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Questo è il primo riferimento del decreto rispetto allo svolgimento concreto del lavoro ossia evitare quanto
detto. Per scetticismo professionale si intende un atteggiamento caratterizzato da un approccio dubitativo,
dal costante monitoraggio delle condizioni che potrebbero indicare una potenziale inesattezza dovuta a
errore o frode, nonché da una valutazione critica della documentazione inerente alla revisione. Bisogna
quindi mettere in discussione (approccio dubitativo) tutto ciò che il revisore analizza siccome è spesso
prodotto dalla stessa società che si sta revisionando. Per “valutazione critica della documentazione inerente
alla revisione” si intende mettere a sistema tutti gli input (di natura diversa) ricevuti. Ad esempio, la società
dichiara che il fatturato è aumentato ma il revisore verifica che il numero di agenti/commerciali è caduto
del 20%. Chiaramente questo genera un dubbio e porsi ciò significa dimostrarsi scettici anche se non
necessariamente c’è una frode in corso. In questo caso si può agire con interviste (magari scoprendo che è
tutto dovuto a un’esplosione dell’online pur sempre verificando se il sistema di vendita online funziona).
Dati attendibili e rafforzamento dello scetticismo professionale
I dati più attendibili sono quelli provenienti dall’esterno (esempio dei crediti verso clienti verificati
direttamente con essi, stessa cosa per le banche) che alleviano il revisore dall’obbligo di scetticismo
professionale che gli impone di mettere in discussione tutto. L’utilizzo da parte dei revisori della centrale
rischi potrebbe essere fondamentale siccome è aggiornata in tempo reale rispetto alle lettere di
circolarizzazione inviate alle banche (riferite al 31/12 e potrebbero non contenere eventuali mancati
pagamenti nelle rate a gennaio/febbraio iscritte in centrale rischi). Lo scetticismo professionale deve essere
innalzato a un grado più elevato quando gli elementi probativi sono interni alla società.
Massimo scetticismo professionale
Lo scetticismo professionale deve essere esercitato dal revisore o dalla società di revisione in modo
particolare sulle stime che riguardano (gli amministratori sono chiamati ad effettuare delle “stime”, da cui
dipenderanno i valori che dovranno essere poi iscritti in bilancio):
1. Fair value: nel sistema OIC, il ricorso al fair value come criterio di valutazione è poco diffuso e
previsto solo per i contratti derivati e non anche per gli strumenti finanziari, che invece devono
essere iscritti al costo. Al contrario, nel sistema IAS, il ricorso al fair value come criterio di
valutazione è più diffuso. La valutazione dei derivati al fair value non è complessa soprattutto se
essi sono quotati (come i futures perché si ha la Clearing House che, tra le altre, garantisce la
solvibilità delle controparti e l’attendibilità del listino da cui il revisore può attingere). Altri casi sono
le opzioni quotate ossia le warrant. I soggetti OIC non possono valutare al fair value le
partecipazioni che invece è imposta dai bilanci IAS (se non qualificata) e anche qui la valutazione è
semplice. La gerarchia, al fine di determinare il fair value, è la seguente:
a. Primo livello di massima attendibilità: valore di mercato;
b. Secondo livello di attendibilità: dati oggettivi come valore di mercato di beni simili a quello
valutato o transazioni recenti (si pensi alle partecipazioni);
c. Terzo livello di attendibilità: stime (esempio del valore delle opzioni con metodo Black e
Scholes oppure DCF per le imprese e le partecipazioni non quotate);
Il fair value crea problemi soprattutto ai livelli 2 e 3 ma mai al livello 1. In proposito, il revisore deve
verificare sia che la tecnica valutativa scelta dalla società per calcolare il fair value sia ragionevole
sia il modo con cui la tecnica valutativa viene applicata;
2. Riduzione di valore delle attività (svalutazione delle immobilizzazioni o “impairment”):
l’impairment è la riduzione per perdite durevoli di valore di un’immobilizzazione e crea sempre
problemi. Si confronta il valore contabile con il valore recuperabile (maggiore tra valore d’uso, DCF,
e valore di mercato). Qui lo scetticismo professionale è fondamentale e la società verifica la
compatibilità delle stime con i vari piani industriali comunicati al mercato;
3. Accantonamenti (fondi): gli accantonamenti si stanziano quando gli amministratori ritengono
probabile il manifestarsi di un certo evento. Il problema maggiore è la stima dell’esito del
contenzioso oppure gli accantonamenti per costi di ripristino e bonifica nel caso di Eni
(oggettivamente difficile e la società deve ricorrere a esperti ingegneri così come il revisore). Il
revisore si affida agli esperti (per esempio fiscalisti per il fondo imposte stanziato o addirittura non
stanziato se la società ritiene di vincere il contenzioso);
4. Flussi di cassa futuri: importanti per la stima del fair value di livello tre, per la stima
dell’impairment, per le imposte anticipate (anche se si parla di flussi reddituali), ecc.;
5. Capacità dell’impresa di continuare come un’entità in funzionamento (principio di “continuazione
dell’attività” o principio del “going concern”): gli amministratori devono attestare l’esistenza di
questa capacità o meno per almeno 12 mesi dalla data di riferimento del bilancio. Ciò autorizza gli
amministratori a redigere il bilancio in una “prospettiva di funzionamento” e non in una
“prospettiva di liquidazione”. Il revisore, però, deve esprimere un giudizio su quanto detto dagli
amministratori (può anche confermare la correttezza del bilancio ma richiamando l’attenzione su
un dato, come questo, fornito dagli amministratori nell’informativa) ma non si occupa di sindacare
questa decisione. Il revisore rischia quando gli amministratori anche in condizioni critiche
affermano il going concern e, furbescamente, si astiene dal giudizio essendo impossibilitato ad
esprimerlo proprio a causa della situazione. Il revisore deve però comunque verificare il bilancio
(così come se ha scoperto delle magagne), è questa affermazione che rende il giudizio impossibile.
In poche parole, la massima attenzione è quindi prestata alle stime (non ai contratti ad esempio) elencate
qui sopra (dati pre-orientati in una certa direzione, perciò, bisogna essere scettici il più possibile).
Impairment e goodwill (speranza di utili futuri)
Il mercato, a fronte di un impairment/svalutazione, ignora tale azione che non ha alcun impatto sui titoli
siccome tale mercato già scontava questo impairment. Ad esempio, quando l’oggetto della svalutazione è
l’avviamento, la prassi degli investitori nell’esame di un bilancio ai fini valutativi, prevede che, come primo
passaggio, venga cancellato/eliminato l’avviamento (anche Mediobanca fa ciò) perché non rappresenta un
asset ma è l’eccesso di prezzo pagato nel presupposto che la società faccia utili. L’avviamento non può
essere venduto perché è una speranza di utili futuri e dal punto di vista della solvibilità questo avviamento
non aggiunge nulla. Le banche sono rassicurate dai flussi di cassa o beni prontamente liquidabili. L’ESMA e
la Consob hanno invece sempre enfatizzato l’impairment del goodwill anche se al mercato non interessa. Il
revisore questo calcolo lo effettua in modo difendibile (da potenziali controversie).
Problema dell’articolo 2447 del codice civile
L’art. 2447 c.c. è un articolo che si presta a comportamenti abusivi da parte della maggioranza dei soci (per
eliminare qualche socio di minoranza grazie alla ricapitalizzazione) anche se agli investitori interessa poco il
caso di patrimonio netto negativo. Proposta dell’OIC
L’OIC ha sempre proposto, per alleggerire le pressioni sull’impairment dell’avviamento, di introdurre anche
a livello internazionale l’ammortamento del goodwill. La risposta dello IASB fu che l’impairment delle
società ha un valore “confirmative” perché il mercato lo ha già effettuato (mestiere dell’investitore che non
si basa su quanto detto dagli amministratori). In poche parole, dopo il calcolo degli investitori anche gli
amministratori lo effettuano e potrebbe essere confermativo per gli investitori stessi. L’investitore non può
aspettare questo calcolo degli amministratori perché essi confermano quanto il mercato ha già scontato
mesi prima. Se fossimo più consapevoli del modo in cui il mercato legge il bilancio si presterebbe molta
meno attenzione a questi aspetti tecnici siccome la valutazione d’azienda, ad esempio, si fonda sui flussi di
cassa che non dipendono in alcun modo dagli impairment (valutano ebitda margin, CAPEX, circolante, ecc.).
Principi deontologici e indipendenza
La revisione legale imposta dalle norme assolve alla funzione di tutelare l'interesse pubblico garantendo
l'attendibilità dei bilanci prodotti dalle società revisionate. Perché questa funzione possa essere svolta
adeguatamente occorre garantire:
• L'adeguata professionalità del revisore;
• La sua indipendenza rispetto alla società da revisionare.
I principi deontologici si occupano del primo aspetto (l'adeguata professionalità), i principi di indipendenza
del secondo. Entrambi i set di principi sono illustrati e spiegati dettagliatamente nel codice dei principi di
deontologia professionale, riservatezza e segreto professionale, nonché di indipendenza e obiettività dei
soggetti abilitati all'esercizio dell'attività di revisione legale dei conti (nel seguito il “codice etico e di
indipendenza”). Adeguata professionalità e principi deontologici
Nel dettaglio, i principi deontologici sono i seguenti (richiesta in più per gli iscritti all’albo):
1. Integrità: intesa come trasparenza e onestà in tutte le sue relazioni professionali;
2. Obiettività (tema dell’indipendenza): intesa come l'assenza di pregiudizi o conflitti di interesse, e la
capacità di respingere indebite influenze di terzi che possano condizionare il giudizio professionale.
L’obiettività non è garantita dall’ordinamento perché bisogna sempre valutare il caso concreto;
3. Competenza professionale e diligenza: inteso come obbligo di mantenere le conoscenze e le
capacità professionali ad un livello tale da garantire che il cliente riceva prestazioni caratterizzate
da competenza e professionalità, basate sui più recenti sviluppi della normativa, della tecnica e
della prassi professionale, nonché agire con dili