IL PRINCIPIO DI CAPACITA’ CONTRIBUTIVA
Per capacità contributiva di un soggetto si basa su elementi oggettivi che
esprimono una forza economica.
La capacità contributiva deve risultare da indici concretamente rivelatori di
ricchezza, dai quali sia deducibile l’idoneità soggettiva all’obbligazione di
imposta.
Vi sono indici diretti e indici indiretti di capacità contributiva.
Indici diretti sono il reddito e il patrimonio. Indici indiretti sono il consumo e i
trasferimenti.
Reddito: flusso di denaro che proviene da una fonte produttiva e che
tendenzialmente incrementa il benessere del soggetto.
Il nostro sistema di diritto non ha una definizione di reddito, ma si desume in
base alle norme che si sta facendo riferimento al cosiddetto reddito prodotto
(esistono anche reddito entrata e reddito spesa, due concetti elaborati dalla
Scienza delle Finanze che non hanno avuto un seguito).
Il reddito costituisce la base dell’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone
Fisiche) e dell’IRES (Imposta sul Reddito delle Società). L’IRES riguarda il reddito
d’impresa.
Con l’IRPEF si hanno più categorie di reddito :
Redditi fondiari: redditi che derivano dal possesso di terreni o fondi e
➢ riguardano anche tutto ciò che viene sviluppato sul fondo o sul terreno.
Sono la categoria di redditi più antica.
Tutti i redditi fondiari sono determinati dal catasto, un ufficio che ha il
compito di mappare l’intero territorio e rilevare cosa sul territorio si fa.
Sulla base di questa mappatura si stima quanto è il reddito (rendita
catastale).
I redditi fondiari si dividono in:
• Redditi dominicali (da dominus)
Entrata netta proveniente dalla proprietà di un terreno in quanto tale
e non dall'esercizio dell'attività agricola;
• Redditi agrari
Entrata che deriva dall'esercizio di un’attività di tipo agricolo sul
terreno posseduto;
• Redditi dei fabbricati
Redditi generati dalle unità immobiliari urbane, ovvero i fabbricati e
le altre costruzioni fissate al terreno.
Redditi di capitale: redditi che provengono dall’impiego fruttifero del
➢ capitale (interessi e utili).
I redditi di capitale sono tassati in maniera proporzionale e non
progressiva. Sfuggendo al principio di progressività, a parità di reddito, si
pagheranno meno tributi su un reddito di capitale che su un reddito da
lavoro.
Di conseguenza, è un sistema che incentiva il cumulo e non il lavoro.
La Corte Costituzionale giustifica la proporzionalità sui redditi di capitale
con l’art. 47 Cost. (tutela del risparmio).
Redditi di lavoro dipendente: redditi che provengono da un rapporto di
➢ lavoro subordinato o da rapporti equiparati a quello subordinato, come i
redditi da pensione.
Redditi di lavoro autonomo: redditi che derivano dall’esercizio di arti e
➢ professioni (medico, ingegnere, ecc.).
Redditi di impresa: redditi provenienti dall’esercizio di un’impresa
➢ commerciale definita dall’art. 2195 c.c..
In questo gruppo rientrano anche i redditi minori di professionisti
organizzati in forma di impresa.
Redditi diversi: redditi che non trovano collocazione altrove.
➢ I principali redditi sono quelli commerciali e di lavoro autonomo
occasionali.
Patrimonio: complesso dei beni mobili o immobili che una persona possiede in
un determinato momento.
Non c’è un’imposta generale sul patrimonio, ma microtributi come l’IMU
(Imposta Municipale Propria). L’IMU è un’imposta che colpisce il bene in quanto
facente parte de patrimonio e non in quanto produttivo di reddito .
Consumo: spesa per acquisti di beni e servizi da parte dei consumatori finali.
L’imposta che grava sul consumatore finale è l’IVA (Imposta sul Valore
Aggiunto). L’IVA è la seconda imposta per gettito (entrata complessiva derivante
da uno o più tributi) nel nostro paese.
Il consumo è indice di capacità contributiva perché implica disponibilità
economica (così come i trasferimenti).
Questo non vale però per ogni tipo di consumo. Ci sono spese che non sono
indice di capacità contributiva e per questo non possono essere tassate (come
le spese mediche).
Trasferimenti di beni passaggio di proprietà di un bene da un soggetto a un
:
altro. Sui trasferimenti di beni si pagano delle imposte perché mediante il
trasferimento si crea ricchezza.
Negli ultimi vent’anni si sono aggiunti i tributi ambientali (che colpiscono chi
inquina) e i tributi sulla digital economy. In particolare, i tributi sulla digital
economy nascono dall’esigenza di adottare un nuovo tipo di tassazione nel
digitale.
IL MINIMO VITALE
La capacità contributiva non coincide con la capacità economica.
Un reddito minimo non è indice di capacità contributiva.
Il tributo non deve intaccare i mezzi economici necessari per il soddisfacimento
dei bisogni essenziali.
Ciò implica che nell’imposta sul reddito delle persone fisiche deve essere
previsto un minimo imponibile (no tax area), che non deve intaccare la
sopravvivenza e la vitalità.
Minimo vitale: soglia di reddito minima necessaria per garantire a un individuo
la sopravvivenza e il soddisfacimento dei bisogni fondamentali.
Principio di minimo vitale: la tassazione non può colpire redditi appena
sufficienti per vivere.
Attualmente il minimo vitale è stabilito a 10.000 euro l’anno. Corrisponde al
limite minimo alla tassazione.
LA MISURA MASSIMA
Il tributo non può essere mai fissato ad un livello superiore alla capacità
contributiva dimostrata dall’atto e dal fatto economico.
Non c’è, però, nella giurisprudenza costituzionale nessuna indicazione precisa
del limite massimo.
Rientra nella discrezionalità del legislatore fissare la misura del tributo.
IL REQUISITO DI EFFETTIVITA’
Occorre che il fatto tassato sia rivelatore di capacità contributiva effettiva, non
apparente o fittizia.
Ciò significa che la manifestazione della capacità contributiva deve essere
effettivamente esistente e misurabile nel momento in cui avviene la tassazione.
Esistono molti fenomeni di determinazione forfettaria della ricchezza, ovvero
determinandola in base a presunzioni e parametri. Molti redditi sono misurati a
forfait, come ad esempio i redditi fondiari.
Attraverso questi metodi di predeterminazione della ricchezza diventa molto più
facile controllare la tassazione e prevedere il gettito futuro delle imposte,
tuttavia per essere legittimi:
• devono essere parametri che si basano su una ragionevole
rappresentazione di quella che è la realtà economica;
• al contribuente deve sempre essere consentita la prova contraria.
La Corte ha precisato che il reddito e gli altri elementi possono essere ricostruiti
anche attraverso le presunzioni.
Presunzioni semplici: strumenti probatori come la testimonianza, disciplinati
dal codice civile, che servono per ricostruire fatti ignoti partendo da fatti noti.
Il codice distingue tra presunzioni assolute e relative.
Presunzioni assolute: non ammettono la prova contraria.
Una volta accertato un determinato fatto, la legge presume l'esistenza di un
altro fatto, e questa presunzione non può essere contestata con prove che
dimostrino il contrario.
Presunzioni relative: ammettono la prova contraria del fatto ignoto ricostruito.
Per la Corte costituzionale nel diritto tributario sono legittime solo le presunzioni
relative, le quali permettono al contribuente di dimostrare che la sua capacità
contributiva risulta differente da quella determinata in modo forfettario.
IL REQUISITO DI ATTUALITA’
Per essere effettiva la capacità contributiva deve essere attuale.
Il requisito di attualità non è che un aspetto dell’effettività: il tributo deve essere
correlato ad una capacità contributiva in atto, non passata o futura.
I tributi retroattivi colpiscono fatti pregressi e una capacità contributiva del
passato. Essi ledono il principio di capacità contributiva se i fatti del passato
non esprimono una capacità contributiva attuale.
I tributi retroattivi possono ledere il principio di certezza del diritto.
Le norme retroattive sono legittime solo se trovano adeguata giustificazione sul
piano della ragionevolezza e non si pongono in contrasto con altri valori e
interessi costituzionalmente protetti.
Il principio di certezza del diritto non deve essere leso dal sopravvenire di tributi
retroattivi non prevedibili.
Il requisito di effettività impedisce al legislatore anche di imporre pagamenti
anticipati di tributi che si collegano a presupposti di imposta futuri.
Il legislatore può imporre pagamenti anticipati se il prelievo anticipato non è del
tutto scollegato dal presupposto.
CAPACITA’ CONTRIBUTIVA E PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA
Dall’art. 53 Cost., combinato con il principio di uguaglianza, discende il
principio di eguaglianza tributaria, il base al quale a situazioni uguali devono
corrispondere uguali regimi impositivi e a situazioni diverse un trattamento
tributario disuguale.
Spetta al legislatore stabilire se due situazioni sono uguali o diverse, ma la Corte
può sindacare le scelte del legislatore se sono irragionevoli.
Sono quindi incostituzionali le norme che non prevedono parità di trattamento
tra fatti che esprimono pari capacità contributiva o che dispongono pari
trattamento fiscale tra fatti che sono espressione di diversa capacità
contributiva.
Nelle questioni di costituzionalità, che coinvolgono il principio di uguaglianza,
occorre mettere a confronto la norma di legge sospettata di incostituzionalità
con un’altra disciplina legislativa e valutare se è giustifica o irragionevole la
disparità di trattamento.
Il principio di uguaglianza esige che la legge non detti discipline contraddittorie,
anzi esige coerenza interna alla legge tributaria.
PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA E AGEVOLAZIONI FISCALI
Il legislatore non viola il principio di uguaglianza se concede agevolazioni per
scopi costituzionalmente riconosciuti.
Si comprende la costituzionalità delle agevolazioni fiscali che si ricollegano alle
norme costituzionali concernenti la cultura, la salute, l’istruzione, il lavoro.
Secondo la giurisprudenza tradizionale, le norme agevolative possono essere
censurate dalla Corte solo se sono irragionevoli.
Di solito, le questioni di costituzionalità non vengono sollevate per ottenere
l’eliminazione di un beneficio, ma perché un beneficio è accordato ad alcuni e
non ad altri.
OBBLIGO DEI TERZI, NOR
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