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La distinzione tra l'art.1218 c.c. e l'art.2043 c.c.
Possono essere eseguite se un'obbligazione nascente da qualsiasi fonte venga ad essere inadempiuta. Un parallelismo con l'art.2043 c.c. può essere fatto con l'art.1321 c.c.:
- Art.2043 c.c., ivi sopra;
- Art.1321 c.c., disciplina il contratto come possibile fonte di obbligazione ai sensi dell'art.1173 c.c.
Prima di far riferimento alle Sentenze che a partire dal 1999 hanno iniziato ad acclarare questo sistema di pensiero, possiamo dire che oggi si fa riferimento a questa distinzione:
- Si ritiene l'art.1218 c.c. una norma secondaria, perché detta le conseguenze giuridiche nel caso di inadempimento di un rapporto obbligatorio nascente da una norma primaria, sempre possibile fonte di obbligazione; e sanzionatoria, in quanto prevede un risarcimento danno in caso di mancato o inesatto adempimento;
- Si ritiene l'art.2043 c.c. una norma primaria.
La dottrina ritiene che sia una norma primaria e completa di sanzione: primaria, perché disciplina...
unapossibile fonte di obbligazione; sanzionatoria, in quanto anche suddetto articolo prevede l'obbligo dirisarcimento del danno in capo all'autore del fatto illecito. Considerazione per lungo tempo sia in dottrina che in giurisprudenza si è ritenuto, sempre per tracciarequel parallelismo tra resp. contrattuale e rep. Extracontrattuale, che la norma di cui all'art.2043 c.c. potesseessere definita una norma secondaria - dettava la sanzione nel caso di inadempimento di un obbligo꓿derivante da una norma primaria che veniva individuata nel c.d. principio del neminem laeder ognisoggetto si deve astenere dal porre in essere delle condotte che possano pregiudicare l'altrui sfera soggettiva. Senonché per due ragioni fondamentali, una di metodologia e una di norme del c.c., la moderna dottrina haritenuto che questa definizione non fosse calzante con l'art.2043 c.c. Perché dal punto di vista metodologico? Perché il metodo cheViene inaugurato dalla dottrina italiana a partire più o meno dal 1950, è un metodo che si pone in contraddizione con il metodo dogmatico e quindi va a dare fondamento a principi che non sono enunciati nel c.c. ma che si ritengono dei principi su cui si basa la tradizione giuridica e attraverso i quali la dottrina previgente era solita dare luogo a costruzioni giuridiche.
Ricostruzione dell'Art.2043 c.c. come norma secondaria incompatibile con la clausola generale del danno ingiusto, clausola attorno alla quale ruota tutto il sistema della resp. civile.
Danno ingiusto pregiudizio di una situazione soggettiva meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico, che non sia cagionato nell'esercizio di un proprio diritto.
Ecco allora che l'art.2043 c.c. viene definito come norma primaria e completa di precetti di sanzione, espiegata l'incompatibilità con la clausola generale.
Questo discorso sistematico ha ricadute pratiche importanti.
Dal punto di vista processuale se il soggetto creditore dell'obbligazione risarcitoria agisca ai sensi dell'art. 1218 c.c., qual è il termine di prescrizione della relativa azione rispetto al fatto di impostare un'azione giudiziale ai sensi dell'art.2043 c.c.? - Se una fattispecie viene qualificata come resp. ai sensi del 1218 c.c., si applica il termine ordinario di prescrizione di 10 anni; - Viceversa, in base all'imputazione di una resp. ai sensi del 2043 c.c., si applica il termine di prescrizione di 5 anni. 2. Dal punto di vista dell'onere della prova - Se un'azione è intentata ai sensi dell'art.2043 c.c.: il creditore deve provare il fatto illecito e quindi la colpa del debitore; aspetto alquanto difficile. - Se un'azione è intentata ai sensi dell'art.1218 c.c.: è esonerato dalla prova della colpa del danneggiante debitore, perché vale in questo caso un'inversione dell'onere.della prova dall'art.1218c.c. naturalmente il creditore dovrà allegare la prova dell'inadempimento, poi la prova è ribaltatadirettamente sul debitore danneggiante, il quale deve dimostrare l'impossibilità della prestazione nonsopravvenuta per cause a lui non imputabili.
Dottrina moderna: critica dell'estensione dell'ambito di applicazione dell'art.1218 c.c. a scapitodell'art.2043 c.c., soprattutto in merito alla c.d. Teoria del Contatto sociale, basata sui doveri di solidarietàprevisti dal precetto di cui all'art.2 Cost.
Sentenze:
- N. 500/ 1999 S.U. in materia di applicazione dell'art.2043 c.c. in modo chiaro e innovativo, hariconosciuto la risarcibilità dell'interesse legittimo.
La risarcibilità:
- dell'interesse legittimo;
- dell'interesse legittimo oppositivo (es. un soggetto impugnava un provvedimento di esproprio,quindi si oppone);
- in caso di lesione.
La Sentenza è una critica alla c.d. giurisprudenza pietrificata Corte di Cassazione la quale si basa sul binomio danno ingiusto lesione del diritto soggettivo (es. diritto assoluto, diritto relativo); l'interesse legittimo non è risarcibile.
[evoluzione della giurisprudenza in questa materia: in un primo momento il giudice ordinario dinnanzi ad una richiesta risarcitoria in caso di lesione di un interesse legittimo si riconosceva privo di giurisdizione dal momento che - come noto - il nostro sistema giudiziario si basa sulla distinzione tra:
- giudice ordinario che compete a conoscere in linea di principio le vicende relative al d. soggettivo;
- giudice amministrativo che compete a conoscere e tutelare l'interesse legittimo.
In un secondo momento, la Corte di Cassazione ha riconosciuto giurisdizione in capo al giudice ordinario, sulla base di questo principio: in ultima analisi chi agisce in]giudizio per ottenere il risarcimento del danno aziona un diritto soggettivo. Dunque, vi è giurisdizione in capo al giudice ordinario. Un secondo dopo, questa possibilità è stata nuovamente negata, affermando che non vi era una situazione soggettiva di merito. Proprio sulla base di questa interpretazione restrittiva del danno ingiusto limitata alla violazione del diritto soggettivo. CASO CONSOB emblematico, che fece molto discutere. Si era verificato in questo ambito che un gruppo di risparmiatori aveva promosso un'azione risarcitoria nei confronti della Consob. Quest'ultima, tra le varie competenze, ha anche quella di svolgere un controllo sui c.d. prospetti informativi, con i quali gli emittenti quotati in borsa collocano sul mercato di borsa i relativi strumenti finanziari e di conseguenza i risparmiatori de orientano le loro scelte di investimento e quindi le loro scelte contrattuali. Nella fattispecie in questione, il gruppo di risparmiatorisostenevano che la Consob aveva omesso i dovuti controlli sul prospetto informativo e che quindi questi si erano stati indotti ad un investimento particolarmente svantaggioso essendo stati tratti in errore dalle informazioni non esatte contenute in tale prospetto. Questa azione venne qualifica come risarcitoria per lesione di interesse legittimo e quindi riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario, veniva però respinta la domanda in quanto l'interesse legittimo non è suscettibile di tutela aquiliana. Considerazione: questo orientamento era un retaggio di una sorta di immunità della P.A. dall'applicazione del diritto comune. Simili immunità nella tradizione si sono ad es. verificate con riferimento alla disciplina delle clausole vessatorie ex art. 1341 - comma II c.c. per un periodo di tempo si è ritenuto che la disciplina delle clausole vessatorie non fosse applicabile ai contratti conclusi dalla P.A., volendosi negare in
questo modo l'idea che quest'ultima potesse vessare la controparte contrattuale. Quindi tale area di immunità ad opera della P.A. nell'ambito del diritto comune (cioè diritto privato) sono cessate, però rimaneva questa specifica della inapplicabilità della tutela risarcitoria in caso di lesione dell'interesse legittimo.
Nel caso CONSOB qual è la contraddizione? Qual è la situazione soggettiva danneggiata che in ultima analisi i risparmiatori assumevano? Hanno concluso un contratto e fatto un investimento dei risparmi che non avrebbero fatto qualora avessero avuto a disposizione le informazioni corrette relative a quel tipo di investimento. Si riteneva lesa l'autonomia contrattuale (da tempo considerata assodata come situazione soggettiva meritevole di tutela, secondo l'ordinamento giuridico, ai sensi della clausola generale del danno ingiusto dell'art.2043 c.c. e quindi suscettibile di tutela risarcitoria.
di tutela aquiliana se compromessa e lesada parte di un privato). Dunque, la contraddizione era: riconosciuta che l'autonomia contrattuale sia una situazione meritevole di tutela, l'azione risarcitoria veniva accordata se fosse stata lesa da un privato, ma non veniva accordata qualora tale situazione fosse stata lesa da un P.A. in quanto formalmente la situazione soggettiva veniva qualificata come interesse legittimo]. La sentenza n.500/1999 supera questo ordine di idee e afferma che l'interesse legittimo è risarcibile. Essa introduce una nuova formula letterale all'interno del tema della responsabilità civile, ovvero il c.d. bene della vita, enunciando questo principio: non importa la qualificazione formale della situazione soggettiva lesa se di diritto soggettivo o interesse legittimo, l'importante è che il bene della vita sotteso a quella situazione soggettiva sia appunto una situazione soggettiva meritevole di tutela daparte dell'ordinamento giuridico. La sentenza viene richiamata anche per un altro fondamentale motivo: introduce un nuovo principio in materia di colpa della P.A. Mentre fino a questo momento, quando si doveva parlare della responsabilità risarcitoria della P.A., il danneggiato creditore non doveva provare la colpa perché si riteneva che nella fattispecie sussistesse un'ipotesi di culpa in re ipsa (lo stesso illecito della P.A. determinava una presunzione iuris de iure della colpa dell'apparato amministrativo - la responsabilità va data per assodata e non deve essere provata), qui invece, nella sentenza, per la prima volta afferma che il danneggiato creditore deve provare la colpa della P.A quindi provare che l'attività della P.A. si sia svolta in contrasto ai principi di buon andamento, imparzialità e diligenza che caratterizzano l'azione amministrativa.
Responsabilità precontrattuale
La responsabilità precontrattuale richiama a sé la
clausola generale della buona fede contrattuale, dal momento che l'art. 1337 c.c.