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PARALISI CEREBRALI INFANTILI PCI
DEFINIZIONE ▪ Insieme di sindromi eterogenee che, accomunate da un evidente disturbo motorio
di origine encefalica, si manifestano entro il primo anno di vita. L’alterazione, persistente ma non
immodificabile, che si verifica a carico del movimento e della postura, è dovuta ad una alterazione
non progressiva del Sistema Nervoso Centrale, avvenuta durante la sua maturazione, a cui si
associano altri disturbi più o meno intensi di tipo sensoriale, cognitivo, convulsivo, linguistico ed
emotivo. DEFINIZIONE ▪ Secondo il punto di vista classico, la P.C.I. è caratterizzata e definita come
una disabilità motoria: i sintomi principali che condizionano la diagnosi e la prognosi, e che
indirizzano la terapia riabilitativa sono i segni neuro-motori; tuttavia sono presenti segni sensoriali
e percettivi che influiscono in modo ed in misura rilevante sull’evoluzione neuromotoria e cognitiva
nella maggioranza dei bambini con P.C.I., specialmente quelli dei sottotipi spastico ed atetoide. Una
paralisi cerebrale si manifesta come rottura della normale organizzazione motoria o come
disordine nella regolazione del tono muscolare. L’organizzazione motoria attraversa fasi evolutive
progressive. Ritardi e/o arresti, diversi a seconda della gravità o estensione del danno cerebrale,
possono esprimere la patologia. All’età dei setteotto mesi si stabilizza il quadro clinico; Prima di
questa età la fenomenologia può lasciare ancora qualche incertezza sulla sua condizione di vera
patologia. Un bambino cerebroleso manifesta capo e tronco ipotonici, arti in atteggiamento
obbligato (superiori in flessione e inferiori in estensione o flesso-estensione). La motilità volontaria
e quella spontanea sono ridotte. Il tentativo di assumere determinate posizioni è ridotto o bloccato
da un esasperarsi del disordine del tono che determina degli atteggiamenti di torsione. Il bambino
è incapace di una completa prensione, di passarsi un oggetto da una mano all’altra e di dirigersi
verso l’oggetto aprendo la mano al momento opportuno. La motilità riflessa che si esaspera sotto
l’i fl d l i i l i i i f i Nel bambino cerebroleso si evidenzia un rallentamento nella sfera
percettivosensoriale. Inoltre il bambino con P.C.I. di fronte ad un problema motorio, forse per
l’enorme difficoltà del compito rispetto alla povertà dei mezzi, manifesta uno spiccato interesse per
il risultato e tende ad automatizzare e memorizzare rapidamente le poche sequenze modulari
efficaci senza sperimentare altre possibilità. In altri termini i bambini affetti da P.C.I. non
dispongono nel loro repertorio della ridondanza delle risposte nella soluzione di uno stesso
problema, Il concetto di paralisi è connesso con quello di cambiamento nel tempo e nello spazio.
Valutare il cambiamento significa anche misurare come il bambino risponde al trattamento
riabilitativo. La dimostrazione del cambiamento rappresenta un elemento fondamentale per la
prognosi. La situazione di un disturbo non severo che non cambia è più grave di un caso con deficit
severo ma che evolve: ad esempio, nel diplegico si osservano maggiori progressi che
nell’emiplegico in quanto quest’ultimo tende a stabilizzare la sua condizione in forza delle strategie
compensatorie attuate dal lato sano. Un danno insorto precocemente interferisce con i processi di
sviluppo provocandone una distorsione, non necessariamente la perdita della funzione: il disordine
che disturba l’atto motorio volontario non implica un arresto della maturazione nervosa
I sintomi più comuni che si associano alla cerebrolesione sono:
▪ Coma ▪ Convulsioni ▪ Problemi respiratori ▪ Problemi alimentari ▪ Problemi del sonno ▪ Problemi
di apprendimento ▪ Comportamento inappropriato e/o capricci comportamentali ▪ Problemi
sensitivi ▪ Problemi visivi, cecità o strabismo ▪ Problemi di udito, sordità o ipersensibilità uditiva ▪
Problemi tattili ▪ Incapacità di movimento, quali incapacità di sedersi, di gattonare, di strisciare, di
camminare o di correre o iperattività ▪ Incapacità di emettere suoni o di parlare ▪ Incapacità di
comprensione delle parole e/o dei coetanei ▪ Incapacità di scrivere e/o di leggere ▪ Soglia
dell’attenzione scarsa.
Classificazioni delle PCI secondo l’aspetto clinico
Forme spastiche: disturbi a carico del sistema piramidale, deputato al movimento volontario.
Ipertonia a carico dei muscoli flessori degli arti superiori e dei muscoli estensori degli arti inferiori.
Forme atetosiche: disturbi extrapiramidali (disfunzioni del nucleo caudato o del putamen) a
carattere ipercinetico di grado, forma e intensità varia. Sono caratterizzate da movimenti
involontari, incoordinati, aritmici incontrollabili, lenti e tentacolari, che iniziano nei primi mesi di
vita. Interessano la faccia, la lingua e le estremità distali degli arti. Cessano a riposo ed aumentano
quando il soggetto accenna a movimenti volontari oppure è sottoposto a stimoli emotivi.
Forme rigide: ipertonia di tipo extrapiramidale a carico dei muscoli sia agonisti sia antagonisti, con
resistenza ai movimenti passivi (fenomeno della troclea dentata).
Forme atassiche: difetto di coordinazione dei movimenti dovuto a lesione cerebellare, che
comporta turbe dell'equilibrio, ipotonia, tremore intenzionale, dismetria, adiadococinesia.
Forme con tremori: casi rari caratterizzati da ipercinesia distale, rapida, sempre uguale.
Forme atoniche: casi rari caratterizzati da una grave riduzione del tono muscolare ma possono
anche rappresentare il sintomo iniziale di P.C.I. indipendentemente dal tipo.
Forme miste: casi ottenuti dalla combinazione delle forme precedentemente elencate.
Forma distonica: disturbo motorio che deriva da una disfunzione del sistema extrapiramidale per
una lesione ai nuclei della base la quale provoca un’alterazione tonica.
Classificazione secondo distribuzione topografica
Monoplegia: deficit motorio localizzato ad un solo arto.
Paraplegia: deficit motorio localizzato agli arti inferiori in maniera bilaterale e simmetrica.
Emiplegia: deficit unilaterale, spesso di tipo spastico e con disturbo all'arto superiore e inferiore,
spesso distale ma anche prossimale.
Triplegia: deficit di tipo spastico dato dall'associazione di paraplegia ed emiplegia quindi interessa
gli arti inferiori ed un arto superiore.
Tetraplegia: deficit a carico di tutti e quattro gli arti, in egual misura superiori e inferiori. Può essere
di tipo spastico o discinetico ma spesso è a tipo rigidità.
Diplegia: deficit motorio a carico di due arti comunque distribuiti.
Doppia emiplegia: emiplegia bilaterale di tipo spastico con prevalenza agli arti superiori. Si
differenzia dalla tetraplegia per la presenza della spasticità.
L’INTERVENTO RIABILITATIVO si pone 4 obiettivi : il recupero di una competenza
funzionale, perduta o ridotta; 2. l’attivazione di una competenza che non è comparsa nel corso
dello sviluppo; 3. l’attuazione di interventi contro la regressione funzionale (mantenimento delle
autonomie e stabilizzazione degli esiti); 4. l’eventualità di reperire soluzioni facilitanti alternative
(sussidi, protesi). Una malattia non si esaurisce sempre nel ciclo danno-terapia-guarigione o morte,
ma puo’ determinare una menomazione o disabilità che rischia di trasformarsi in svantaggio
esistenziale permanente. Queste problematiche rappresentano il campo di intervento della
riabilitazione. La riabilitazione è un processo di educazione e di soluzione dei problemi nel corso
del quale si porta la persona a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico,
funzionale, sociale ed emozionale. Tale processo coinvolge anche la Si definiscono “attività
sanitarie di riabilitazione” quegli interventi valutativi, diagnostici, terapeutici e tutte quelle le
procedure finalizzate a portare il soggetto affetto da menomazioni a contenere e minimizzare la
sua disabilità, a muoversi, camminare, parlare, vestirsi, mangiare, comunicare, relazionarsi nel
proprio ambiente familiare, lavorativo, scolastico e sociale.
Si definiscono “attività di riabilitazione sociale” le azioni e gli interventi finalizzati a garantire al
disabile la massima partecipazione possibile alla vita sociale con la minor restrizione possibile delle
sue scelte operative, indipendentemente dalla gravità delle menomazioni e delle disabilità
irreversibili cui è affetto al fine di contenere la Le attività sanitarie di riabilitazione richiedono la
presa in carico clinica globale mediante la predisposizione di un progetto riabilitativo individuale e
la sua realizzazione mediante uno o più programmi riabilitativi. Lo scopo della terapia è quello di
rendere il bambino il più possibile indipendente dall’aiuto degli altri. Perché questo sia possibile è
necessario fargli apprendere un lavoro nel quale possa vedere uno scopo, seppur minimo. Gli
interventi si distinguono nelle seguenti tipologie: -attività di riabilitazione estensiva o intermedia,
con moderato impegno terapeutico e forte supporto assistenziale. Essa riguarda i pazienti affetti da
gravi patologie ed è erogata da strutture ospedaliere di lunga degenza, presidi ambulatoriali di
recupero e rieducazione funzionale, strutture residenziali o semi-residenziali di natura socio-
assistenziale o socioriabilitativo, nonché a domicilio dell’utente; - attività di riabilitazione intensiva,
che richiedono un elevato impegno medico-specialistico e terapeutico (fisioterapia, logopedia,
terapia occupazionale). Sono servizi erogati con ricovero in presidi ospedalieri e in alcuni casi in
day-hospital.
La riabilitazione in età precoce deve enfatizzare la stimolazione precoce, la tempestività e la
continuità. A questo proposito, effettuare delle verifiche a distanza di tempo, tenere schede
riassuntive delle prestazioni, progettare un piano di lavoro e modificare il piano in base alle
capacità, all’abilità, ed ai ritmi di apprendimento individuali può essere un utile metodo per non far
subire al bambino traumi dovuti alla discontinuità del trattamento. Nella delimitazione dei compiti
e delle finalità della T.O. per i bambini affetti da P.C.I. non ci si può limitare ad ottenere un
miglioramento delle funzioni organiche alterate, ma bisogna anzitutto riconoscere e sviluppare gli
interessi già presenti nel bambino, educare alla concentrazione e alla tenacia, rieducare prestazioni
ridotte e povertà di iniziativa. Poche patologie richiedono una forma di TO vasta e multiforme
come avviene nel trattamento dei bambini affetti da P.C.I.: una differenza fondamentale rispetto ad
altri campi di applicazione consiste nel fatto che non si tratta della riabilitazione di capacità già
sviluppate, ma di imparar