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LA DOMINICIA POTESTAS
dominicia potestas dominus
La era il potere che il aveva sugli
schiavi.
Gli schiavi avevano una posizione giuridica particolare: in qualità di
essere umani rientravano tra le persone, uomini come i liberi, ma
res mancipi
giuridicamente erano cose ( ) , ossia oggetti di diritti
altrui, non soggetti di diritti propri.
alieni iuris dominicia potestas
Erano , sottoposti alla del padrone
che su di loro aveva un potere assoluto.
Gli schiavi erano privi di capacità giuridica e pertanto non erano
titolari né di diritti né di doveri giuridici ( il che significa, ad
esempio, che non stringere valido matrimonio, con la conseguenza
che non erano riconosciuti i vincoli tra genitori e figli o altri
coniugi ); avevano capacità di agire: una volta raggiunta la
maturità richiesta, potevano atti giuridicamente rilevanti che si
dominus
ripercuotevano nella sfera patrimoniale del .
Questa considerazione dei servi sia come persone che come cose,
portò a definirli come strumenti parlanti, la cui caratteristica
fondamentale era la stretta connessione tra corpo e capacità di
produrre. In questo sta la differenza con il lavoratore moderno
res,
che non è più una ma un soggetto giuridico che vende la sua
capacità lavorativa, restando libero come persona e venendo
retribuito.
Le cause della schiavitù:
Nascita da madre schiava al momento del parto poiché tra
schiavi non c’era il matrimonio e i figli non potevano che
seguire la condizione della madre.
Prigionia bellica ammessa da Romani sia in loro vantaggio
sia in loro pregiudizio. In particolare, in favore del popolo
romano furono predisposti due rimedi:
postliminium:
- un soldato, divenuto prigioniero nel corso di una
guerra, poteva riacquistare tutti i diritti giuridici di cui aveva
goduto prima del conflitto, se fosse riuscito a sottrarsi alla
limina
prigionia e a rientrare entro i (confini) di Roma. In tal
caso, il prigioniero ritornava ad essere uomo libero e cittadino
romano, come se lo stato di prigionia non avesse mai avuto
luogo.
Fictio legis Corneliae: càpitis deminùtio
- al fine di evitare che la
maxima ( = perdita della libertà e della cittadinanza che
comportava la riduzione in schiavitù di una persona libera)
potesse rendere nullo il testamento già redatto, si stabilì che il
civis romano dovesse essere considerato defunto al momento
della caduta in prigionia. Di conseguenza, il testamento era
ritenuto valido in quanto fatto prima della cattura o, mancando
questo, si apriva la successione legittima .
libertà
Perdita di
iuris civilis
Cause : in base al principio che un cittadino
romano non poteva diventare schiavo entro i confini dello
Stato, nei casi in cui la schiavitù era comminata con il diritto,
la vendita veniva al di fuori del territorio romano: per il ladro
colto in fragrante, il debitore insolvente. Per altre cause ( es. il
contubernium ), introdotte successivamente, l’antico principio
non venne più rispettato, ma la schiavitù era sempre prevista
come pena.
LE MANOMISSIONI
La manumissio era uno degli atti con cui lo schiavo acquistava lo
status libertatis dominus.
tramite una manifestazione di volontà del
Essa si concretizzava in un abbandono o rinuncia alla manus o
potestas sullo schiavo. Lo schiavo affrancato era detto libertinus
Lo ius civile riconosce 3 forme di manomissione con cui il servus
acquistava libertà e cittadinanza:
La manumissio vindicta : consisteva in un finto processo nel
dominus
quale il , d’accordo con una persona di cui si poteva
fidare, si faceva assistere da questi ( il quale rivestiva il ruolo
di absertor libertatis) davanti al magistrato. L’absertor in forma
solenne dichiarava nei confronti del padrone lo stato di libertà
dello schiavo ( vendicatio ex servitute in libertate), toccandolo
con una festuca. Non opponendosi il dominus a tale
dichiarazione, il magistrato pronunciava l’addictio con la quale
riconosceva la libertà del soggetto, che da schiavo diventava
libero. In seguito si diede meno rilievo agli elementi formali
( simboli e cerimoniali ), ritenendosi sufficiente che il padrone
dichiarasse dinanzi al magistrato ( che poteva pure non avere
iurisdictio) la sua volontà di affrancazione. Infatti, essa poteva
anche essere fatta dinanzi ad un magistrato in trànsitu,
cioè senza alcuna solennità, “durante il suo passaggio” .
La manumissio censu: veniva compiuta dal padrone e
consisteva nell’iscrivere lo schiavo che si voleva affrancare
nelle liste censorie come uomo libero.
La manumissio testamento: consisteva nella dichiarazione,
fatta dal dominus nel proprio testamento, di voler affrancare il
proprio schiavo. Essa poteva aver luogo in due modi:
— direttamente, cioè quando era ordinata direttamente dal
testatore, con la conseguenza che lo schiavo diventava libero
al momento dell’accettazione dell’eredità da parte dell’erede:
lo schiavo diventava liberto privo di qualsiasi patrono;
— indirettamente, cioè quando il testatore pregava l’erede,il
legatario o il fedecommissario di liberare un servo
determinato: il manomesso diventava libero con l’atto di
manomissione, ma sarebbe stato soggetto al manomettente e
non avrebbe fruito della condizione privilegiata di liberto privo
di patrono.
Nel periodo repubblicano prevalsero forme meno solenni
d’affrancazione, le manumissio iure praetorio che producevano
effetti giuridici limitati perché non avevano alcune efficacia per lo
ius civile:
Manumissio inter amicos: avveniva in forma orale davanti a
testimoni quando il dominus comunicava la sua volontà di
liberare lo schiavo ad una cerchia di persone legate a lui da
vincoli di amicizia, senza l’utilizzo delle forme dello ius civile.
Manumissio per epistulam: il dominus esprimeva la sua
intenzione di liberare lo schiavo attraverso una lettera.
Manumissio per mensam: il dominus manifestava la sua
volontà ammettendo lo schiavo a sedere con lui a banchetto,
trattandolo come un libero.
In questi casi, lo schiavo otteneva una libertà di fatto, in quanto la
sua posizione restava subordinata, non era quella di un uomo libero
giuridicamente. Gli affrancati iure praetorio subivano delle
limitazioni anche in campo pubblicistico, essendo privi dello ius
suffragi e dello ius honorum. Quindi, proprio perché si trattava di
forme di manumissione prive di forme solenni, non avevano effetti
civili, per cui non era raro il caso in cui il padrone, pentitosi,
rivendicasse il suo dominio sul servo. Per evitare questo
inconveniente, il pretore finì col precludere al padrone la vindicatio
ex libertate in servitutem.
Tuttavia, per impedire che il proliferare indiscriminato di
affrancazioni permettesse l’acquisto della cittadinanza romana ad
un numero eccessivo di schiavi, il magistrato operava un controllo
pubblico, avendo la facoltà di rifiutare la richiesta di affrancazioni
inopportune. Ma, ad Augusto risalgono due leggi importanti per
limitare questo fenomeno:
La lex Fufia Caninia: stabilì che per testamento poteva essere
manomesso solo un numero di schiavi proporzionale a quelli
posseduti dal testatore.
La lex Aelia Senta stabilì 3 principi fondamentali :
1. Erano dichiarate nulle le manomissioni fatte in frode ai
creditori
2. Erano esclusi dalla piena libertà gli schiavi avessero
compiuto delitti, vietando loro di soggiornare a Roma e
assoggettandoli solo allo ius gentium. Non avevano capcità
né di sopporre né di ricevere per testamento e non
potevano mai diventare cittadini romani. ( si trovavano nella
condizione di peregrini dediticii )
3. stabilì che la liberazione di schiavi più giovani di trent’anni,
o da parte di padroni minori di vent’anni dovessero essere
approvata dal magistrato, assistito nella sua decisone da un
consiglio speciale.
In epoca imperiale, sotto l’influsso del Cristianesimo, venne
introdotta una nuova forma di affrancazione, la manumissio in
sacrosànctis ecclèsiis, consistente in una solenne dichiarazione di
voler liberare il servo fatta dal dòminus davanti all’autorità
ecclesiastica.
Con Giustiniano, infine, si affermò definitivamente il principio
del fàvor libertàtis con la conseguenza che ebbe effetto di
affrancazione qualsiasi manifestazione di volontà in tal senso
espressa dal padrone, con piena libertà di forma.
IL PATRONATUS
Il libertus o libertinus, sebbene libero e cittadino, sotto il profilo
giuridico non era uguale all’ingennus (=nato libero) perché aveva
dei limitazioni.
Nella sfera del diritto pubblico:
Erano esclusi dalle magistrature, dai sacerdozi e dal senato.
Avevano delle limitazioni nel settore matrimoniale ( in
particolare, la mancanza di conubium con persone della classe
senatoria)
Nella sfera del diritto privato:
L’ordinamento giuridico romano stabilì che tra colui che era
liberto e colui che era stato il suo dominus s’instaurasse un
rapporto giuridico chiamato ius patronatus —> =il liberto
restava parzialmente vincolato al manomettente, detto
patrono, e ai discendenti di questo. Egli doveva al patrono:
- Obsequium: sentimento di profondo rispetto e di riverenza del
liberto che aveva il divieto di accusare il patrono in giudizi
criminali o di intentare contro di lui azioni infamanti.
- Munera: l’obbligo del liberto di prestare al patrono servigi di
carattere patrimoniale mediante un giuramento.
- Bona: comprendevano l’obbligo del liberto di alimentare il
patrono bisognoso e il diritto del patrono a succedere
ereditariamente al liberto che non avesse sui heredes.
L’ingratitudine grave del liberto poteva provocare il suo ritorno in
schiavitù, mentre il patrono poteva perdere il suo diritto di
patronato nel caso in cui avesse compiuto gravi atti contro il liberto.
IL MANCIPIUM
mancipium
Il era il potere a cui erano sottoposti coloro che erano
pater familias l’adoptio, l’emancipatio,
stati venduti dal ( mediante
nexum, pater,
il la datazione a nossa) a un altro alla cui potestà
in causa mancipii in mancipatio).
venivano assoggettati ( persone o
Costoro conservano il loro status di liberi e cittadini, ma si
trovavano in una posizione ibrida tra quella del figlio e di servo:
potevano sposarsi per diritto civile e avere figli legittimi, ma non
patria potestas,
avevano capacità patrimoniale. Diversamente dalla
l’ass