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TIPOLOGIA PIATTAFORMA SETTORE INDUSTRIALE

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MARKETPLACE retail

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Allegro Ecommerce, speciality

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Zalando Ecommerce, speciality

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Subito Ecommerce, speciality

retail

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APP STORE Apple App Store, Microsoft Online application stores

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Piattaforme digitali come modelli di business. Secondo Nick Srnicek, autore del volume

Capitalismo delle piattaforme (2016), le piattaforme sono infrastrutture digitali che

fungono da intermediari tra gruppi diversi. Questa è la chiave del vantaggio della

piattaforma rispetto ai modelli di business tradizionali, in quanto la piattaforma,

ponendosi come il terreno nel quale gli utenti/consumatori agiscono, riveste una

posizione privilegiata per registrare le loro attività. Per fare alcuni esempi:

Google Si tratta di una piattaforma per la ricerca, che attinge a grandi

→ →

quantità di interrogazioni (che esprimono le fluttuanti esigenze informative degli

individui);

Uber Si tratta di una piattaforma per i taxi, che attinge ai dati sul traffico e

→ →

alle attività di conducenti e motociclisti;

Facebook Si tratta di una piattaforma di social network, che gestisce una

→ →

varietà di interazioni sociali che possono essere registrate.

Per affermarsi sul mercato, le piattaforme digitali si basano sulla logica del crescere

prima di guadagnare (growth before profit), che è diversa rispetto al modello

economico tradizionale. Per esse, nel primo periodo, la crescita avviene attraverso

l’attrazione degli utenti (sia aziende che consumatori) per ottenere espansione nel

mercato, anche senza un ritorno economico immediato, con l'obiettivo a lungo termine

di ridurre la concorrenza e raggiungere posizioni di monopolio.

Secondo Cusumano, Gawer e Evans, le piattaforme digitali sono strutture digitali “a

più lati”, che modellano le condizioni in base alle quali i partecipanti interagiscono tra

loro. Le interazioni tra gli attori economici e finanziari tradizionali (azionisti, dirigenti,

dipendenti, banche, fornitori, clienti...) sono rimodellate dalla presenza di piattaforme

digitali che fungono da agenti‐ponte e rappresentano un attore “virtuale”: alludiamo in

questo senso alla logica di intermediazione delle piattaforme, che fungono da ponte

appunto, da raccordo, per consentire l’interazione.

Economia delle piattaforme. Se volessimo fare un paragone, potremmo dire che quanto

sta accadendo oggi con le piattaforme digitali, in realtà, è molto simile a quanto

accadeva durante la rivoluzione industriale. Se la rivoluzione industriale è stata

organizzata attorno alla fabbrica, i cambiamenti di oggi sono organizzati attorno alle

piattaforme digitali. In effetti, siamo nel mezzo di una riorganizzazione della nostra

economia in cui i proprietari delle piattaforme stanno apparentemente sviluppando un

potere che potrebbe essere per molti versi anche più formidabile di quello dei

proprietari delle fabbriche all'inizio della rivoluzione industriale.

In letteratura, questa forma di economia basata sul digitale è indicata con

denominazioni diverse, che enfatizzano prospettive di analisi diverse:

Shared economy Si parla di economia collaborativa, un’economia che consiste

→ →

nella condivisione delle risorse di spazio, tempo, beni e servizi, soprattutto

tramite l’uso di piattaforme digitali;

Creative economy John Howkins ha inventato il concetto di economia

→ →

creativa nel 2001 per descrivere sistemi economici in cui il valore dipende

dall'originalità e dalla creatività e non dalle risorse tradizionali come terra,

lavoro e capitale. A differenza delle industrie creative che sono limitate da settori

specifici, il termine economia creativa descrive la creatività dell'economia nel suo

insieme (prima invece ci si concentrava sulla singola azienda e sul suo settore

specifico);

Gig economy Modello economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e

→ →

temporaneo e non su prestazioni lavorative stabili e continuative, caratterizzate

da maggiori garanzie contrattuali.

Per noi, è più sensato utilizzare il termine economia delle piattaforme, che è

sufficientemente neutro e generale da includere un insieme, in continua crescita, di

attività di matrice economica, sociale e politica.

Big data e analytics. Il termine big data allude a dati di volume elevato e in continua

crescita. Indica quindi enormi e complessi insiemi di dati che non possono essere

elaborati o gestiti con applicazioni convenzionali, che siano soltanto più veloci rispetto

all’elaborazione manuale. All’epoca, in effetti, si parlava dei computer come di “idioti

veloci” perché erano in grado di emulare le attività umane, svolgendole però ad una

velocità superiore.

Il termine analytics si riferisce all'estrazione sistematica di informazioni da ingenti

volumi di dati. In precedenza, i dati venivano archiviati in Megabyte o Gigabyte, ma oggi

una grande quantità di dati viene prodotta incessantemente in termini di Petabyte (PB –

21 24

1015 bytes), Zettabyte (ZB – 10 bytes) o Yottabyte (10 byte), che richiedono enormi

capacità di archiviazione e gestione.

Cloud computing. Un fattore critico delle applicazioni sui big data è la scalabilità, intesa

come la capacità di adattarsi all'aumento di utenti, all'incremento dei dati e alla

diversificazione delle funzionalità richieste. Infatti, in questo panorama informativo,

sono richieste enormi capacità di archiviazione e gestione che sono in qualche modo

soddisfatte dal cloud computing (“nuvola informatica”), la tecnologia che permette di

elaborare e archiviare dati in rete e attraverso server remoti. È dunque possibile

noleggiare le risorse all’occorrenza, invece di dover possedere o realizzare interi

sistemi informatici. Tutto ciò, per le aziende rappresenta un rilevante abbattimento dei

costi: non sono infatti più necessari hardware potenti (costosi e soggetti a frequenti

manutenzioni), ma basta una macchina in grado di far funzionare l’applicativo

d’accesso alla “nuvola”.

Secondo Microsoft: “Il cloud computing è la distribuzione di servizi di calcolo, quali

server, risorse di archiviazione, database, rete, software, analisi e intelligence, tramite

Internet (“il cloud”), per offrire risorse flessibili ed economie di scala”. I fornitori di servizi

di cloud computing (quali Amazon Web Service, Google Cloud, Microsoft Azure, Alibab

Cloud) offrono questa tecnologia in modalità “on demand” e con tariffe a consumo.

L'archiviazione e l'elaborazione di grandi volumi di dati richiede scalabilità, tolleranza

agli errori e disponibilità: il cloud computing offre tutto questo attraverso la

virtualizzazione delle risorse IT. Pertanto, big data e cloud computing sono concetti

connessi in quanto il cloud consente ai big data di essere disponibili, scalabili e

tolleranti ai guasti.

Machine learning algorithms. La potenza di calcolo per archiviare e gestire grandi

volumi di dati non è sufficiente per estrarre significato e valore da essi. Gli strumenti

di business intelligence tradizionali non dimostrano efficacia rispetto a dati con volumi,

velocità e varietà elevate. La soluzione arriva quindi dalle metodologie di intelligenza

artificiale che consentono lo sviluppo di sofisticati algoritmi di apprendimento

automatico, definiti machine learning algorithms, ad alte prestazioni per l’analisi

efficiente dei big data.

Multi-sided platform. Nella sua accezione più generica una piattaforma è un mercato in

cui due o più tipi distinti di utenti (ad esempio acquirenti e venditori) possono

incontrarsi per scambiarsi beni e servizi. Una caratteristica qualificante delle

piattaforme è dunque la presenza di più elementi di più soggetti, i cosiddetti sides, tra

cui mediare. In questo senso, gli economisti preferiscono parlare di multi‐sided

platforms o mercati multilaterali. La piattaforma ha quindi il ruolo di fornire uno

spazio di incontro, in modo tale da facilitare lo scambio di valore tra entità (agenti,

beni e servizi), che, normalmente, non sarebbero connessi o non lo sarebbero in modo

efficiente.

Facciamo un esempio, per capire meglio il concetto di piattaforme come mercati: nel

mercato di un paese o di un rione, venditori e acquirenti si scambiano le merci sotto la

supervisione del gestore del mercato (l'operatore della piattaforma), il quale può

imporre una tassa per l'uso dello spazio fisico che il paese o il rione mette a

disposizione. Il compito del gestore del mercato è quello di attirare il maggior numero

di utenti da tutti i gruppi (da tutti i sides). Altri agenti, anche estranei al commercio,

possono operare e beneficiare della piattaforma del mercato rionale (pensiamo, ad

esempio, ad artisti di strada e borseggiatori). Il mercato rionale risulta vantaggioso sia

per i venditori che per gli acquirenti, in quanto:

Riduce i costi di transazione tra gruppi di utenti distinti, grazie alle

→ infrastrutture e a differenti tipologie di facilities;

Riunisce molti consumatori e venditori in un unico posto;

→ Offre una maggiore varietà di prodotti ai consumatori e, quindi, aumenta

→ l'attrattiva della piattaforma;

Riunisce molti consumatori in un unico luogo e nella medesima fascia oraria, il

→ che genera economie di scala nelle vendite;

Più acquirenti attireranno più venditori sul mercato e viceversa; questo

→ fenomeno è chiamato effetto rete indiretto: il mercato diventa più importante

per ciascun utente quando sono presenti più rappresentanti dell'altro tipo di

utenti. Si può verificare anche u

Dettagli
A.A. 2024-2025
87 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ginevraorlando03 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Educazione ai media e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Guglielmo Marconi di Roma o del prof Basili Carla.