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IL CONTRATTO
Si definisce contratto l’accordo tra due o più parti diretto a costruire, regolare e estinguere tra loro un rapporto giuridico
patrimoniale. È un negozio bi o plurilaterale avente contenuto patrimoniale. È bi o plurilaterale in quanto, per la sua
perfezione, è necessario che la manifestazione di volontà di una parte si incontri con la manifestazione di volontà di
almeno un’altra parte: occorre cioè che si formi l’accordo. Si caratterizza anche per il requisito della patrimonialità; si
differenzia da quei negozi che regolano non già rapporti patrimoniali bensì rapporti personali o familiari. Non ogni
accordo è contratto ma soltanto quell’accordo che ha per oggetto interessi suscettibili di valutazione economica.
Il contratto come accordo è come auto regolamento
‘’Accordo’’ e ‘’regolamento’’ rappresentano il profilo strutturale e quello funzionale del contratto. L’accordo indica il
consenso delle parti in ordine dell’assetto da dare ai propri interessi; elemento di struttura del contratto nel senso che è
necessario ai fini della sua formazione. Dal punto di vista funzionale il contratto si identifica con il programma che le parti
hanno inteso stabilire riguardo i propri interessi.
Gli elementi essenziali del contratto
Gli elementi essenziali senza i quali il contratto è nullo sono la volontà, la manifestazione, l’oggetto e la causa. La
volontà contrattuale diretta a produrre effetti giuridici assume rilevanza per il diritto soltanto se viene manifestata e quindi
resa conoscibile a terzi. Ciò comporta che l’elemento della volontà è strettamente legato a quello della manifestazione
del volere.
L’accordo delle parti
L’accordo può essere espresso o tacito, potendo la volontà contrattuale manifestarsi espressamente o tacitamente. Si
ha manifestazione espressa quando la volontà è dichiarata, cioè quando viene esternata mediante i mezzi del
linguaggio: le parole o i gesti. Si ha manifestazione tacita quando non si impegnano mezzi che hanno lo scopo di
comunicare, ma si utilizzano comportamenti che necessariamente implicano una determinata volontà e che per questo
sono detti concludenti.
In alcuni casi ha valore anche il silenzio, che costituisce un comportamento concludente espressivo di una determinata
volontà. Ma dal punto di vista giuridico non ha alcun valore il detto popolare ‘chi tace acconsente’. Pertanto, quando il
legislatore stabilisce che si producano determinati effetti in caso di inerzia del soggetto, tali effetti trovano la loro fonte
non in un atto di volontà, ma nella legge stessa.
Lo scambio di proposta e accettazione
Lo schema più semplice di formazione del contratto è quello che si articola attraverso lo scambio di proposta e
accettazione, che sono atti detti prenegoziali.
La proposta è la manifestazione di volontà con cui la parte non soltanto assume l’iniziativa contrattuale, ma individua
altresì il contenuto del contratto che intende concludere.
L’accettazione è la manifestazione di volontà con cui la parte che riceve la proposta (parte oblata) esprime il suo
consenso in ordine al programma contrattuale. Se l’accettazione contiene variazioni alle condizioni della proposta,
equivale ad una nuova proposta. Fino a quando il contratto non si è perfezionato, le parti possono revocare la proposta e
l’accettazione. Nel momento in cui esse si incontrano il contratto può dirsi concluso. Da tale momento le parti sono
vincolate e il contratto potrà essere sciolto soltanto per mutuo dissenso o per cause specificamente ammesse dalla
legge.
‘Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta viene a conoscenza dell’accettazione dall’altra parte.’
Art.1326
La forma
La forma del contratto è il mezzo attraverso il quale le parti manifestano la loro volontà. Esistono svariate forme
negoziali: la forma scritta, la forma orale, il comportamento concludente. Nel nostro ordinamento vige il principio di libertà
della forma, nel senso che le parti sono libere di manifestare la propria volontà negoziale nella forma che ritengono più
opportuna. In alcuni casi, i contratti destinati a produrre determinati effetti, ad esempio il trasferimento della proprietà sui
beni immobili, devono necessariamente rivestire una data a forma, a pena di nullità. Tali negozi sono detti formali o
solenni. La forma richiesta per la validità dell’atto si differenzia dalla forma richiesta ai soli fini della prova dello stesso: in
alcuni casi la legge stabilisce che un certo negozio deve essere provato per iscritto, nel senso che non è ammissibile la
prova per testimoni.
L’oggetto
L’oggetto designa l’insieme delle statuizioni con cui la parte o le parti fissano il contenuto del negozio. Non sarà
conforme all’oggetto del negozio il bene che non risulti idoneo all’uso convenuto, seppur perfettamente corrispondente, a
quello indicato nel negozio.
I suoi requisiti sono possibilità, liceità determinatezza o determinabilità.
a) Possibilità: si ha impossibilità dell’oggetto quando i contraenti programmano un’operazione che, sin dall’origine,
è insuscettibile di attuazione. L’impossibilità originaria comporta la nullità del negozio; se invece l’impossibilità è
successiva la conclusione del negozio si avrà la risolubilità del vincolo negoziale. È diversa la materiale
inettitudine delle parti a far fronte all’impegno assunto. La possibilità dell’oggetto non implica necessariamente
l’attuale esistenza del bene, ma è sufficiente che questo sia suscettibile di venire ad esistenza. Perciò è valido il
negozio che ha per oggetto un bene futuro a meno che non vi sia un particolare divieto di legge. Il trasferimento
del diritto sul bene non potrà verificarsi se non dopo l’avvenuta ad esistenza del bene stesso.
b) Liceità: l’oggetto del negozio è illecito quando la prestazione è contrario a norme imperative, cioè inderogabili,
all’ordine pubblico o al buon costume.
c) Determinatezza o determinabilità: le parti, al momento dell’accordo, devono avere esattamente individuato il
contenuto concreto dei rispettivi impegni o almeno determinato il nucleo essenziale del programma negoziale,
rimettendo la specificazione degli ulteriori elementi a criteri oggettivi. In tal caso l’oggetto del negozio, seppure
non essendo determinato, è però determinabile.
La causa
Affinché un atto di autonomia privata sia produttivo di effetti, occorre che sia sorretto da un’apprezzabile ragione pratica,
sia cioè diretto a realizzare un interesse che l’ordinamento riconosca meritevole di tutela: tale ragione pratica è la causa
del negozio. Il concetto di causa va tenuto distinto da quello di ‘tipo’ negoziale, col quale non sempre coincide e col quale
spesso viene confuso: mentre la causa si identifica con l’interesse e perseguito in concreto dalle parti, il ‘tipo’ negoziale è
la descrizione di un’operazione economica ricorrente nella pratica degli affari. Spesso le parti arricchiscono la causa
tipica al fine di realizzare interessi ulteriori, i quali a loro volta concorrono a formare la causa in concreto del negozio.
Abbiamo poi i motivi, cioè le ragioni individuali che spingono le parti a concludere un negozio e che, in quanto
soggettive, sono di regole rilevanti, salvo nel caso del motivo illecito comune ad entrambe le parti che sia stato l’unica
ragione che ha determinato le parti alla conclusione del negozio.
Mancanza e illecità della causa
La causa è tra gli elementi essenziali del negozio, la sua mancanza o la sua illiceità provocano la nullità dal negozio
stesso. Ciò sta a significare che nel nostro sistema giuridico, un diritto non può essere trasferito o un’obbligazione non
può essere assunta se non in ragione di una causa giustificatrice che l’ordinamento riconosca meritevole di tutela.
Appare perciò dubbia la configurabilità dei negozi astratti, di quegli atti cioè che trasferiscono diritti o fanno nascere
obbligazioni indipendentemente da una causa giustificatrice. Si caratterizzano non per la mancanza della causa, bensì
per il fatto che non hanno una piena autonomia economica e giuridica, nel senso che non costituiscono un’operazione
economico giuridica completa, ma si inseriscono un’operazione più complessa della quale costituiscono semplice
strumento o modalità di attuazione e nella quale trovano la loro ragione giustificatrice. La qualificazione in termini di
causalità o di astrattezza ha senso soltanto in relazione alla posizione delle parti del programma negoziale.
Manca di causa quando il negozio non può produrre uno dei suoi effetti essenziali per la mancanza di un presupposto
funzionale necessario.
L’ordinamento attua sulla causa un controllo non soltanto al momento della conclusione del negozio, ma anche
successivamente: ad esempio se sopravvengono circostanze tali da influire negativamente sul funzionamento della
causa è previsto il rimedio della soluzione del contratto che consente alla parte non inadempiente di chiedere lo
scioglimento del vincolo negoziale.
Si ha illeceità della causa quando questa è contraria a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume. Per
poter stabilire se la causa è illecita occorre considerare non già la causa in astratto, cioè lo schema regolamentare
astratto descritto dalla legge, ma la causa in concreto, cioè lo scopo pratico perseguito dalle parti. È quanto accade nel
negozio in frode alla legge, allorché le parti utilizzano un ‘tipo’ negoziale per eludere l’applicazione di una norma
imperativa e raggiungere così scopi pratici disapprovati dalla legge.
L’interpretazione del contratto
L’interpretazione del contratto è quell’attività diretta ad accertare il significato di ciò che le parti hanno stabilito, ad
accertare cioè il contenuto sostanziale dell’accordo. Ciascuna parte, essendo portatrice di un interesse confliggente da
quello dell’altra, tende a interpretare il regolamento contrattuale nel senso essere più favorevole, per questo è importante
avere delle regole di interpretazione dettate dal legislatore. Nell’interpretare il contratto si deve indagare su quale sia
stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per comune intenzione deve
intendersi la volontà delle parti oggettivo nell’accordo. Deve essere valutata in r