assume il senso della posizione particolare dell’uomo nel
cosmo, fondata sulla caratteristica specifica che lo distingue dagli altri viventi, sia essa la
libertà ( uomo come essere morale ) o la razionalità ( uomo come animale razionale ).
In questo caso il motivo della dignità umana si lega alla qualità dell’uomo di essere privo di
una natura determinata: l’uomo può scegliere in maniera libera di abbassarsi alla vita animale
o elevarsi alla contemplazione.
Il punto di svolta è Kant, che pensa alla dignità dell’uomo come un valore assoluto, che
dipende dalla sua qualità di essere morale che si distingue dalla natura perché libero ed
autonomo.
Teorie della dotazione: intendono la dignità come un possesso stabile che deriva dal fatto di
essere umani, che non può essere acquisito o perso, in quanto fa riferimento a certe
caratteristiche ontologiche di colui che ne è portatore.
Teorie della prestazione: fanno riferimento a caratteristiche che sono il risultato dell’agire di
un individuo.
Bisogna mitigare la radicale contrapposizione tra onore e dignità perché, all’interno della
pluralità di tradizioni che caratterizzano un concetto stratificato come quello di dignità, sono
esistiti e continuano ad esistere filoni di pensiero che interpretano la dignità in termini legati
all’onore. Questioni contemporanee
All’inizio dell’età moderna Hobbes intende identificare la dignità con il prezzo di un uomo,
ovvero che essa non può essere interpretata come un valore assoluto, perché dipende dal
riconoscimento di altri ( legame tra dignità e onore ).
In seguito, in continuità con la tradizione marxista, Bloch ha insistito sulla centralità dei
rapporti sociali che permettono di realizzare in maniera concreta la dignità presente in ogni
uomo.
Nella teoria del riconoscimento di Honneth forma un sistema coerente, che distingue la
dignità legata al possesso universali dei diritti dalla stima sociale conferita agli individui
dall’eticità pubblica, in proporzione alle loro prestazioni a favore della comunità.
Secondo Luhmann la dignità ha a che fare con l’autorappresentazione individuale attraverso
cui ciascun uomo si costituisce come individuo. Il portatore della dignità è il soggetto che
concretamente decide come rappresentare il rispetto di sé, che sceglie quale immagine di sé
mostrare al mondo.
La teoria dell’autorappresentazione presuppone l’autonomia individuale, ma non si riduce ad
essa. Nella concezione di Luhmann la rappresentazione di sé contiene un elemento di libera
espressione, non riducibile al rango o all’onore del gruppo.
La dignità consiste nella scelta individuale di una possibile mediazione tra la sfera intima e la
sfera sociale, che permette ad ogni individuo di rappresentare vari ruoli sociali, producendo
una sintesi originale tra le sue diverse appartenenze.
Il fallimento dell’autorappresentazione produce un sentimento di vergogna che si
accompagna ad una violazione del senso di pudore di colui che osserva.
La violazione della dignità, in epoca odierna, è invece intesa in termini di umiliazione di un
individuo, che deriva dal disconoscimento della sua identità.
La dicotomia tra onore e dignità è resa problematica dall’idea che dentro il concetto di dignità
sopravviva un tratto specifico dell’onore. Secondo Waldron la dignità sarebbe innanzitutto
legale e solo dopo morale, ed in quanto tale sarebbe inevitabilmente legata allo status ed al
merito.
La tesi secondo cui la dignità sia un concetto gerarchico sta a fondamento dell’accusa di
specismo che spesso le viene rivolta: è possibile notare come la superiorità dell’uomo
sull’animale sia un motivo ricorrente in diversi filoni di pensiero.
Alcuni sostengono che sia necessario estendere il rispetto universali ad altri classi di viventi e
che per farlo sia necessario abbandonare la nozione di dignità. Tuttavia la dignità ha
dimostrato, nel corso della sua storia, una flessibilità che le ha consentito di aumentare la
protezione di soggetti vulnerabili. La società giusta
Tra coloro che negano importanza alla società giusta vi sono i sostenitori delle teorie realiste,
i quali ritengono che la teoria po