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L’IMPRESA
nel nostro sistema giuridico la disciplina delle attività economiche ruota intorno alla figura
dell’imprenditore, la cui figura viene disciplinata dall’art 2082 del codice civile.
ci sono diversi tipi di imprese e imprenditore, in base a tre criteri:
1. oggetto dell’impresa, distingue imprenditore agricolo e commerciale
2. dimensione dell’impresa, distingue piccolo e medio-grande imprenditore
3. natura del soggetto che esercita l’impresa, distingue impresa individuale, impresa pubblica e
impresa costituita in forma di società
definizione di imprenditore “chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata per
produzione o scambio di beni e servizi” quindi deve essere un’attività definibile come attività
d’impresa. l’attività è una serie funzionalizzata di atti coordinati per il raggiungimento di un obiettivo
unitario. l’articolo fissa i requisiti minimi perché un soggetto sia esposto all’applicazione delle norme
civili per l’impresa e l’attività → l’impresa è un’attività, cioè una serie coordinata di atti, con uno
specifico scopo e delle specifiche modalità di svolgimento
nell’art 2082 del codice civile sono disciplinati gli elementi costitutivi dell’impresa:
- attività produttiva → finalizzata alla produzione e lo scambio di beni e servizi
- attività organizzata → deve esserci un'organizzazione di lavoro altrui o capitale
- attività ricorrente → significa che deve essere un esercizio abituale e non occasionale di una
data attività produttiva (non deve essere attività principale svolta dalla persona, basta che sia
una cosa che viene svolta senza interruzioni con continuità)
- attività economica (economicità) → l’impresa deve essere finalizzata a produrre un profitto con
ricavi superiori ai costi, o quanto meno pareggiare; l’attività produttiva deve essere fatta con
metodo economico per avere autosufficienza economica
l’imprenditore deve tenere le scritture contabili, e redigere il bilancio d'esercizio. il bilancio è
un'operazione complessa, bisogna registrare tutti gli eventi aziendali, ordinarli secondo dei criteri →
se sono attività fatte occasionalmente o senza una organizzazione rilevante, non ha senso far
gravare i costi aggiuntivi su attività minori e per questo il legislatore ha delineato cosi i confini
dell’imprenditoria:
in questo modo abbiamo un’idea di chi è il legislatore per l’imprenditore, il legislatore non è colui che
vive nell’impresa ma che organizza l’impresa, organizza il ciclo produttivo → lavora per organizzare e
non per produrre.
es: il lavoro di influencer è essere imprenditori? anche se è una attività ricorrente, ad esempio
➔ un influencer che posta tutti i giorni, non ha la caratteristica dell’organizzazione (fanno i
contenuti loro e fanno da soli). Chiara Ferragni però (probabilmente) è un imprenditore,
perché ad esempio ha i contenuti prodotti da qualcun altro, non usa strumenti comuni ma più
specifici, un team dietro di lei che organizza la sua vita.
dare in locazione un immobile è un impresa? no, è un mero godimento, se però ho più
➔ immobili, non è solo attività di mero godimento ma è un’attività finalizzata a un determinato
scopo.
l’impresa è l’attività finalizzata alla produzione o allo scambio di beni e servizi, quindi è l’attività
produttiva di nuova ricchezza
ISTITUTI NO PROFIT
sono escluse dal diritto commerciale perché mancano di economicità, ma a livello di effetti pratici, la
soluzione oggi non va bene. 40 anni fa il settore no profit non era sviluppato, mentre oggi ci sono
soggetti no profit con attività enormi e una grande organizzazione, e che probabilmente non si
dovrebbe lasciar fuori dal diritto d’impresa, dato porta con sé problemi analoghi a quelli delle imprese.
si è quindi iniziato a dire che per le conseguenze pratiche, dire che economicità significava a scopo di
lucro portava conseguenze irragionevoli, e quindi non era corretto → per questo si è cercato di dare
un diverso significato, e quindi l’economicità non si rifà allo scopo di lucro, ma al metodo: deve essere
esercitato con metodo economico, quindi deve essere programmaticamente volta quantomeno a
realizzare costi = ricavi, anche senza creare margine di profitto che era necessario per
l’interpretazione precedente. “programmaticamente” perché deve essere così nelle aspettative, ma
può essere che le cose vadano male, ma se non era programmato che andasse male va bene.
questa impostazione fa rientrare il mondo no profit nelle imprese → non è più rilevante la forma
giuridica di un soggetto che esercita una certa attività. gli enti del libro primo (persone giuridiche come
associazioni riconosciute, fondazioni, soggetti/enti come associazioni non riconosciute) possono
svolgere attività solo no profit, e quando si aveva l’interpretazione di prima questi soggetti non erano
imprenditori, mentre oggi sono considerate imprese.
solo le imprese possono fallire ed essere soggette a procedure concorsuali. gli enti del libro primo
precedentemente non erano soggette a queste procedure, quindi una situazione di crisi veniva gestita
come una crisi di una persona che non può pagare il mutuo ( → irragionevole perché se una grande
no profit ha molti debiti è diverso che se li ha una persona).
questa è la base del diritto commerciale. oltre a questa fattispecie generale di impresa, ci sono delle
fattispecie particolari, che però servono per escludere queste imprese particolari dalla disciplina
generale prevista per l’impresa → viene quindi creato l’articolo 2082, ma poi da questa fattispecie
alcune figure d’impresa vengono tolte, hanno una funzione negativa. sono le imprese agricole e la
piccola impresa, a cui non possono essere applicate le norme del codice civile per l’assoggettamento
al fallimento (tiro via imprese agricole e piccole imprese dall’applicazione delle regole a cui sarebbero
soggette come imprenditori).
PICCOLA IMPRESA
il piccolo imprenditore è definito dall’art 2083, è colui che esercita l’impresa prevalentemente con il
lavoro proprio e dei propri familiari (criterio della prevalenza), rispetto al lavoro fatto da altre persone e
dai capitali impiegati → questo delimita la dimensione massima delle imprese, perché se il proprio
lavoro deve essere prevalente a tutto il resto l’impresa deve essere necessariamente piccola. per
questo c’è una figura di piccolo imprenditore (norma del ‘42), che dal legislatore era intesa come
piccola impresa, che chiede pochi soldi alle banche, perché se ne chiede tanti aumentano i fattori
produttivi e il suo lavoro non è più prevalente. il fattore produttivo non è messo a disposizione da terzi
ma dato dalla famiglia e dall’imprenditore, si ha poco ricorso al credito. l’impresa è tipicamente
familiare, la famiglia è coinvolta nell’attività → è importante perché le caratteristiche di una relazione
tra due colleghi e tra una famiglia sono diverse. se io sono una banca, una piccola impresa potrà
chiedermi meno soldi di una società quotata, quindi io da banca avrò meno paura della crisi di una
piccola impresa perché ho dato meno soldi e se fallisce ci perdo meno, ma allo stesso tempo, quando
devo fare il bilancio d’esercizio, è più gravosa per l’impresa piccola perché rispettare le norme
comporta per le imprese dei costi fissi, come assumere qualcuno che redige il bilancio, e gravano di
più sulle imprese piccole rispetto a quelle grandi, perché non hanno economie di scala.
quando posso dire che il lavoro dell’imprenditore è prevalente? è una questione qualitativa, non
dipende dai numeri, ma il lavoro dell’imprenditore deve essere centrale rispetto alla produzione.
nell’impresa l’imprenditore è quello che organizza, è una figura di confine, è un’attività produttiva (non
solo, sennò sarebbe un lavoratore autonomo) → per queste ragioni la configurazione di piccola
impresa esclude gli imprenditori da applicare alcune regole
IMPRESA AGRICOLA
per quanto riguarda le imprese agricole, essa risponde alla stessa regola del piccolo imprenditore,
quindi esenta l’imprenditore agricolo dalla disciplina a cui sarebbe soggetto come imprenditore. la
norma di riferimento è l’art. 2135, che dice che è imprenditore agricolo chi esercita agricoltura e
allevamento. l’imprenditore agricolo risponde alla disciplina prevista per l’imprenditore in generale e
non per l’imprenditore commerciale, ma è esonerato dalla registrazione al registro delle imprese e
non deve applicare la disciplina propria dell’imprenditore commerciale → tenuta delle scritture
contabili, assoggettamento alla liquidazione giudiziale o accedere agli strumenti concorsuali di
risoluzione della crisi dell’imprenditore commerciale, anche se questo prevede delle eccezioni come il
sovraindebitamento. gode quindi di un trattamento di favore rispetto all’imprenditore commerciale, e
stabilire il “tipo” di imprenditore che è serve per definire l’ampiezza di esonero dalla disciplina di
imprenditore commerciale.
le attività agricole possono essere divise in due categorie: attività agricole essenziali e attività agricole
per connessione, e questa distinzione viene mantenuta anche dalla nuova nozione introdotta nel
2001 di imprenditore che ha ampliato il significato di entrambe. ad oggi, l’attività agricola è molto
diversa rispetto al secolo scorso (industrializzazione, nuove tecnologie ecc) e quindi può dar luogo a
grossi investimenti e aver bisogno di tutela del credito non meno rispetto alle imprese commerciali.
l’articolo 2135 dice che è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del
fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse, e per esse si intendono le attività
dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di
carattere animale o vegetale, che usano o possono usare il fondo, il bosco o le acque → quindi tra
esse rientra orticoltura, la coltivazione in serra e la floricoltura, e anche le coltivazioni fuori terra di
ortaggi e frutta; inoltre non include solo l’allevamento per ottenere prodotti agricoli, ma anche
l’allevam