UNA MINCHIA).
Anche per le unioni civili, ad esempio, è prevista la possibilità di riconoscimento dell’assegno divorzile,
secondo gli stessi criteri applicati ai coniugi divorziati. Tale equiparazione merita di essere sottolineata,
almeno sotto due pro li fondamentali:
• In primo luogo, si conferma che anche l’unione civile dà origine a una comunità improntata alla solidarietà,
una «comunione di tipo spirituale e materiale», per usare le parole del legislatore del divorzio, i cui effetti,
almeno sotto alcuni pro li patrimoniali, possono persistere anche dopo lo scioglimento del vincolo. Di
conseguenza, non può essere riconosciuta alle parti dell’unione una disponibilità illimitata e incondizionata
sull’assegno divorzile.
105 di 173
fi
fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi
• In secondo luogo, l’applicazione, anche in ambito di unione civile, dei criteri di quanti cazione dell’assegno
divorzile consente di affermare che, nel giudizio di scioglimento, possano assumere rilevanza anche le
conseguenze derivanti da eventuali violazioni degli obblighi reciproci tra le parti. Nel matrimonio, la
trasgressione di tali obblighi viene valutata per lo più in sede di separazione, ai ni dell’eventuale addebito,
con la conseguenza che il coniuge cui sia addebitata la separazione perde i diritti successori. Nell’unione
civile, invece, non essendo prevista dal legislatore una fase di separazione, la crisi familiare conduce
direttamente alla fase di scioglimento.
Nella determinazione dell’assegno, deve inoltre tenersi conto anche del periodo di convivenza di fatto,
purché tale convivenza si sia svolta, in tutto o in parte. In ne, va ricordato che l’art. 570-bis c.p., in
combinato disposto con l’art. 574-ter c.p., prevede sanzioni anche per il contraente dell’unione civile che si
sottragga all’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile.
9.10 La convivenza di fatto
Attualmente, la convivenza di fatto sia tra coppie eterosessuali che omosessuali, è disciplinata in modo
dettagliato dal legislatore: sono considerati conviventi di fatto due persone maggiorenni legate da una
relazione affettiva stabile, fondata sulla reciproca assistenza morale e materiale, purché NON siano unite da
vincoli di parentela, af nità, adozione, matrimonio o unione civile.
Per accertare l'effettiva sussistenza della convivenza stabile, oltre alla presenza dei requisiti sopra indicati, si
fa riferimento alla dichiarazione anagra ca disciplinata dagli artt. 4 e 13, comma 1, lett. b, del d.P.R. n.
223/1989.
La dichiarazione anagra ca e la coabitazione NON sono elementi costitutivi della convivenza, MA strumenti
utili al suo accertamento. I veri elementi costitutivi della convivenza di fatto sono: il legame affettivo di
coppia e la relazione di reciproca assistenza morale e materiale.
A questa forma familiare non si applicano gli articoli 143 e seguenti del codice civile.: la coabitazione non
costituisce un obbligo giuridico sanzionabile, ma una libera scelta.
La convivenza di fatto si fonda su un consenso libero e quotidianamente "rinnovato", volto a costruire una
comunione tanto spirituale quanto materiale. Pur in assenza di obblighi analoghi a quelli coniugali, la
cessazione di determinati comportamenti "tipici" della vita di coppia può comportare la ne della convivenza.
La legge riconosce ai conviventi di fatto alcuni diritti previsti per i coniugi:
• essi godono degli stessi diritti del coniuge e del partner civile nell’ambito dell’ordinamento penitenziario
• in caso di malattia o ricovero, hanno diritto reciproco di visita, assistenza e accesso alle informazioni
personali, secondo le regole applicabili ai familiari
• laddove la composizione del nucleo familiare rappresenti un criterio di priorità per l’assegnazione di alloggi
di edilizia popolare, i conviventi di fatto possono bene ciare degli stessi diritti
Particolare rilievo assume il tema della rappresentanza. Ciascun convivente può designare l’altro come
proprio rappresentante, con poteri pieni o limitati:
a. per decisioni sanitarie, in caso di malattia che comporti l’incapacità di intendere e di volere;
b. per disposizioni post mortem, come la donazione di organi, il trattamento del corpo e le cerimonie funebri
La designazione deve avvenire per iscritto, con rma autografa, o, in caso d’impossibilità, alla presenza di un
testimone. Inoltre, il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno se
l’altro è interdetto, inabilitato o ricorrono i presupposti dell’art. 404 c.c.
Una disposizione innovativa riguarda la sorte della casa di comune residenza: alla morte del proprietario, il
convivente superstite ha diritto di continuare a vivere nell’abitazione per 2 anni, o per un periodo pari alla
durata della convivenza, se superiore, no a un massimo di cinque anni. SE nella stessa casa vivono gli
minori o disabili del convivente superstite, il diritto di abitazione dura almeno 3 anni.
Il diritto di abitazione viene meno nel caso in cui il convivente superstite smetta di abitare stabilmente nella
casa di comune residenza, oppure contragga matrimonio, costituisca un'unione civile o intraprenda una
nuova convivenza di fatto.
106 di 173
fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi
Alcune disposizioni della legge n. 76/2016 sono meno innovative perché confermano orientamenti già
presenti nella giurisprudenza. In particolare:
1. Subentro nel contratto di locazione: In caso di morte o recesso del conduttore, il convivente di fatto
può subentrare nel contratto di af tto dell’abitazione comune
2. Risarcimento per morte del convivente: Se un convivente muore per fatto illecito di un terzo, l’altro ha
diritto al risarcimento secondo gli stessi criteri previsti per il coniuge, secondo una giurisprudenza che
valorizza i principi costituzionali e la responsabilità civile.
L’art. 230-ter c.c., introdotto dalla legge, prevede che il convivente che lavora stabilmente nell’impresa
dell’altro abbia diritto a una partecipazione agli utili e agli incrementi dell’azienda, salvo esistano rapporti di
lavoro o società (art. 1, comma 46).
Per quanto riguarda lo scioglimento della convivenza, la legge non disciplina la ne del rapporto. Tuttavia,
la giurisprudenza ha riconosciuto la possibilità di ricorrere all’azione di arricchimento senza causa (art.
2041 c.c.) per prestazioni effettuate a favore dell’altro convivente, purché queste superino i limiti della
convivenza e risultino sproporzionate rispetto alla situazione economica delle parti.
9.10.1 I contratti di convivenza
I conviventi di fatto possono regolare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune mediante la
sottoscrizione di un contratto di convivenza. Tale contratto non può essere sottoposto a termine o
condizione: qualora vengano inseriti elementi di questo tipo, si considerano come non apposti.
Il contratto di convivenza, le sue eventuali modi che e la sua risoluzione devono essere redatti in forma
scritta, come atto pubblico o scrittura privata, con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un
avvocato. Questi professionisti devono attestare la conformità dell’atto alle norme imperative e
all’ordine pubblico (art. 1, comma 51). Per renderlo opponibile ai terzi, entro dieci giorni dalla
sottoscrizione, il professionista incaricato deve trasmettere una copia dell’atto al Comune di residenza dei
conviventi, ai ni dell’iscrizione nell’anagrafe (art. 1, comma 52).
Il contratto può contenere le seguenti previsioni:
• l’indicazione della residenza comune
• le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in proporzione alle disponibilità
economiche e alle capacità lavorative, sia professionali che domestiche, di ciascun convivente
• la scelta del regime patrimoniale della comunione dei beni, secondo quanto previsto dalla sezione III,
capo VI, titolo VI, Libro I del codice civile.
Tale regime patrimoniale può essere modi cato in qualsiasi momento durante la convivenza, con le
medesime formalità previste per la stipula originaria (art. 1, comma 54). Il contenuto del contratto è quindi
essibile e può essere adattato alle esigenze delle parti, prevedendo anche il diritto di recesso.
Il contratto di convivenza è nullo se stipulato:
• da chi è già legato da matrimonio, unione civile o altro contratto di convivenza
• in violazione delle condizioni sostanziali richieste per l’esistenza di una convivenza di fatto (art. 1, comma
36)
• da persona minorenne
• da persona interdetta giudizialmente
• in presenza di una condanna per omicidio consumato o tentato ai danni del coniuge della persona con
cui si intende stipulare il contratto (art. 88 c.c.).
La risoluzione del contratto di convivenza può avvenire per (art. 1, comma 59):
• accordo delle parti;
• recesso unilaterale;
• matrimonio o unione civile tra i conviventi o con un’altra persona;
• decesso di uno dei contraenti.
107 di 173
fl fi fi fi fi fi
In caso di accordo o recesso, la risoluzione deve avvenire nelle forme previste per la stipula (art. 51). Con la
risoluzione, si scioglie anche l’eventuale comunione dei beni, con applicazione, in quanto compatibili, delle
norme del codice civile (artt. 177 e seguenti; art. 1, comma 60).
Nel caso di recesso unilaterale, il professionista incaricato deve trasmettere copia dell’atto al Comune di
residenza e noti carlo all’altro contraente all’indirizzo indicato nel contratto. Se la casa familiare è nella
disponibilità esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso deve contenere, a pena di nullità, un
termine di almeno novanta giorni per consentire al convivente di lasciare l’abitazione (art. 1, comma 61).
SE il contratto si scioglie a seguito di matrimonio o unione civile, il contraente interessato deve noti care
l’estratto dell’atto all’altro convivente e al professionista che ha redatto o autenticato il contratto (art. 1,
comma 62). In caso di decesso di uno dei conviventi, il superstite o gli eredi devono noti care l’estratto
dell’atto di morte al professionista, af nché annoti l’avvenuta risoluzione e ne dia comunicazione all’anagrafe
del Comune (art. 1, comma 63).
In ne, in caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice può riconoscere al convivente il diritto
agli alimenti, qualora questi versi in stato di bisogno e non sia in grado di mantenersi autonomamente. Gli
alimenti vengono assegnati in proporzione alla durata della convivenza e nella misura prevista dall’art.
438, comma 2, c.c. L’obbligo alimentare grava sul convivente con priorità rispetto a
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
-
Riassunto esame Diritto privato, Prof. Maurizi Giovanni, libro consigliato Manuale di Diritto Privato, Giovanni Ior…
-
Riassunto esame Diritto privato, Prof. Maurizi Giovanni, libro consigliato Corso di diritto privato, ultima edizion…
-
Riassunto esame Diritto privato, Prof. Iorio Giovanni, libro consigliato Corso di diritto privato, Giovanni Iorio
-
Riassunto esame Istituzioni di diritto privato, Prof. Semprini Alessandro, libro consigliato Corso di diritto priva…