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ALF ROSS

Molto attento alle teorie del linguaggio e anch’egli convinto come Olivecrona che “il rapporto delle norme giuridiche

con la forza sta nel fatto che le norme concernono l’applicazione della forza, e non che esse sono sanzionate dalla

forza”, è il danese Alf Ross. Allievo a Vienna di Kelsen, al quale resterà affettivamente sempre legato, e poi di

Hagerstrom a Uppsala, egli è senz’altro il realista scandinavo più poliedrico.

Nella sua instancabile attività egli ha messo alla prova, entro la dimensione pratica, le questioni centrali per la filosofia

del diritto realista, ma pure i temi connessi alla democrazia, al diritto internazionale e, richiamandosi alle tesi di

Mill e Hart, al rapporto tra diritto e morale. Alla stessa maniera dei realisti americani, Ross ribadisce la centralità

del giudice all’interno del sistema giuridico. Hagerstrom: mondo di normatività oggettiva,

Le premesse all’elaborazione di Ross sono quelle di non si dà alcun ma

soltanto espressioni di modalità pratica che fanno ad esso riferimento; dietro di esse esistono certi fatti psichici, che

reali:

vanno considerati come la psiche esiste in quanto fenomeno psico-fisico che avviene in un organismo psico-fisico

situato nella realtà spazio-temporale. Da qui scaturiscono una serie di conseguenze.

Un sistema giuridico è un ordinamento sociale che si fonda su tre “impulsi” particolari: le attitudini di

comportamento disinteressate (forza della suggestione sociale); le attitudini di comportamento interessate (timore

della sanzione, coercizione); l’interazione tra credenza autoritativa e timore della sanzione. Con lo stesso andamento

diritti e doveri”, “forza

argomentativo dei realisti, nelle pagine di Ross concetti giuridici fondamentali come “ ma anche

vincolante”, “sovranità”, “fonti” sono concepiti come fenomeni socio-psicologici.

In particolare, Ross mette in discussione il valore dogmatico della sovranità fino a fare letteralmente a pezzi la sua

fonti formali” “fonti materiali”,

supposta infungibilità. Per quanto riguarda le fonti, facendo cadere la distinzione tra “ e

esse sono concepite come fattori che contribuiscono a comporre la decisione del giudice, indipendentemente dal loro

profilo formale.

A differenza di Frank e dei filoni più radicali del realismo, tuttavia, per Ross, la decisione non dovrà poter essere detta

arbitraria, ma piuttosto essere espressione d’una tendenza comune e socialmente determinata verso certune

disposizioni normative.

Uno dei contributi decisivi di Ross alla riflessione del realismo giuridico e più in generale alla riflessione giusfilosofica e

che supporta le considerazioni sin qui sviluppate è quello della validità. Mentre Kelsen ripone l’esistenza della norma

validità formale,

nella sua cioè nella sua conformità ad una norma superiore, Ross ne fonda la validità sull’esistenza in

quanto efficacia. Si ha un ribaltamento della teoria di Kelsen: il diritto valido è quello sul piano empirico e assume

una configurazione pragmatica e fattuale, del tutto estranea al normativismo. Conseguentemente, le norme non sono

qualitativo”,

più considerate da un punto di vista “ come nella logica di Kelsen, ma in rapporto al grado di applicazione,

quantitativo”: norme

misurabile sul piano “ le possono avere maggiore o minore validità a seconda della loro influenza

concreta sui processi.

Ross - e qui si distanzia da buona parte dei realisti - non nega la normatività del diritto ma la intende come un tipo

fenomeno reale, valido.

di linguaggio che costituisce un e che, solo per questo, è Per assegnare al diritto la possibilità

di essere oggetto di conoscenza, Ross riconduce la normatività al fatto e per spiegare tale meccanismo egli ricorre al

paragone divenuto celebre del “gioco degli scacchi”: “Nessuna azione fisico-biologica è considerata, di per sé stessa,

una mossa degli scacchi. Essa acquista tale carattere solo ed esclusivamente quando venga interpretata utilizzando le

norme degli scacchi come schema interpretativo. I fenomeni degli scacchi diventano tali solo quando sono posti in

relazione con le norme degli scacchi”. validità

I fenomeni giuridici come corrispondenti alle norme sono le decisioni dei tribunali. L’effettività in cui la del

diritto viene verificata è il comportamento reale dei giudici. Il giudice è portatore e servitore della comunità. Come per

Frank e il realismo, in genere, è alla “mente del giudice”, infine, che il sistema giuridico rinvia in ultima istanza per

sondare il suo funzionamento e le motivazioni che lo sorreggono.

LON L. FULLER: il diritto come interazione

Un primo scoglio da affrontare per chi si cimenti con l’insegnamento del diritto e, più in particolare, della filosofia del

definizioni

diritto è certamente quello delle del diritto stesso e della nozione di norma. Parte rilevante del problema

rapporto tra diritto e morale

riguarda, da un lato, il - il che rinvia alla biforcazione tra giuspositivismo e giusnaturalismo

rapporto tra diritto e fattualità

-, dall’altro, il - il che rinvia ad una disamina dei modi di intendere il legame tra diritto e

diritto

realtà sociale, economica, politica sottostante. In questo scenario la proposta di Lon L. Fuller di intendere il

come interazione merita, senz’altro, uno spazio che solo di recente si è cominciato a riconoscere.

Fuller

Quella di è una sorte piuttosto particolare. Giovanissimo, appena entrato nel mondo accademico e alla luce dei

primi articoli scientifici, riceve una lettera dal più grande teorico del diritto americano dei primi del Novecento, Oliver

Wendell Holmes, il padre del realismo giuridico, che lo designa come erede: “finalmente c’è un filosofo del diritto

americano che può continuare la nostra tradizione”. Affermato docente ad Harvard, ha rapporti con tanti giuristi e

intellettuali di primo piano del tempo e per più di un decennio è protagonista con H.L.A. Hart di uno dei più lunghi e

vivaci dibattiti della filosofia del diritto del secolo scorso.

Fuller è stato molto più di quanto si trova in genere sui manuali, spesso è rappresentato come un formalista simile a

obiettivo

Kelsen, il cui è stato quello di dimostrare che il diritto soggiace a un set di princìpi procedurali per la sua

validità. Egli ha espresso, invece, non soltanto alcune tesi episodiche ma un vero sistema giusfilosofico, paragonabile a

ragione

quello degli altri autori più blasonati. La per la quale Fuller cade in questa forma di oblio è probabilmente

dovuta al fatto che, a differenza di Austin, di Holmes, di Kelsen, di Hart e degli altri grandi interpreti della filosofia del

diritto degli ultimi due secoli, non è ascrivibile ad una scuola, ad una corrente o quantomeno a un movimento.

opera Il diritto alla

La prima importante di Fuller, e al contempo quella meno citata e in assoluto la più trascurata, è

ricerca di sé stesso che costituisce la base del suo pensiero. In questo libro, egli propone già alcune idee originali,

ma, soprattutto, presenta il suo manifesto anti-positivista: critica Hobbes, critica Austin, critica Kelsen, ma critica

realismo giuridico positivismo

anche il i cui esiti sono per lui del tutto sovrapponibili, paradossalmente, a quelli del

formalista. logiche:

Fuller qui non critica il positivismo per ragioni ideologiche o per ragioni morali, ma per ragioni - innanzitutto -

egli sostiene che siffatta dottrina si fonda su grandi opposizioni concettuali, su grandi dicotomie che costringono a

scegliere uno dei concetti alternativi. Fuller sostiene che queste dicotomie siano fittizie e che siano create per far

sopravvivere la teoria; esse non trovano nessuna corrispondenza nella realtà e, nello specifico, nella realtà giuridica

prima lezione”

ove non si dà una contrapposizione costante tra fatti e valori, cioè tra essere e dover essere. La sua “

“legge di Hume”,

consiste in un attacco formale alla cosiddetta baluardo di ogni approccio giuspositivistico.

in mezzo

Secondo Fuller queste dicotomie non sono reali perché in realtà il diritto si colloca sempre (e in ciò è

evidente il recupero dell’ideale del giusto mezzo aristotelico) e soprattutto vive di tensioni, conflitti, accordi che si

logica di polarità.

strutturano entro una Per comprendere il fenomeno giuridico occorre così partire dalla distinzione tra

mere cose cose artefatte

“ ” e “ ”. cose semplici

Una pietra o un qualsiasi oggetto materiale sono “ ”, la loro esistenza non è legata alle finalità

 sono

impresse dall’uomo, perché esse sono quel che e non quello che, secondo una teoria finalistica,

dovrebbero essere.

cose artefatte

Le appartengono, invece, ad un’altra categoria, più complessa: “un insieme di pistoni, di

 valvole e di altri componenti meccanici, può essere considerata un motore a vapore soltanto a condizione di

avere una precisa idea di motore a vapore, ossia di quello che, almeno potenzialmente, quell’insieme di

strumenti meccanici, o meglio ciò che essi sono, potrebbero essere”.

finalità motore a scoppio:

Il diritto è così paragonabile, nell’orizzonte delle dell’azione umana, ad un in entrambi i casi,

is ought to be unica realtà”.

“ciò che è, , e ciò che dovrebbe essere, , non sono cose differenti, ma due aspetti di un’

Qualunque disposizione giuridica può essere dunque considerata in questa prospettiva come un insieme,

is ought, diritto

interconnesso, di e tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere. Il è un fenomeno complesso e, secondo

Fuller, il positivismo giuridico con la sua tagliola dicotomica ha intaccato la sua linfa vitale per renderlo più semplice. Il

diritto dimensione concreta,

può essere così descritto, descritto rimarcando la sua innestata nella quotidianità dei

rapporti, come “l’impresa umana finalizzata ad assoggettare la condotta degli uomini alla guida e al controllo di norme

generali”.

In questo scenario si determina anche la concezione della sentenza: essa non è un oggetto, che si può studiare, come

fanno i positivisti, da un punto di vista esterno, ma è un’attività cooperativa nella quale collaborano tutti gli operatori, a

sentenza

cominciare dai giudici. La non è un oggetto che vive in una dimensione distaccata, è piuttosto un’attività

interazione responsabile”.

finali

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Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nonnostef di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Macerata o del prof Sabbatini Carlo.
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