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La formazione progressiva del consenso

1. Le trattative. La responsabilità contrattuale

Le parti possono pervenire all'accordo al termine di una trattativa (anche condotta da un rappresentante), che deve svolgersi secondo buona fede, pena il risarcimento del danno da illecito precontrattuale.

a) Costituisce violazione della buona fede iniziare a trattare senza avere intenzione di concludere il contratto, ma solo, ad esempio, al fine non di disturbare la trattativa altrui ovvero di conoscere talune notizie che riguardano la controparte. Questo comportamento è sanzionato di per sé, a prescindere dal grado di concludenza raggiunto dalle trattative. Egualmente è a dirsi se si fissa un termine impossibile per accettare.

b) Viola la buona fede il c.d. recesso ingiustificato, che si configura ogniqualvolta chi ha creato nella controparte un legittimo affidamento in ordine alla conclusione del contratto recede, anche incolpevolmente, provocando un danno. La proposta contrattuale,

In verità, può essere liberamente revocata, se non ferma exart. 1329, fino a quando il contratto non è concluso. Pertanto la trattativa di per sé non obbliga a concludere il contratto, ma obbliga a non ingenerare affidamenti legittimi nella controparte. Chi manifesta l'intenzione di contrarre è responsabile, qualora receda, non già per il recesso in sé e per sé, ma per il fatto di non aver sufficientemente soppesato l'eventualità del recesso stesso. In sostanza, chi non è certo dell'esito nel senso che inizia una trattativa con riserve, ha il dovere di buona fede di manifestare le sue perplessità affinché la controparte sia resa avvertita e non limiti a quell'unica trattativa la possibilità di pervenire alla conclusione del contratto. L'affidamento non può ingenerarsi se la trattativa non ha riguardato gli elementi essenziali del contratto, salvo ipotesi particolari.

1338 prevede un caso tipico che si concretizza quando una parte, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra, che confidava nella sua validità, salvo che costei potesse conoscerla usando l'ordinaria diligenza. Per "invalidità" si intende la nullità, l'annullabilità e l'inefficacia, salvo il caso della probabilità di avveramento della condizione risolutiva, che deve essere denunziata. Se l'invalidità è da violazione di norma imperativa, c'è responsabilità:

  • se non si dà notizia dei fatti che causano l'invalidità stessa (ad es. non iscrizione ad un albo professionale o della norma in sé di difficile conoscenza;
  • sempre, per chi sottolinea che l'invalidità deriva in ogni caso da violazione di legge (Sacco);
  • mai, se si ritiene inescusabile.
l'ignorantia legis (C.6337/98).
d) La buona fede è posta a presidio dell'aspettativa non solo, in particolare, della conclusione del contratto, ma anche, e prima ancora, della correttezza e lealtà delle trattative. Pertanto, pur se il contratto si conclude validamente, può esservi responsabilità precontrattuale qualora, ad esempio, un contraente abbia causato un ritardo nella conclusione o sia stato reticente, come nel caso di mancata informativa (ma non circa i motivi personali del contrarre) o, più in generale, di chi sia consapevole che la controparte intende contrarre indotta da un motivo erroneo o comunque crei le ragioni di una sua debolezza, approfittandone per ottenere migliori condizioni contrattuali. In questi casi si è al limite del dolo incidente (art. 1440), che però presuppone i raggiri. L'art. 48, D.Leg. 05/206 pone a carico del professionista e a tutela consumatore obblighi informativi a contenuto forte. Anche il

terzo che influenzi la contrattazione (ad es. con lettera di Patronage) dando informazioni non adeguatamente controllate e poi rivelatesi false, deve risarcire il danno.

Il danno si identifica con le spese sostenute (danno emergente) e con la provata perdita di occasioni di concludere lo stesso o altro tipo di contratto con terzi (lucro cessante) o, se il contratto è stato concluso validamente, il minor vantaggio o il maggior aggravio causato dal comportamento di mala fede.

Il risarcimento secondo la tesi tradizionale riguarderebbe il c.d. interesse negativo (a non iniziare, cioè, le trattative) e incontrerebbe il limite costituito dall'interesse positivo, nel senso che il quantum debeatur non potrebbe mai essere superiore a quello che sarebbe stato corrisposto in caso di conclusione del contratto.

Il successivo inadempimento: la soluzione del problema dipende sia dai vari possibili tipi di violazione della buona fede, sia da un corretto inquadramento degli interessi delle parti.

parti in giuoco. Discussa è la natura della responsabilità precontrattuale. Escluso che si tratti di un tertium genus: • taluni la ricomprendono in quella contrattuale: tale tesi afferma che l'obbligo di buona fede violato è quello stesso di cui all'art. 1375, cioè ha riguardo ad un rapporto tra soggetti individuati e dunque presuppone un rapporto giuridico in essere, che nasce con il contatto sociale, conseguente all'inizio delle trattative. • altri in quella extracontrattuale: si è però osservato che l'obbligazione impone un dato comportamento per realizzare un interesse del creditore, mentre l'obbligo di buona fede preesiste alle trattative, si impone erga omnes, mira a tutelare un interesse superiore che è quello al corretto e leale svolgimento della libertà contrattuale e attesta circa l'esistenza, se violato, dell'ingiustizia del danno (art. 2043). Non sempre facile è stabilire.

quando le trattative possono ritenersi concluse positivamente, perché a volte esse si svolgono attraverso complessi, successivi accordi (anche scritti), cosicché si parla di formazione progressiva del consenso. Se l'accordo riguarda l'insieme degli elementi essenziali alla stregua del tipo legale può darsi che sia nato un contratto: può darsi, però, che l'atto scritto contenente l'enunciazione degli elementi sia stato redatto dalle parti con limitata funzione probatoria (ai fini della responsabilità da eventuale recesso ingiustificato) delle trattative svoltesi positivamente fino a quel momento, senza dunque alcun carattere di definitività (c.d. puntuazione, detta anche lettera di intenti) anche quando l'accordo sia stato raggiunto su tutti gli elementi essenziali del contratto, ma siano ancora in discussione altri aspetti. Le trattative, infatti, proseguono. Vero, è peraltro che la pretesa di ridiscutere i

Punti sui quali c'era accordo è legittima solo in presenza di un sopravvenuto radicale cambiamento degli interessi in gioco. È allora necessario distinguere due ipotesi:

  • Ipotesi in cui le parti hanno raggiunto l'accordo sugli elementi essenziali del contratto (hanno ritenuto esaurite le trattative e quindi concluso il contratto), ma non hanno regolato taluni punti non essenziali: possono intervenire le fonti eteronome ex art. 1374, perché un contratto è già nato e quindi la pattuizione è completa sul piano degli elementi essenziali.
  • Ipotesi in cui le parti si sono riservate di decidere sugli elementi essenziali: un contratto non può mai dirsi concluso, nemmeno considerandolo sottoposto a condizione sospensiva, irrilevante restando l'indagine circa l'essenzialità o meno in astratto dei punti riservati. La riserva di trattative ulteriori determina la essenzialità in concreto di quelle date pattuizioni.

La distinzione tra clausole essenziali in astratto e clausole essenziali in concreto è del resto tracciata anche dall'art. 1419, in punto di clausole che condizionano o meno la conclusione del contratto. Bisogna dunque distinguere tra completezza e perfezionamento. Perfino la redazione di un documento completo nelle clausole essenziali ed accessorie di un assetto di interessi costituisce solo una presunzione semplice di perfezionamento contrattuale, potendosi dare la prova contraria. Vale al riguardo l'art. 1362, riferito peraltro all'interpretazione non del contenuto dell'assetto, ma della volontà di vincolarsi.

2. Il contratto preliminare.

Le trattative possono terminare con la stipula di un contratto preliminare, che obbliga le parti a concludere un contratto definitivo, il cui contenuto è fissato dal preliminare stesso. Il preliminare del preliminare è valido solo se prevede che il secondo abbia contenuto differenziato (ad es.

Possibilità di agire ex art. 2932), con responsabilità contrattuale, in caso di inadempimento. Se vi è difformità, il contenuto del definitivo prevale su quello del preliminare, salvo diversa pattuizione, se si segue la teoria della causa interna (di cui si dirà). È necessario anche distinguere, una volta accertata la conclusione di un accordo, tra contratto preliminare e contratto definitivo con cui le parti si obbligano a ripetere la stipulazione, di regola per ragioni attinenti alla forma per la trascrizione. Dal contratto preliminare nasce dunque l'obbligo di prestare il consenso per la conclusione di un successivo contratto, i cui effetti tipici verranno in vita solo se e quando tale contratto definitivo sarà stipulato. Il contratto preliminare, allora, produce in ogni caso effetti obbligatori, mentre quello definitivo può essere a effetti così reali (ad es. compravendita) come obbligatori (ad es. contratto di).

lavoro). L'oggetto del contratto preliminare è la prestazione del consenso. Scognamiglio individua l'unico limite nel contratto di donazione, dal momento che sarebbe di ostacolo all'assunzione di un vincolo preliminare la necessaria spontaneità che caratterizza l'atto liberale. Infatti, se la donazione è stipulata in esecuzione di un precedente vincolo obbligatorio, non potrebbe più parlarsi di liberalità ma di doverosità. Qualche spunto in senso contrario potrebbe ricavarsi dall'art. 769 che prevede (anche) la c.d. donazione obbligatoria, con cui il donante assume verso il donatario un'obbligazione. In tal modo, peraltro, l'atto donativo finirebbe per identificarsi con il contratto preliminare e non con quello definitivo. Ed in realtà il cd. contratto preliminare di donazione della proprietà altro non sarebbe se non una donazione obbligatoria di dare, da concludere per atto pubblico, alla

quale dovrebbe seguire un pagamento traslativo solvendi causa nelle forme ordinarie e non già per atto pubblico. Non è necessario fissare un termine entro il quale stipulare il definitivo: poiché non si tratta di un elemento essenziale del contratto (altrimenti il preliminare).
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
170 pagine
SSD Scienze politiche e sociali IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher camasimona di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di diritto civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Procida Mirabelli Di Lauro Antonino.