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Wittgenstein

L'unica opera pubblicata in vita da Wittgenstein è il Tractatus logico-philosophicus. Si forma nella Vienna asburgica nel momento della sua decadenza, in cui il massimo progresso moderno è insfacelo. Il Tractatus, che viene pubblicato da Russell, è un tentativo di formalizzare il linguaggio e renderlo cristallino. In esso vengono introdotte le tavole di verità. Wittgenstein ne parla come libro etico e concepisce il linguaggio come qualcosa che rappresenta la realtà; quindi, c'è isomorfismo tra la forma logica e la forma del reale, per questo si parla di teoria raffigurativa del linguaggio. Occorre un linguaggio che permetta di dare un'immagine univoca della realtà, ma si renderà conto che ciò è possibile solo per il linguaggio della scienza e che al di fuori di esso nulla si può dire. Dopo essere arrivato a questa conclusione, si convince di aver risolto tutte le questioni. Secondo

Formattazione del testo

La teoria raffigurativa, la proposizione è un'immagine della realtà, che è connessa con uno stato di cose; quindi, rispecchia il pensiero di quella cosa a livello linguistico. La forma logica della realtà coincide con la forma logica del linguaggio, c'è isomorfismo tra pensiero e linguaggio, coincidono.

Le regole di relazione tra le parole sono definite tramite le tavole di verità. Le formule sempre vere sono le tautologie, quelle sempre false sono le contraddizioni. Queste due non hanno confronto con la forma logica della realtà, sono proposizioni senza senso, ma non insensate, perché la loro forma logica non corrisponde a quella del mondo reale.

C'è una dimensione indicibile e ineffabile della realtà, c'è qualcosa che può essere mostrato senza poterne dare una definizione e deve essere taciuto. Il dovere del filosofo è di tacere su ciò che non può essere detto.

che è il fondamento della teoria raffigurativa. La logica è come una scala, in quanto la costruzione logica serve ad accedere al mondo che può solo essere mostrato e, arrivati a quel punto, la scala non serve più, perché occorre fermarsi alla forma logica delle tautologie e delle contraddizioni. Tutto ciò che esula dalla teoria raffigurativa è da tacere. Wittgenstein si rende poi conto che esiste un'altra dimensione del significato e solo il linguaggio scientifico funziona in quel modo. La macchina di Turing è fedele al Tractatus, perché non ha a che fare col linguaggio naturale, ma con un codice per la sua decriptazione e lavora sul livello sintattico, non su quello semantico. Però, è quest'ultimo il livello umano che fa problema. Per Putnam, l'intelligenza artificiale si basa su di un equivoco, perché non è un modello della mente umana, in quanto lavora sulla sintassi. Il secondo

Wittgenstein si occupa di filosofia del linguaggio ordinario e considera il linguaggio come uso, perché il significato non può prescindere dall'uso pratico. Il linguaggio naturale è a posto così, non deve più essere cristallino e vero condizionale, perché questo vale solo per quello scientifico. Il linguaggio può avere molti altri usi, rappresentati dai giochi linguistici. Si concentra sul ruolo concreto del linguaggio e sulla filosofia come nata dalla vita comune e realizzazione di certe attività, non da teorie a priori. La teoria raffigurativa implica una corrispondenza biunivoca tra nomi e realtà esterna, ma le parole assumono un significato diverso a seconda del contesto d'uso. Il linguaggio è comparabile alle leve di una locomotiva: ha tre o quattro funzionamenti e per capire come usare una leva occorre capirne la funzione, che esito ha e quale è il meccanismo o l'uso al quale è collegata.

Il linguaggio non è solo descrittivo, ma anche regolativo, perché dice come agire nel mondo. Esso non implica una raffigurazione, ma una regola in base a cui si agisce. L'uso è una forma di vita, un contesto pratico condiviso nel quale il linguaggio diventa significativo, avendo a che fare con le pratiche di vita. Comprendiamo il significato quanto più condividiamo la forma di vita.

Wittgenstein rifiuta il mentalismo, perché la vita interiore non è concettuale e privata, sostenere questo è un fraintendimento del linguaggio. Non bisogna sostanzializzare la res cogitans, l'io è un insieme di abilità che rendono conto del mio essere persona, non una sostanza che corrisponde a un altro tipo di sostanza. Le teorie filosofiche che sostengono questo sono costruite su un linguaggio usato male. La metafisica non può sostanzializzare tutto. Wittgenstein propone un argomento contro il linguaggio privato o fallacia omuncolare.

verificabilità empirica.  Performativi: non sono veri o falsi, ma efficaci o inefficaci nel compiere un'azione. La filosofia analitica si sviluppa ulteriormente con la semantica, che studia il significato dei linguaggi e delle espressioni linguistiche. La semantica formale si basa sulla logica e sui linguaggi formali, mentre la semantica naturale si occupa del significato delle parole e delle frasi nel contesto della comunicazione umana. La scienza, secondo la filosofia analitica, si basa su un linguaggio formale e su un metodo di verifica empirica. La teoria della falsificabilità di Popper sostiene che una teoria scientifica deve essere falsificabile, cioè deve essere possibile trovare delle evidenze empiriche che la contraddicono. Questo criterio di significato differisce da quello dei circolisti, che consideravano i criteri di significato coincidenti con quelli di verità. Austin, infine, evidenzia che il linguaggio ha una dimensione performativa, cioè può essere usato per compiere azioni. Distinzione tra enunciati constativi, che possono essere veri o falsi, e enunciati performativi, che non hanno una verità oggettiva ma sono efficaci o inefficaci nel compiere un'azione.

verità. Performativi: realizzano realtà. Felici o infelici, hanno condizioni di felicità. Con la sua teoria degli atti linguistici distingue tra atto: locutorio, illocutorio e perlocutorio. Per Grice, il linguaggio si basa sulle massime conversazionali, che presuppongono la fiducia nel parlante. Quine indaga la possibilità di tradurre i linguaggi naturali l'uno nell'altro e propone un caso di intraducibilità dei linguaggi naturali tramite l'esperimento mentale di gavagai. Rapporto mente-cervello, ontologia analitica e questione dell'umano La rinascita del problema degli universali nell'ontologia analitica si concentra sul paradossodell'uno sui molti. Il problema degli universali nasce nella filosofia medievale, che cerca di capirne lo statuto ontologico. Le principali posizioni sono: 1. Realismo esagerato: gli universali sono ante rem, come le idee platoniche nell'iperuranio. 2. Nominalismo: gli universali sono puri nomi.

Si basa sul rasoio di Occam. 3. Tommaso d'Aquino: gli universali non sono né prima delle cose, né indipendenti, ma sono presenti in esse. Non sono né idee né flatus voci, ma caratteristiche precise. Il problema dell'uno sui molti è stato affrontato da Platone e Aristotele, che cercano di trovare l'unità dove l'esperienza umana è sempre di molteplicità. Essi si chiedono in che senso la stessa proprietà possa essere contemporaneamente posseduta da entità diverse. L'ontologia analitica si basa sul rapporto tra la realtà (dimensione esperienziale dell'essere) e la struttura linguistica. Come per Wittgenstein, c'è isomorfismo tra la struttura di cui facciamo esperienza e la struttura del linguaggio. La svolta linguistica della filosofia analitica è anche una svolta ontologica. Per i medievali, l'essere intenzionale è la capacità.

Dell'intelletto di cogliere le forme della realtà, ovvero la parte della realtà che si presenta alla mente. Esso coglie il modo della realtà di presentarsi al soggetto ed è frutto dell'astrazione dall'esperienza sensibile. L'ontologia analitica è caratterizzata dalla duplicità tra domanda ontologica (cosa esiste?) e la domanda metafisica (qual è la natura di ciò che esiste?) Il dibattito si svolge tra:

  1. Realismo: le proprietà esistono
  2. Nominalismo: le proprietà non esistono
  3. Particolarismo: le proprietà esistono, ma solo nel concreto, non in astratto. Introduce il concetto di "istanziazione", perché la proprietà non esiste se non è realizzata in una sostanza. Ad esempio, nel caso del blu si può dire che esiste, che non esiste ed è una convenzione con cui ci esprimiamo, o che esiste solo se istanziato nelle cose blu, ovvero esiste solo il blu

della cosaparticolare. C'è la possibilità di attribuire i singoli elementi a delle classi, ma l'attribuzione èdiversa per realisti e nominalisti. I nominalisti più puri non riconoscono neanche la possibilità dicreare delle classi. Il particolarismo presenta il problema dei tropi, ovvero quelle proprietà talmenteindividualizzate da non essere replicabili in altri individui (es. dito nell'occhio). I tropi sonoimpressioni non riproducibili in altre persone. Il particolarismo implica il riconoscere diversesfumature, che però rimangono diverse, ma se non si ammette una proprietà comune, come si fa adassociarle e a dare lo stesso nome? Si risponde che gli universali perfettamente somigliantidiventino lo stesso universale, ma ciò sembra una contraddizione e dà vita al problema degliindiscernibili.Il dibattito ontologico dipende dalla dimensione logica. La logica modale lavora sullemodalità aletiche,

Cioè possibilità e necessità, anche riguardo alla questione del tempo. Essa attribuisce valori di verità anche ai mondi possibili, ovvero mondi dove le cose sono diverse da quello che conosciamo, purché non siano contraddittori. Viene prodotta una riformulazione dell'argomento ontologico, ovvero una prova dell'esistenza di Dio in logica modale, da parte di autori che lavorano coi concetti di esistenza e di mondo possibile. Si tratta di dimostrazioni che hanno un rapporto con la fede.

Plantinga scrive "God and other minds", dove offre un tentativo di mostrare l'esistenza di Dio e di altre menti, che è un problema che caratterizza gli anni '60. Secondo il comportamentismo, facciamo esperienza di corpi si comportano in un certo modo e non di menti come la propria. Plantinga propone di assumere l'esistenza di altre menti, cioè l'esperienza di persone come me. Non serve inferire la sostanza mentale dal comportamento.

semplicemente la possiamo riconoscere, non c'è bisogno di dimostrare di avere a che fare con delle menti. Anche l'esistenza di Dio non può essere dimostrata, perché c'è prima il rapporto con la fede, si può
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
22 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/11 Letteratura italiana contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Camilla.S. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Correnti del pensiero contemporaneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Damonte Marco.