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CAPITOLO 11 – LA DELITTUOSITÀ SESSUALE: IL CRIMINALE E IL CRIMINE

Ripercorrendo gli stereotipi in materia di spiegazioni offerte relative alla violenza sessuale e alle caratteristiche dell’autore di questo reato, non può mancare il positivismo lombrosiano. Epoca felice quella dell’antropologia criminale: poteva contare su certezze in quanto, solo con un esame fisiognomico e una misurazione della capacità cranica, le donne potevano regolarsi rispetto alle persone di cui fidarsi. Dallo stesso Lombroso, da cui apprendiamo le particolarità degli indici encefalici dei “rei di libidine”, apprendiamo anche la prevalenza di capelli biondi, iridi azzurre, nasi trilobati, occhi ferini e fisionomia selvaggia nei stupratori rispetto ai “normali”, caratteristiche che però rendono perplesse la misurabilità e oggettività scientifica di quegli studi. Lombroso riporta anche le osservazioni di Ottolenghi relative alle

anomalievolumetriche degli organi genitali dei "rei di libidine" affermando però che ancor più gravi sono le anomalie patologiche. Non possiamo negare che alcuni tra questi rei abbiano malattie di mente ma allo stesso tempo non possiamo affermare che solo nel disturbo psichico possa ritrovarsi il motivo della violenza sessuale. Oltre ad essere una concezione falsa, è una spiegazione ideologica e non scientifica e tende a "scusare" gli autori come a dire "se sei uno stupratore non è colpa tua perché sei malato". Krapman secondo cui gli autori di violenza sessuali sono vittime di una malattia per la quale soffrono più delle reali vittime. All'approccio psicopatologico si sostituisce poi un recente approccio culturalista che interpreta la violenza come un mezzo per esercitare sulla donna controllo, potere e dominio, in questo senso il sesso diventa un'arma e.

lo stupro è il mezzo con cui quest'arma può essere usata per umiliare e degradare la vittima. Per la maggior parte dei casi, questo potrebbe essere vero ma è un pericoloso il riduttivismo che porta ad affermare che ogni violenza sessuale sia frutto di una cultura maschilista. Insomma la verità è nel mezzo ed è sbagliato patologizzare (e con questo assolvere) e normalizzare (e con questo giustificare).

Un esempio è il caso di P. e S. che avvicinavano le donne mentre rincasavano, le stupravano e poi le rapinavano, le violenze inoltre erano accompagnate da atteggiamenti di pesante intimidazione e disprezzo. Dai colloqui emerge che P. proveniva da una famiglia povera e tutti i figli furono istituzionalizzati, non aveva terminato gli studi e viveva di furti e lavori occasionali. Presentava un'estrema povertà intellettuale e grande inconsistenza personologica ed evanescenza critica ed etica ma nonostante questo non gli fu concesso nessun vizio.

néparziale né totale. Dai colloqui con S., il correo, invece emerge un'infanzia difficile, bassascolarizzazione e problemi con la droga. L'esame psichiatrico non mostra nessuna patologiarilevante e la genesi e le motivazioni dei suoi reati vengono ascritti a fattori valori di una 27cultura screditata, cultura che confonde la violenza e la prepotenza con la virilità, il che nonha nulla a che vedere con il giudizio sull'impunibilità che anche in questo caso risulta piena.Diverso è il caso di L., anch'egli accusato di vari stupri, rapine e sequestri di persona. Daicolloqui però emerge che egli a 19 anni subì una violenza sessuale da parte di due uomini. Inquesto caso è evidente la messa in atto del meccanismo di identificazione con l'aggressore cheFreud spiega come l'assunzione, da parte dell'aggredito, della funzione di aggressoreimitandone i tratti e le manifestazioni e insomma ribaltando

i ruoli allo scopo di rassicurarsi e combattere frustrazione e senso di vulnerabilità. Dunque l’identificazione con l’aggressore è stata la strategia di reazione al trauma per avere conferma di un’identità messa a repentaglio dalla violenza omosessuale subita. ***Il numero oscuro in materia di violenze sessuali assurge a livelli drammatici. Secondo alcuni autori il rapporto tra violenze denunciate e non è di 2 a 1, secondo altri 20 a 1 e secondo altri ancora 100 a 1. In ogni caso gli studiosi sono d’accordo nel ritenere che la violenza sessuale è il crimine con più bassa possibilità di essere denunciato. Una ricerca di vittimizzazione effettuata nel 1991 ha trovato che il 95,7% delle vittime di molestie o anche violenze sessuali del campione considerato non aveva denunciato il fatto, motivando la mancata denuncia con: irrilevanza del fatto (32,8%)▪ conoscenza dell'autore (23,8%)▪ prove mancanti (15,5%)▪ timoredi ritorsioni (6,7%)
▪ sfiducia nei confronti della polizia (4,9%).
▪Una ricerca, sempre di vittimizzazione, condotta dall'ISTAT nel 2014 ha trovato che non sono denunciate l'88,2% delle violenze fisiche o sessuali da parte del partner o dell'ex partner.
Oltre ad essere il crimine con il maggior numero oscuro è anche quello per cui gli autori vengono maggiormente prosciolti o comunque riescono ad evitare la detenzione.
I temi del numero oscuro, della riluttanza a denunciare, della posizione di subordinazione, si ritrovano anche in un fenomeno che fino a pochi anni fa ha suscitato meno interesse: le molestie o violenze in ambito lavorativo.
Per configurarsi il reato di violenza sessuale di cui all'art. 609bis c.p,, occorre costringere taluno a compiere o subire atti sessuali con violenza o minaccia "o mediante abuso di autorità". Oltre a quello della famiglia, un ambito in cui si riscontrano rapporti di autorità è quello lavorativo.

La disparità di genere nel mondo del lavoro è un problema diffuso, che deriva principalmente dalla persistente posizione di inferiorità delle donne. Non a caso, negli ultimi anni è nato il movimento #Metoo, che si propone di sensibilizzare sulle molestie e le violenze sul luogo di lavoro, diventando famoso soprattutto nel mondo dello spettacolo. Tuttavia, gli squilibri di potere non sono presenti solo nel mondo dello spettacolo: sono state denunciate molestie sessuali anche in luoghi "insospettabili" come l'ONU, il Parlamento inglese e quello europeo.

Nel nostro Paese, la definizione di molestia sessuale sul luogo di lavoro è contenuta nell'articolo 26, comma 2, del Codice delle pari opportunità, che recita: "Sono considerate discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o"

L'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo" Secondo la Equal Employment Opportunity Commission è molestia sessuale una richiesta sessuale indesiderata e ogni altro comportamento verbale o fisico di natura sessuale che comporta effetti sul lavoro della persona, che interferisce ingiustamente sui suoi risultati lavorativi o crea un ambiente di lavoro intimidatorio, ostile o offensivo.

Si tratta dunque di un comportamento:

  1. di natura sessuale;
  2. sgradito;
  3. che interferisce nella possibilità di partecipare proficuamente all'attività.

In senso analogo, per l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL): le molestie sessuali consistono in atti indesiderati che possono avere gravi conseguenze per le vittime. Includono toccamenti, sguardi, allusioni sessuali, insinuazioni con contenuto sessuale, commenti sull'aspetto fisico o abbigliamento.

Fissare insistentemente parti del corpo.

Secondo il lavoro di Fitzgerald, si distinguono tre forme di molestie sessuali:

  1. La molestia di genere caratterizzata da comportamenti, verbali e non verbali, connotati da ostilità, esclusione, emarginazione nei confronti di appartenenti a generi diversi da quello dominante;
  2. Le attenzioni sessuali indesiderate;
  3. I comportamenti di costrizione sessuale.

La prima forma appartiene alla discriminazione di genere ma è comunque la forma che ricorre con maggiore frequenza e che comporta ricadute negative a volte più gravi delle altre due e comunque esiste un continuum che dalle molestie di genere conduce a quelle sessuali.

Anche nell'ambito lavorativo le molestie spesso non vengono denunciate e si parla di "cultura del silenzio" che coinvolge gli autori, le persone offese e i bystanders (coloro che sanno ma tacciono, gli ignavi).

Qualche volta le allusioni o richieste sessuali sono ambigue e neppure riconosciute come tali.

Capita spesso che le vittime non sono credute, sono percepite come coloro che portano guai, umiliate, ostracizzate, isolate e finiscono per incolpare se stesse per aver creato una situazione imbarazzante. A volte sono loro a sentirsi in colpa. Le molestie sono difficili da provare - come accade anche nei casi di violenza sessuale - perché vi è la parola di una persona contro la parola di un'altra persona, spesso potente e stimata. Vi sarebbero addirittura stati casi in cui le persone offese erano state obbligate a firmare accordi in cui si impegnavano a non rivelare i fatti. Nella ricerca in questo campo o nell'aiuto alle vittime è stata coniata l'espressione "second order of sexual harassment", non è infrequente infatti che le denunce diano luogo a ritorsioni.

A differenza degli altri paesi europei, nel codice italiano non esiste la fattispecie autonoma della "molestia sessuale", ma in questi casi possono venirci incontro questioni

riguardanti il reato di molestie (art.660 cp), violenza privata (art.610 cp) e atti persecutori (art.612 cp). Tuttavia, la Corte Suprema nella sentenza V del 17 maggio 2006, n.23.723 ha affermato: "Le molestie, cioè le avances poste in essere sul luogo di lavoro dall'imputato nei confronti di una collega, si concretano in discorsi di espressioni volgari, sfioramento del corpo della donna, comportamenti che violano non soltanto l'onore e il decoro della vittima, ma anche della sua fisica sfera sessuale: è sufficiente anche un toccamento, uno sfregamento sul corpo della vittima o abbracci indesiderati, ma che per le modalità con cui sono portati sorprendano la sfera di vigilanza e di libera determinazione della vittima medesima". Dunque, grazie anche a quanto espresso dalla Corte Suprema, sembra essere chiaro che le condotte di molestia sessuale vengano distinte dalla violenza sessuale e che sembra: la prima coglie il profilo dell'altrui.

Sentimento di riservatezza e discrezione sessuale; la seconda cogliepiù il profilo della libera disponibilità del proprio corpo.

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
45 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher antonias00 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Criminologia clinica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Zara Georgia.